giovedì 30 dicembre 2010

Napoli, 365 giorni di emergenza rifiuti

 
Il 2010 sarà ricordato come l'anno del ritorno della monnezza. Ecco la cronologia di una crisi senza fine, tra scontri e promesse mai mantenute
Dovevano essere tre giorni. Poi, qualche giorno fa la scadenza è stata spostata a Natale. Oggi invece, mentre Gianni Letta dava rassicurazioni sulla volontà di ripulire Napoli entro Capodanno, il premier prometteva l’impossibile: l’emergenza sarà definitivamente archiviata entro “pochi mesi” grazie ad una sua nuova “discesa in campo”. Risultato ad oggi: non è cambiato niente, e le festività sono trascorse con la città intasata di rifiuti inzuppati di pioggia.

Ma torniamo indietro alla prima dichiarazione: il 22 ottobre il premier certificò: “In dieci giorni ripuliremo Napoli”. Sei giorni dopo, il 28 ottobre, in una conferenza stampa in un’angusta saletta attigua al termovalorizzatore di Acerra, Berlusconi garantì che in tre giorni avrebbe ripulito tutto. In quel periodo Terzigno era stretta nella morsa di violente proteste contro l’apertura di una seconda discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio. Una rivolta finita sulle prime pagine di tutto il mondo: molotov, cariche della polizia, camion in fiamme, arresti. Mentre Napoli e provincia si coprivano di monnezza che non si sapeva dove portare.

Il 2010 era iniziato con la Campania liberata per legge da 16 anni di emergenza e commissariamento. La rappresentazione plastica della Grande Vittoria del Premier Silvio Berlusconi, dopo lo spot della presidenza del consiglio dei ministri, recitato dall’amica del Cavaliere, Elena Russo, a simboleggiare il capoluogo partenopeo finalmente affrancato dalla morsa soffocante dei sacchetti neri.

Invece quello che sta per concludersi è stato l’anno del ritorno della monnezza. Che di fatto non se n’era mai andata: era solo stata momentaneamente messa sotto il tappeto. Pochi granelli di sabbia, intoppi facilmente prevedibili, e il meccanismo si è inceppato, i limiti della legge Berlusconi-Bertolaso si sono disvelati, il piano per risolvere definitivamente il problema dello smaltimento dei rifiuti in Campania è fallito. Tra inceneritori funzionanti a singhiozzo, o fermi al palo, discariche vicine all’esaurimento, rivolte delle popolazioni. Ecco la cronaca di un annus horribilis. L’ennesimo.

1 gennaio 2010. Il ministero dell’Interno scioglie tre comuni del casertano perché non hanno saputo fare la raccolta differenziata. Si tratta di Maddaloni, Castelvolturno e Casal di Principe.

8 gennaio 2010. Il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, che di lì a poco si candiderà invano alla presidenza della Campania per il Pd, contesta la provincializzazione del ciclo dei rifiuti prevista dalla legge che conclude l’emergenza e dichiara: “Si sta preparando un autentico disastro, una nuova emergenza rifiuti”. Avrà ragione.

21 gennaio 2010. Napoli è sufficientemente pulita, ma la differenziata non decolla. L’Asìa, la municipalizzata dei rifiuti, annuncia che non può avviare il porta a porta nei quartieri di Scampia e dei Colli Aminei. Motivo: “Oggettive difficoltà finanziarie”, spiega l’ad di Asìa, Daniele Fortini.

16 febbraio 2010. Nuove tensioni a Chiaiano, che ospita la discussa e contestata discarica di Napoli: i militari bloccano un camion che stava per sversare rifiuti radioattivi. Si scopre che trasportava iodio 131, sostanza utilizzata per i tumori alla tiroide, e che già tre camion erano stati fermati nei mesi precedenti per lo stesso motivo.

4 marzo 2010. La Corte Europea di Giustizia condanna l’Italia per il disastro rifiuti in Campania, concludendo così una procedura di infrazione aperta due anni prima con il congelamento di 500 milioni di fondi europei. L’Italia, si legge nella sentenza, “ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all’ambiente”.

15 marzo 2010. Prime avvisaglie del ritorno dell’emergenza rifiuti. Le province di Caserta e Napoli sono assediate dai sacchetti neri rimasti in strada per gli scioperi e le proteste dei 1268 lavoratori del consorzio unico che reclamano due stipendi arretrati e bloccano i cdr e le discariche. La contestazione si scatena in prossimità dell’arrivo di Silvio Berlusconi a Napoli, atteso per un comizio in sostegno al candidato Governatore del Pdl Stefano Caldoro. Secondo Roberto Saviano la coincidenza è sospetta: “Se un politico come Cosentino, indagato per i rapporti con i casalesi, gode di un tale ascolto a Roma è perché ha un’arma puntata alla tempia del governo: l’immondizia. Se vuole, può di nuovo riempire la regione di rifiuti”. L’emergenza durerà diversi giorni. Si rivelano i primi limiti del piano spazzatura del governo, che si fonda su equilibri fragili.

Aprile 2010. La Provincia di Napoli aumenta dell’8% la Tarsu. L’anno prima il Comune di Napoli l’aveva raddoppiata dopo la scelta del governo di far ricadere l’intero costo del servizio sugli enti locali. Costi altissimi, servizi pessimi.

Maggio 2010. Riprendono nell’area tra Terzigno e Boscoreale le proteste dei comitati contro la paventata apertura di Cava Vitiello, la seconda discarica nel Parco Nazionale nel Vesuvio, a poca distanza da Cava Sari, già attiva da un anno, che assorbe parte dei rifiuti di Napoli e gran parte della spazzatura della provincia. Cava Vitiello, 3 milioni e 600mila metri cubi, è tra le dieci discariche campane individuate nel piano Berlusconi-Bertolaso, legge dello Stato. Dovrebbe diventare il più grande sversatoio d’Europa. In una manifestazione nell’Ente Parco, il sindaco di Terzigno Domenico Auricchio, pidiellino e amico di Berlusconi, annuncia: “Combatterò come un leone contro l’apertura di Cava Vitiello”. Ma viene subissato dai fischi e costretto ad abbandonare il palco.

13 maggio 2010. Il parlamentare Pdl Gaetano Pecorella, presidente della commissione sui rifiuti, fa a pezzi il piano Berlusconi-Bertolaso: “A Napoli c’è il rischio di una nuova crisi rifiuti, ci troviamo in una situazione da disastro ambientale. Vi è un problema economico del Consorzio unico di Napoli e Caserta, c’è gente in esubero che ha bisogno però di lavorare, poi ci sono i debiti dei comuni sui quali c’è un’attenzione della magistratura. Abbiamo anche un problema di esaurimento di un’unica discarica in funzione e soprattutto non sono stati avviati i lavori per il termovalorizzatore. Nell’ultimo anno poco è cambiato”. L’allarme viene minimizzato dagli stessi ambienti pidiellini dai quali proviene.

16 giugno 2010. Basta lo sciopero di un giorno dei netturbini e Napoli si sveglia con oltre 1000 tonnellate di spazzatura per le strade. Fioccano le disdette dei tour operator. Per riportare la città alla normalità ci vorrà qualche giorno.

Luglio 2010. Col caldo i miasmi provenienti dalla discarica di Terzigno diventano insopportabili. I cittadini si lamentano: “Siamo costretti a non uscire di casa”. E’ la scintilla che farà scoppiare nei mesi successivi la durissima protesta dei comitati locali.

21 luglio 2010. Tornato a Napoli per testimoniare al processo Bassolino-Impregilo, sette mesi dopo la fine della sua gestione commissariale, Guido Bertolaso dice “di aver trovato Napoli ordinariamente sporca”. L’ad di Asìa, Fortini, risponde: “Roma lo è molto di più”.

20 settembre 2010. Napoli è di nuovo sommersa dai rifiuti. Colpa, secondo Bertolaso “di problemi di raccolta legati alle difficoltà dell’azienda comunale”.

21-22settembre 2010. Nella notte scoppia la rivolta di Terzigno. Durerà settimane. I ribelli danno alle fiamme 13 autocompattatori diretti verso la discarica di Cava Sari. La tensione esplode in gesti di violenza dopo la pubblicazione, goccia che fa traboccare il vaso, di un articolo su Il Mattino che dà per certa l’apertura della seconda discarica di Cava Vitiello. La rotonda di via Panoramica, al confine tra Terzigno e Boscoreale, e lo spiazzo del Rifugio a Terzigno diventano i luoghi simbolo della lotta. Nei primi giorni i sindaci del comprensorio si associano alle proteste, sia pure prendendo le distanze dai violenti. Anche la Curia di Nola assumerà posizione contro la discarica. Il Vescovo parteciperà a un corteo. Nei giorni successivi carabinieri e poliziotti arriveranno in massa. E caricheranno i manifestanti che nella notte provano ad ostacolare o bloccare il passaggio dei camion. Il sindaco di Boscoreale Gennaro Langella inizia lo sciopero della fame, che termina quando riesce ad ottenere un incontro con i vertici della Provincia di Napoli. Anche a Napoli iniziano gli assalti ai mezzi della raccolta. La spazzatura non viene più presa per andare in discarica, o non riesce a raggiungere gli invasi. Resta nelle strade.

24 settembre 2010. Guido Bertolaso tuona: “Cesaro deve aprire Cava Vitiello, lo dice la legge e la legge va rispettata. La magistratura indaghi su alcune situazioni sospette atte a destabilizzare una realtà che funziona”. Non tutto in verità fila per il verso giusto. L’inceneritore di Acerra funziona a singhiozzo, come denuncia ripetutamente il consigliere provinciale di opposizione Tommaso Sodano. E sbucano le carte di un collaudo di luglio del quale pochissimi sapevano qualcosa. Le procure di Napoli e Nola discutono della competenza delle inchieste sull’impianto realizzato da Impregilo.

27 settembre 2010. I sindaci del vesuviano occupano per protesta la Provincia di Napoli. Vogliono un no chiaro alla discarica di Cava Vitiello. Non lo avranno.

29 settembre 2010. Il sindaco di Terzigno, Domenico Auricchio, assicura: “Berlusconi mi ha detto che Cava Vitiello non aprirà più”. E invita a stappare lo spumante.

Ottobre 2010. Napoli e provincia sono piene di rifiuti che tra proteste, scontri e impianti mal funzionanti o in via di esaurimento non si sa dove smaltire.

17 ottobre 2010. Ancora violenze a Terzigno. Bruciati diversi camion. Si susseguono notti di scontri e di cariche delle forze dell’ordine. A Napoli 1100 tonnellate di rifiuti per strada. Un poliziotto, consigliere comunale di Boscoreale, denuncia in un’intervista al sito web del Fatto Quotidiano : “Dai miei colleghi violenze gratuite e ingiustificate contro dimostranti inermi”.

22 ottobre 2010. Sulla crisi rifiuti a Napoli finalmente parla Silvio Berlusconi, lanciando date e scadenze: “In dieci giorni sarà tutto a posto”. Intanto manda nel capoluogo partenopeo Guido Bertolaso e la Protezione Civile, con il compito di rimettere ordine nel caos e trattare con le amministrazioni e le popolazioni locali.

28 ottobre 2010. Napoli è sempre sporca. Berlusconi è ad Acerra per visitare il termovalorizzatore e fare il punto sulla situazione. In conferenza stampa promette: “In tre giorni ripuliremo Napoli”. E annuncia la costruzione di un ulteriore termovalorizzatore oltre a quelli già previsti di Salerno e Napoli Est. Servirà a bruciare i 6 milioni di ecoballe stoccati da anni nel giuglianese.

29 ottobre 2010. Nuovo blitz di Berlusconi nel napoletano. Dopo un lungo vertice coi sindaci vesuviani, il premier cancella Cava Vitiello e la salerninana Serre dal piano discariche. I sindaci esultano, i comitati un po’ meno: nessuna garanzia sulla chiusura di Cava Sari a Terzigno, che comunque riceve solo la spazzatura dei 18 comuni della zona rossa. Napoli non sversa più qui e deve arrangiarsi tra Chiaiano e gli stir. E’ sempre emergenza.

31 ottobre 2010. La protesta si trasferisce a Giugliano. Violando un accordo di due anni prima sottoscritto dal governo Berlusconi e dal sindaco, il presidente Pdl della Provincia di Napoli Luigi Cesaro ordina la riapertura della piazzola 12 dell’impianto di Taverna del Re, affinché vi vengano conferiti i rifiuti di Napoli. I manifestanti provano a più riprese a impedire il passaggio dei camion, anche qui per giorni proseguiranno scontri con le forze dell’ordine, di lieve entità rispetto a quelli di Terzigno, dove nel frattempo sono riprese le manifestazioni. La Procura di Napoli apre un’inchiesta sulla riapertura di Taverna del Re.

11 novembre 2010. L’Arpac rende pubblici i risultati delle analisi delle falde acquifere di Cava Sari a Terzigno, effettuate insieme a tecnici di fiducia delle amministrazioni comunali. Evidenziano tracce di metalli pesanti, sostanze pericolose e cancerogene. Ma l’inadeguatezza dei sondaggi effettuati non permette di stabilire un nesso causa-effetto tra l’attività di discarica e l’inquinamento delle falde. Riesplode la protesta dei comitati cittadini. I sindaci, accusati di non chiedere l’immediata chiusura dello sversatoio, vengono duramente contestati durante un’assemblea nella sede del Parco del Vesuvio.

15 novembre 2010. Napoli è allo stremo, colma di spazzatura: 3500 tonnellate per le strade, 10000 calcolando quella dimenticata nelle città vicine. Pecorella torna a parlare di “rischio di disastro ambientale”. Il Governatore Caldoro firma un provvedimento che autorizza i conferimenti fuori provincia. A Terzigno ancora tensioni e ritrovamenti di ordigni.

21 novembre 2010. Ci sono 3000 tonnellate di rifiuti quando a Napoli arrivano gli ispettori dell’Unione Europea. Che sentenziano: “In un anno non è cambiato niente”. E si temono epidemie. Di fronte al disastro il governo Berlusconi ha prodotto un nuovo decreto che non è un piano: cancella tre discariche (Cava Vitiello, Serre e Andretta) ma nulla dice su come smaltire alternativamente la spazzatura.

23 novembre 2010. Berlusconi telefona a Ballarò e se la prende con il conduttore Giovanni Floris: “Sui rifiuti quando sono intervenuto ho risolto i problemi”. Il premier precisa che quando parlava dei ‘3 giorni’ ad Acerra si riferiva ai miasmi di Terzigno, che, dice, sarebbero stati eliminati. Quindi attacca la trasmissione. “Siete dei mistificatori”. E riattacca. Ma la puzza a Terzigno si avverte ancora adesso.

Fine novembre 2010. Berlusconi chiama i sindaci delle principali città italiane chiedendo aiuto per la risoluzione dell’emergenza rifiuti a Napoli. In pratica: l’uso delle loro discariche o l’invio di mezzi e personale per la raccolta straordinaria. Qualcuno accetta, qualcuno no.

1 dicembre 2010. Si sparge la voce che alcuni calciatori rifiuterebbero il trasferimento al Napoli perché preoccupati per l’emergenza rifiuti.

4 dicembre 2010. Intervendo al telefono durante una convention politica a Napoli, Berlusconi proclama: “Siamo in grado di poter riportare Napoli al suo doveroso splendore nel giro di qualche giorno”. Poi prova a convincere, invano, il sindaco di Serre a riaprire l’invaso di Macchia Soprana, con l’ok di Provincia di Salerno e Regione Campania. Ma il sindaco, Palmiro Cornetta, dice no. Serre, peraltro, era stata di nuovo esclusa dal piano discariche appena poche settimane prima, per decreto (anche se riguardo a un altro sito, ricompreso nello stesso comune).

8 dicembre 2010. Nuovi scontri a Terzigno. Bruciati alcuni camion.

20 dicembre 2010. Napoli è sempre colma di rifiuti. La ripulitura entro Natale è ormai impossibile. Viene definito in Provincia un accordo per trasferire una porzione della spazzatura napoletana in Spagna, ma avrà effetto solo a partire dal 2011. Intanto i grandi alberghi del lungomare denunciano il 70% di camere invendute. L’ad di Asìa, Daniele Fortini, interviene duramente: “La Regione Campania potrebbe smaltire un milione di tonnellate al giorno. Ma il capoluogo viene lasciato con l’immondizia in strada a Natale. Non parliamo di emergenza. Questa è una scelta politica”. “La situazione è gravissima e se non si metterà a punto un piano di raccolta straordinaria, i cittadini trascorreranno il Natale con i rifiuti, tanti, sotto casa” dichiara l’ assessore all’Igiene Urbana del Comune, Paolo Giacomelli, che chiede “di conferire i rifiuti negli impianti sia della provincia che in altre province”. Ma l’assessore regionale all’Ambiente Giovanni Romano replica: “La situazione è critica solo per colpa di chi gestisce il Comune e la sua Società”. Giacomelli: “Non è così e ci tuteleremo in sede legale”. Mentre le istituzioni litigano su chi ha ragione e chi ha torto, il Natale di Napoli e della provincia viene festeggiato nel segno dei sacchetti neri. Beffa finale: gli impianti stir non lavorano a Natale, deve intervenire l’esercito per sgomberare le strade dalla monnezza abbandonata. Buon anno.
Vincenzo Iurillo

martedì 28 dicembre 2010

Invito il Sindaco a venire in questo preciso istante a Boscotrecase per accertarsi di fatto delle puzze sgradevoli provenienti dalla discarica

Emergenza rifiuti, la cava nel cuore del Parco Vesuvio è quasi satura
 28/12/2010 - Su richiesta dell'amministrazione di Boscoreale (Napoli) si è svolta oggi la programmata visita degli amministratori comunali alla discarica rifiuti Sari di Terzigno, in località Pozzelle. La delegazione del Comune, composta dal sindaco Gennaro Langella che ha parlato di ormai prossima saturazione del sito, dal presidente del consiglio comunale, Carmine Sodano, dal vicesindaco Bartolomeo Cesarano, dai capigruppo consiliari Vito Feliciello, Pasquale Cirillo e Michele Vaiano, dal consigliere Francesco D'Aquino e dal direttore generale Eduardo De Falco, è stata ricevuta dai tecnici dell'ECODECO e della SAP.NA. Hanno partecipato alla visita anche i sindaci di Boscotrecase, Agnese Borrelli, e di Portici, Enzo Cuomo, oltre che al rappresentante dell'Asl Napoli3sud. "A differenza delle precedenti visite - ha affermato il sindaco Langella - abbiamo trovato un sito, che ormai si avvia alla saturazione, in ottimo stato di manutenzione. Non sono stati rilevati odori sgradevoli e abbiamo constatato il potenziamento degli impianti di raccolta del biogas e del percolato".
Alla visita avrebbero dovuto partecipare anche i capigruppo consiliari di opposizione e alcuni rappresentanti dei comitati e movimenti civici, "che hanno disertato l'appuntamento", sottolinea una nota del Comune. A riguardo Langella si è detto amareggiato. "Ancora una volta - spiega - quando si tratta di approfondire seriamente la questione e di toccare con mano il problema, comitati e forze politiche di opposizione, che tanto blaterano in piazza, si tirano indietro preferendo seguire la politica basata sulle polemiche e su false, allarmistiche notizie, nel tentativo di aizzare gli animi della popolazione contro la mia amministrazione. I fatti però sono indiscutibili. La cava Vitiello, per legge, non sarà aperta; sono stati rispettati i patti sottoscritti con il presidente del consiglio dei ministri, tant'é che nella cava Sari sversano solo i 18 comuni della 'zona rossa'; da diversi giorni sono stati notevolmente attutiti i cattivi odori". (ANSA).

Ricicla plastica nelle terre di Gomorra Per Legambiente è l’ambientalista dell’anno

Antonio Diana è il titolare della Erreplast, un'azienda del casertano che trasforma le bottiglie recuperate con la raccolta differenziata. In una terra dove la gestione dei rifiuti è una continua emergenza e dove suo padre Mario fu ucciso dalla camorra
“Per fare l’imprenditore nel casertano, bisogna superare evidenti ostacoli. Manca un quadro di riferimento chiaro, un modello di sviluppo. E c’è l’ingerenza della camorra”. Antonio Diana, titolare della Erreplast, un’azienda di Gricignano d’Aversa che si occupa del riciclo di materie plastiche, racconta la sua esperienza. Nella terra dove domina il clan dei Casalesi e dove le strade sono invase dalla spazzatura, Antonio risponde con il lavoro quotidiano, insieme al fratello Nicola. E per le sue attività nel riciclo dei rifiuti, quest’anno è stato nominato da Legambiente ambientalista dell’anno. E’ lui che ha ricevuto più voti, tra i candidati prescelti.
Erreplast nasce nel 1997. L’azienda seleziona e tratta bottiglie di plastica: le trasforma in preziose scaglie, che poi tornano nel ciclo industriale e vengono usate nel settore dell’abbigliamento e del tessile. L’impianto dei Diana potrebbe trattare ogni anno 20mila tonnellate di bottiglie. “Ma funziona al 50% – racconta Antonio – perché non ci arriva un quantitativo di bottiglie sufficiente per farlo andare a regime. Spesso dobbiamo prendere la plastica da fuori regione, sembra una contraddizione ma è così”. E l’emergenza rifiuti in Campania non aiuta: diminuiscono infatti i volumi di materiale differenziato e anche la qualità.
La camorra ha segnato la storia di famiglia: il padre Mario Diana è stato ammazzato dal clan nel 1985 perché, da imprenditore, non volle piegarsi al volere della cosca. “Pesano più gli atti concreti che le parole – spiega Antonio – il dolore si porta dentro: non riesco a renderlo con una dichiarazione”. Due anni fa per quell’omicidio sono stati condannati in primo grado i vertici dei Casalesi. Nella requisitoria il pm Antonello Ardituro ha fatto cenno ai figli Antonio e Nicola Diana, anche loro imprenditori: “Non si sono fatti fagocitare: è un importantissimo dato sociale e processuale, ha grande rilevanza per quella terra”. I fratelli Diana si sono costituiti parte civile: “Una cosa normale – commenta Antonio – e le cose normali sono quelle che sorprendono di più in queste terre”. L’azienda Erreplast e l’idea del riciclo viene dall’esperienza del padre: “Lui negli anni ’80 era avanti di venti anni da lui abbiamo imparato il metodo, l’educazione e il profilo imprenditoriale: già all’epoca le sue aziende recuperavano scarti industriali”.
In queste terre andare via o restare è una scelta di vita. Mai pensato di mollare tutto? “Sì, qualche volta. Ma noi proseguiamo un percorso e pensiamo si possa fare impresa dalle nostre parti”. Per fare l’imprenditore, ogni tanto, si deve evitare di aprire la porta, “qualcuno non lo ricevi e vai avanti”. Da anni i Diana lavorano solo con i privati: “Niente appalti con la pubblica amministrazione”, ammette Antonio. Spesso negli appalti sono favorite le aziende di famiglia di politici-imprenditori che hanno banchettato per anni con la camorra e divorato risorse pubbliche.Con le altre aziende del gruppo, Antonio Diana ha 200 dipendenti: “Non ho mai voluto un direttore del personale – precisa – la redditività la fanno gli uomini e il rapporto con loro è fondamentale”. In un altro impianto si occupa dal 2006 anche di selezionare i rifiuti di imballaggio (plastica, alluminio e banda stagnante). “Anche in questo comparto paghiamo il prezzo dell’emergenza: all’inizio l’impianto lavorava al 30% delle sue potenzialità. Dal 2008 abbiamo introdotto un incentivo per i comuni: non pagano nulla per depositare questi materiali, se rispettano le specifiche dei rifiuti da conferire. Ma nonostante ciò, continuiamo a lavorare al 50% delle nostre possibilità”.Antonio denuncia le conseguenze delle inefficienze nella gestione dei rifiuti: “Paghiamo un prezzo altissimo come cittadini. Con un’adeguata raccolta la regione Campania potrebbe risparmiare ogni anno 100 milioni di euro, secondo i dati del Conai (Consorzio nazionale imballaggi, ndr): verrebbero cancellati i costi del conferimento in discarica e recuperati i ricavi delle vendite di imballaggi riciclati”. E forse le strade campane inizierebbero a svuotarsi dai rifiuti. Tra questi ci sono anche le bottiglie di plastica. Le stesse che l’azienda dei Diana importa da altre regioni. Paradosso di un’emergenza infinita. In una terra che ospita l’ambientalista dell’anno di Legambiente.

di Nello Trocchia

domenica 26 dicembre 2010

Terzigno, le mamme vulcaniche annunciano il calendario della protesta

Da Metropolis 23/12/2010 - Non ci sono le veline, niente fisici mozzafiato. Dodici mesi da ricordare sì ma in primo piano ci sono immagini di spazzatura, scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, manganelli in primo piano, striscioni con slogan in difesa della propria terra, le facce delle mamme vulcaniche. Insomma, tutto quello che ruota attorno alla lotta contro una discarica. E per scenografia un posto simbolo, una terra di confine tra i comuni di Boscoreale e Terzigno, divenuta per mesi e mesi epicentro di proteste pacifiche e violenze, finita sui media di mezzo mondo. Eccola la new entry inedita nel mondo dei calendari, quello dedicato alla Rotonda di via Panoramica, di cui hanno parlato nei giorni più infuocati perfino su Al Jazeera. Le battaglie più forti si verificarono quando si prospettò l'apertura di una seconda discarica nel Parco nazionale del Vesuvio, all'interno di Cava Vitiello. Alla fine, il governo decise di cancellare la discarica dalla legge presentando un decreto, ora approvato alla Camera. Ma una parte dei manifestanti continua ad essere sul piede di guerra contro lo sversamento dei rifiuti nella preesistente Cava Sari: i timori dei comitati vesuviani è che venga conferita spazzatura che provochi un ulteriore aggravamento della situazione ambientale. Nei giorni scorsi, inoltre, le tensioni si sono riaccese dopo che la polizia ha fatto togliere i gazebo che erano stati collocati nella zona dai manifestanti per controllare l'accesso dei camion alla discarica. Nel calendario ci sono quei giorni in cui la zona vesuviana sembrava diventata un'appendice di Gaza, con auto bruciate e ribaltate, camion incendiati, barricate di fuoco altissime.
"E' un calendario - dice Stefania Spisto, della rete dei comitati vesuviani che ha promosso l'iniziativa - che vuole soprattutto lanciare un messaggio: la battaglia per la tutela dei diritti delle popolazioni vesuviane continuerà". Il territorio alle pendici del vulcano, sottolinea, è stato prima "martoriato dalla camorra ed ora dallo Stato che, in deroga a tutte le leggi in materia ambientale, ne sta consentendo la sua definitiva condanna". Franco Matrone, portavoce della rete, sottolinea che l'iniziativa vuole "tenere alta l'attenzione su un problema che non è affatto risolto come si vuol far credere. Noi chiediamo alla polizia municipale di venire ad effettuare i controlli sui camion che arrivano perché ci sono molte cose che non quadrano affatto. Insomma, ci sono dei mezzi che vengono a sversare in maniera illegale". A suo giudizio, infatti, non verrebbe rispettato l'accordo che prevede il conferimento nella Sari dei mezzi provenienti dai soli 18 comuni vesuviani e del trasporto di solo "secco indifferenziato, come annunciò Berlusconi. Dovrebbero arrivare solo 60 camion a settimana, invece ne arrivano 30 a notte. Di controlli sulla falda in superficie manco a parlarne, le amministrazioni locali ci hanno abbandonati, la Procura alla quale avevamo chiesto il sequestro della discarica ha preso decisioni incredibili. Ma noi continueremo ad esserci".

giovedì 23 dicembre 2010

Come fabbricarsi la borsa della spesa

Perchè differenziare nel modo giusto la Plastica..

TUTTA LA VERITÀ SUL PERCHÈ DELLA DISCARICA DI TERZIGNO

Il Calendario della Rotonda dei Rifiuti.

(ANSA) - NAPOLI, 23 DIC - Non ci sono le veline, niente fisici mozzafiato. Dodici mesi da ricordare si' ma in primo piano ci sono immagini di spazzatura, scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, manganelli in primo piano, striscioni con slogan in difesa della propria terra, le facce delle mamme vulcaniche. Insomma, tutto quello che ruota attorno alla lotta contro una discarica. E per scenografia un posto simbolo, una terra di confine tra i comuni di Boscoreale e Terzigno, divenuta per mesi e mesi epicentro di proteste pacifiche e violenze, finita sui media di mezzo mondo. Eccola la new entry inedita nel mondo dei calendari, quello dedicato alla Rotonda di via Panoramica, di cui hanno parlato nei giorni piu' infuocati perfino su Al Jazeera.   Le battaglie piu' forti si verificarono quando si prospetto'
l'apertura di una seconda discarica nel Parco nazionale del Vesuvio, all'interno di Cava Vitiello. Alla fine, il governo decise di cancellare la discarica dalla legge presentando un decreto, ora approvato alla Camera. Ma una parte dei manifestanti continua ad essere sul piede di guerra contro lo sversamento dei rifiuti nella preesistente Cava Sari: i timori dei comitati vesuviani e' che venga conferita spazzatura che provochi un ulteriore aggravamento della situazione ambientale. Nei giorni scorsi, inoltre, le tensioni si sono riaccese dopo che la polizia ha fatto togliere i gazebo che erano stati collocati nella zona dai manifestanti per controllare l'accesso dei camion alla discarica.
   Nel calendario ci sono quei giorni in cui la zona vesuviana sembrava diventata un'appendice di Gaza, con auto bruciate e ribaltate, camion incendiati, barricate di fuoco altissime. ''E' un calendario - dice Stefania Spisto, della rete dei comitati vesuviani che ha promosso l'iniziativa - che vuole soprattutto lanciare un messaggio: la battaglia per la tutela dei diritti delle popolazioni vesuviane continuera'''. Il territorio alle pendici del vulcano, sottolinea, e' stato prima ''martoriato dalla camorra ed ora dallo Stato che, in deroga a tutte le leggi in materia ambientale, ne sta consentendo la sua definitiva condanna''.    Franco Matrone, portavoce della rete, sottolinea che l'iniziativa vuole ''tenere alta l'attenzione su un problema che non e' affatto risolto come si vuol far credere. Noi chiediamo alla polizia municipale di venire ad effettuare i controlli sui camion che arrivano perche' ci sono molte cose che non quadrano
affatto. Insomma, ci sono dei mezzi che vengono a sversare in maniera illegale''. A suo giudizio, infatti, non verrebbe rispettato l'accordo che prevede il conferimento nella Sari dei mezzi provenienti dai soli 18 comuni vesuviani e del trasporto di solo ''secco indifferenziato", come annuncio' Berlusconi.
Dovrebbero arrivare solo 60 camion a settimana, invece ne arrivano 30 a notte.
Di controlli sulla falda in superficie manco a parlarne, le amministrazioni locali ci hanno abbandonati, la Procura alla quale avevamo chiesto il sequestro cautelativo della discarica non ha  ancora deciso  acceramenti più approfonditi .
Ma noi continueremo ad esserci''.(ANSA)
 

Napoli: I Cittadini è possibile risolvere il problema rifiuti, di chi la colpa?

Da Il Fatto Quotidiano 21/12/2010 Vincenzo Iurillo
A Napoli esiste anche una città
che si ribella all’emergenza rifiuti


Una videoinchiesta del Wwf documenta come in sette quartieri di Napoli, nonostante l'emergenza rifiuti, la raccolta differenziata porta a porta riscuota risultati eccellenti
Esiste una Napoli che si ribella all’emergenza rifiuti con le buone pratiche quotidiane che dimostrano voglia di cambiamento e di riscatto. E’ la Napoli ripresa in una video inchiesta del Wwf Campania sulla raccolta ‘porta a porta’ in sette quartieri partenopei, per un totale di 130.000 abitanti, pari al 13% della popolazione del capoluogo. Girata nella prima settimana di dicembre, durante la fase acuta dell’ennesima emergenza, la video inchiesta degli ambientalisti del Panda ha documentato gli eccellenti risultati raggiunti nella raccolta differenziata in questi sette quartieri, Bagnoli, Ponticelli, Centro Direzionale, Chiaiano, Colli Aminei, San Giovanni a Teduccio, Rione Alto. Bagnoli con i suoi 19.236 abitanti e’ il quartiere più virtuoso della città con il 91,11% di raccolta differenziata (su 3.519 tonnellate di rifiuti prodotti da gennaio a settembre 2010 ben 3.206 non vanno in discarica). Seguono il Centro direzionale con l’84,25% per 2.349 abitanti, Chiaiano con 72,63% per 24.860 abitanti, i Colli Aminei con 68,43% per 21.961 abitanti, Ponticelli con 65,43% per 10.888 abitanti, Rione Alto con il 64,68% per un totale di 16.509 abitanti, San Giovanni a Teduccio con 50,15% di differenziata per 31.876 abitanti. Questi cittadini ‘Campioni’ di differenziata hanno così evitato il conferimento in discarica del 66,09% dei rifiuti prodotti consentendo di recuperare la materia e riducendo il fabbisogno di invasi. Il Wwf ha sottolineato che ”sono bastati due anni di lavoro, comunicazione e sensibilizzazione con operatori dedicati nell’attivita’ ‘pilota’ per dimostrare come i cittadini napoletani superino in efficienza i propri amministratori che finora, al contrario, li hanno condannati all’emergenza cronica”.
Nel corso della conferenza che si è svolta presso l’Istituto degli Studi Filosofici di Napoli, il Wwf ha poi presentato un documento dal titolo “Rifiuti in Campania: ricominciamo da cittadini”. Un’analisi sulla gestione dei rifiuti in Campania, la logica degli inceneritori, la disciplina comunitaria sulla gestione dei rifiuti, il caso Terzigno e un commento sul decreto legge rifiuti su cui e’ prevista la votazione alla Camera dei Deputati. Conclusioni: senza i buoni risultati di questi 7 quartieri coinvolti nel ‘porta a porta’, la differenziata a Napoli sarebbe inchiodata a un livello bassissimo e pari a quella della media di molti comuni della Provincia di Napoli. Infatti, dal 2008, anno in cui e’ stata introdotta la raccolta “porta a porta” nella città partenopea, la percentuale di raccolta differenziata e’ passata dal 14,45% al 18,90%. Nel 2000 il servizio era inesistente: solo l’1,32% su tutto il territorio cittadino. Dai dati si registra un trend costante di aumento nella raccolta differenziata tra il 2009 e il 2010.

“Il trend costante nella raccolta differenziata potrebbe ulteriormente crescere se a separare i rifiuti non fosse solo il 13,12% dei cittadini, ma tutti i napoletani – ha dichiarato in conferenza Alessandro Gatto, Presidente del Wwf Campania – In questo modo i rifiuti diretti in discarica si ridurrebbero del 40%: su 1.500 tonnellate prodotte al giorno in città se almeno 400 venissero avviate al recupero di materiali, avremmo 12.000 tonnellate in meno in discarica al mese”. ”Per questo -ha aggiunto- e’ importante che a Napoli, come in tutto il resto della Campania, sulla storia dei rifiuti si ricominci da ‘cittadini’, da persone responsabili che con il proprio comportamento possono fare la differenza. Tutti i dati sulla raccolta indicano come potenzialmente, al pari di altre Regioni e Provincie italiane, sia possibile immaginare attraverso la raccolta differenziata e il recupero dei materiali una drastica riduzione dei rifiuti da destinarsi a discarica o incenerimento. I 130.000 napoletani dei quartieri del porta a porta ci dicono che puntare sulla raccolta differenziata spinta e’ un investimento sicuro che li mette allo stesso livello dei cittadini nord-europei”.

“Questa esperienza – ha dichiarato Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia – ci insegna che occorrono risposte politiche adeguate alle potenzialita’ e alla volonta’ degli stessi cittadini e che le scelte finora avviate non hanno tenuto conto di questi fattori. E’ bastato ‘gettare un seme’ per avere un raccolto fruttuoso. I cittadini chiedono con forza un cambiamento radicale rispetto alle scelte che hanno subito per oltre 15 anni con le drammatiche conseguenze negative che tutti conosciamo. I napoletani chiedono di avere accesso rapido al servizio ‘porta a porta’ perche’ ne vedono la ricetta ‘anti-crisi-rifiuti”’.

mercoledì 22 dicembre 2010

La Rotonda resiste

Dopo L'irresponsabile abbattimento dei gazebo
la Rotonda non si è spenta. Continua la presenza dei cittadini nonostante l'atteggiamento repressivo dello Stato!

Senato 21/12/2010: Ecco chi ci rappresenta....... "Gli Eletti..."

PAZZESCO NON RIERSCONO A FERMARLA

Napoli: Rifiuti sotto l'albero

Il 25 dicembre le tonnellate in strada raggiungeranno quota 3.500 tonnellate



Napoli 21 dicembre- La situazione dei rifiuti a Napoli non migliora.


La città è ancora sommersa dai rifiuti. I cittadini sono stanchi e scoraggiati ma soprattutto arrabbiati per le tante promesse fatte dal Governo e mai mantenute.

Ancora 2.200 tonnellate di spazzatura tra le strade napoletane, per non parlare delle oltre 6000 nella provincia. I camion carichi di rifiuti aspettano invano di essere scaricati. Gli impianti di Giugliano, Tufino e Caivano sono congestionati e tra non molto anche la discarica di Chiaiano farà la stessa fine.

La situazione si aggrava poi, perché la nettenza urbana non riesce neanche più a tutelare il centro storico di Napoli e i suoi percorsi turistici. L’azienda di igiene urbana, l’Asia, sta continuando l’attività di raccolta ma la soluzione del problema è ancora molto lontana.

Le previsioni per i prossimi giorni parlano di un netto peggioramento, incalzato dalle feste natalizie. La produzione dei rifiuti si è incrementata e salirà ancora dopo Natale.
Il 25 dicembre, la spazzatura per strada arriverà a raggiungere le 3.500 tonnellate. Il 24 dicembre gli Stabilimenti di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti (STIR), saranno chiusi insieme all’inceneritore di Acerra. Un quadro nero.

Così commenta Daniele Fortini, Amministratore Delegato di Asia: “La Regione Campania potrebbe smaltire un milione di tonnellate al giorno ma il capoluogo viene lasciato con l'immondizia in strada a Natale. Non parliamo di emergenza. Questa è una scelta politica”.
Alle accuse risponde la Regione Campania con il suo assessore all’ambiente, Giovanni Romano, che ribatte: "Se la situazione è critica la responsabilità è solo di chi gestisce il Comune e la sua Società".

Continuano le liti inutili: le istituzioni fanno a gara per scaricarsi la colpa e non risolvono l’emergenza che dilania la città.
Napoli non avrà un Natale sotto l’albero ma sotto i rifiuti.

Oltre al danno anche la beffa:
Un’indagine dell’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva esteso a tutti i capoluoghi di provincia, ha reso noto che Napoli è la città italiana che paga la tassa sui rifiuti (TARSU) più alta del Paese. Nel 2009 la media annua a famiglia è stata di 364 euro.
Nel resto d’Italia la media è di 233 euro. Tra i 10 capoluoghi con le tariffe più alte, otto sono al Sud mentre solo uno è del Nord.

Napoli, è anche la città che ha fatto registrare nell'ultimo anno gli incrementi più alti della tassa sui rifiuti (+ 60,1%).
Come? Peggiore è il servizio, più si paga? Assurdo ma vero. Oltre al danno anche la beffa.

«Sui tre giorni, avevo detto che i rifiuti dal centro di Napoli, dovuti a un’inefficienza dell’Asia l’azienda delegata dal Comune di Napoli, sarebbero stati rimossi. Siamo intervenuti con l’esercito, i rifiuti sono stati rimossi» (Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, novembre 2010)

22 dicembre 2010  di Elena Luppi

sabato 18 dicembre 2010

Cittadini più avanti dei politici

Napoli, doppio corteo contro i rifiuti

18 dicembre, 20:20 Una fontana da cui fuoriescono sacchetti di spazzatura portata nel corteo

Due cortei, due anime di Napoli, partiti uno da piazza del Gesu', nel centro antico, l'altro da piazza dei Martiri - salotto buono della citta' - e tutti, poi, per dire basta alla crisi dei rifiuti; si sono riuniti in Piazza del Plebiscito.
I manifestanti hanno protestato contro l'attuale piano di smaltimento, chiedendo differenziata, riciclo e compostaggio al posto di discariche e inceneritori. A organizzare la manifestazione il Comitato dei cittadini campani per un piano alternativo dei rifiuti.
Circa mille persone hanno intonato slogan contro il decreto in discussione alla Camera considerato ''l'ennesima presa in giro''.

Perché il problema rifiuti in Campania





PERCHÉ ESISTE
UN PROBLEMA RIFIUTI IN CAMPANIA

·      la Giunta Regionale di destra, presieduta da Rastrelli, ha varato nel 1997 un Piano che prevedeva 7 impianti CDR (la sigla significa: combustibile da rifiuti – si tratta degli impianti che separano la parte bruciabile dei rifiuti – circa il 40% - da quella non bruciabile) e 2 enormi inceneritori capaci di bruciare tutta la spazzatura prodotta in Campania, non rispettando così le indicazioni della legge nazionale che indica che bisogna privilegiare la riduzione dei rifiuti, la raccolta differenziata, il recupero, il riciclaggio, il compostaggio. Ma gli inceneritori in Italia sono un grande affare, perché i rifiuti sono considerati una fonte energetica rinnovabile e la loro combustione è incentivata con circa 60 euro alla tonnellata (cd. CIP6)
·      la Giunta Regionale, presieduta da Losco (1979), ha affidato la costruzione degli inceneritori e degli impianti CDR alla FIBE (gruppo Impregilo-FIAT), preferendo la sua proposta perché il costo era più vantaggioso e i tempi di realizzazione brevi (1 anno), anche se il termovalorizzatore progettato era di vecchio tipo e particolarmente inquinante e la legge nazionale impone che bisogna scegliere innanzitutto la tecnologia meno inquinante
·      Bassolino ha utilizzato le ingenti risorse economiche date alla Campania per costruire i 7 impianti CDR e il termovalorizzatore di Acerra, per pagare profumatamente consulenze e per assumere centinaia di lavoratori (raccomandati da AN, PdL, PD) per la raccolta differenziata senza farla poi partire e senza costruire impianti di compostaggio (impianti che trasformano i rifiuti organici in concime)
·      gli impianti CDR, entrati in funzione, invece di produrre CDR (combustibile da rifiuti) e FOS (frazione organica stabilizzata) hanno prodotto 6 MILIONI DI ECOBALLE, cioè spazzatura tritata e imballata (probabilmente anche con presenza di rifiuti nocivi): il loro valore economico grazie ai CIP 6   (60 euro alla tonnellata)  è di 3,6 miliardi di euro
·      i Commissari straordinari di governo succeduti a Bassolino (Catenacci, Pansa, Bertolaso, Di Gennaro), per risolvere l´emergenza, hanno aperto vecchie discariche (spesso sequestrate dalla magistratura perché contenevano rifiuti tossici smaltiti illegalmente dalla camorra), senza fare niente per risolvere alla radice il problema. L´apertura di discariche dichiarate definitivamente chiuse o la proroga delle date di chiusura ha fatto perdere la fiducia delle popolazioni nelle promesse dello Stato
·      in questa situazione di sfascio la camorra ha potuto continuare a smaltire illegalmente rifiuti tossici e nocivi provenienti da tutt´Italia sia in discariche che avrebbero dovuto contenere solo rifiuti non tossici, sia in discariche abusive
·      quando la Magistratura ha scoperto l'imbroglio e sequestrato le ecoballe, facendo rischiare il fallimento dell'Impregilo, e il Parlamento ha abolito i CIP6 (i 60 euro di bonus per ogni T di rifiuti bruciata),  è avvenuta la grande CRISI RIFIUTI del 2008 durata fino alle elezioni di maggio
·      il Governo Berlusconi (giugno 2008) ha approvato il decreto rifiuti che deroga a 47 leggi nazionali →  diventa lecito:
¾      bruciare le ecoballe
¾      produrre ecoballe → gli impianti CDR (dovrebbero produrre combustibile dai rifiuti) diventano infatti STIR (si limitano al tritaggio e imballagio rifiuti)
¾     smaltire rifiuti indifferenziati e anche pericolosi in discariche
¾     sono ripristinati i CIP6 per gli inceneritori ecc. Si stabilisce di costruire 4 inceneritori capaci di bruciare quasi l'80% dei rifiuti prodotti attualmente in Campania, vengono aperte nuove discariche (Vesuvio, Chiaiano ecc.). Finalmente inizia anche a Napoli (Colli Aminei, Bagnoli ecc), la raccolta porta a porta, che subito arriva al 70%
·      In Campania non esiste un solo impianto di compostaggio (quelli che trasformano la parte putrescibile della spazzatura in concime) funzionante, e ciò costringe i Comuni che fanno la raccolta porta a porta a pagare forti somme per portare in altre Regioni l'umido raccolto; non è stato costruito nessun deselezionatore spinto, non si è fatto niente per ridurre la produzione di rifiuti.

COSA SI DOVREBBE FARE
PER RISOLVERE IL PROBLEMA RIFIUTI?

1. Ridurre la produzione di rifiuti con norme nazionali e regionali che penalizzino l´eccesso di imballaggi, i prodotti a perdere, i materiali difficilmente smaltibili (la UE aveva fissato come obiettivo per l´anno 2010 una riduzione del 20% rispetto alla produzione dell´anno 2000)
2. Organizzare un´efficace sistema di raccolta differenziata non solo di carta, plastica e vetro, ma soprattutto della frazione umida (cioè la parte putrescibile) e dei rifiuti tossici (vernici, solventi ecc.). La raccolta differenziata è il presupposto della corretta ed economica gestione dei rifiuti: più è completa e selettiva la raccolta differenziata e più i rifiuti diventano una risorsa che può fare guadagnare e, quindi, ridurre la tassa sui rifiuti. L´unico sistema capace di raggiungere le percentuali stabilite dalla legge è la raccolta porta a porta. Un tale sistema può andare a regime 6 mesi, con costi inferiori alla raccolta con cassonetti, raggiungendo percentuali di oltre il 65% (si veda l´esperienza dei Colli Aminei o di Bagnoli). Il porta a porta, permettendo di misurare quanto rifiuto indifferenziato e differenziato ciascuna famiglia conferisce e quindi di far pagare in base alle quantità consegnate, è il sistema più efficace per realizzare anche una drastica riduzione della produzione di rifiuti (intorno al 15-25% nell'esperienza del Nord Italia)
3. Costruire un sufficiente numero di impianti di compostaggio dove trasformare la frazione umida in concime (la Campania ne è priva!). Un impianto di compostaggio si costruisce in 6-12 mesi
4. Trasformare gli ex impianti CDR (ora ribattezzati STIR) in impianti di deselezione spinta-inertizzazione (tipo Vedelago), in impianti cioè capaci di separare metalli, plastica, cellulosa e frazione umida dai rifiuti indifferenziati e di trasformare la parte residua in materiale inerte (sabbia, mattoni ecc.) utilizzabile in edilizia.

I termovalorizzatori non sono la soluzione perché la frazione umida dei rifiuti (pari al 40%) non brucia bene e quella inerte (sabbia, metalli, vetro ecc. che ammonta al 10-15%) non brucia: quindi è conveniente bruciare carta e plastica, che possono però essere più ecologicamente e convenientemente (se si aboliscono i CIP6) riciclate. Riciclare plastica fa risparmiare il doppio dell'energia che si ricava bruciandola e il costo dell´energia elettrica prodotta dagli inceneritori è superiore a quella prodotta da petrolio, metano, eolico, idroelettrico e solare a concentrazione (fonte: ANEA): la convenienza è solo degli imprenditori che possono intascare anche i 60 euro per ogni tonnellata bruciata, perché  la legge italiana considera l´incenerimento dei rifiuti un´energia rinnovabile da sostenere economicamente (nel 2006 lo Stato ha così distribuito i fondi raccolti tramite la tassa per la promozione delle energie rinnovabili che paghiamo sulla bolletta elettrica: 0,004% energia solare, 3% energia eolica, 4% geotermica, 3% idroelettrica, 19% incenerimento rifiuti urbani, 35% residui e recupero di energia, 36% combustibili fossili).
Si deve ricordare inoltre che i termovalorizzatori producono fumi inquinanti, nonché ceneri e fanghi (pari al 30% in peso dei rifiuti bruciati) da smaltire poi in discariche e quindi non sono un sistema per eliminare il ricorso alle discariche. Inoltre se si raggiungono gli obiettivi stabiliti dalla legge (65% di differenziata e riduzione del 20% dei rifiuti) si avranno al massimo 500.000 tonnellate da bruciare, mentre il solo inceneritore di Acerra ha una capacità di 700.000 t.
La strategia che abbiamo indicato NON È UN’UTOPIA  ed è perfettamente in linea con le direttive europee e con quanto si va facendo in molti Paesi europei e anche in vari aree di Italia, come nel Vicentino, dove la raccolta differenziata è all'80% e il 20% restante è trattato in un deselezionatore spinto con inertizzazione, senza ricorso a inceneritori e discariche.

venerdì 17 dicembre 2010

Rifiuti, a Monte San Pietro si può.pubblicata da INFORMAZIONE LIBERA il giorno venerdì 17 dicembre 2010 alle ore 16.11.

di Gabriele Bollini (Terra Emilia Romagna)

INTERVISTA. Manuela Ruggeri, ex assessore all’Ambiente del comune bolognese, racconta i risultati della raccolta “porta a porta”.

Monte San Pietro, in provincia di Bologna, è un comune - secondo Wikipedia - di circa 11 mila abitanti su una superficie 74 chilometri quadrati. La sede municipale si trova in località Calderino. Un altro piccolo comune della provincia di Bologna (vedi articolo su Sasso Marconi su Terra del 9 dicembre) che attivando la raccolta porta a porta è passato dal 26 all’80% di raccolta differenziata in pochi mesi. Ne parliamo con Manuela Ruggeri, ex assessore all’Ambiente.

Com’è stato possibile?

Facile, i cittadini differenziano bene, con gesti semplici, già a casa loro, quelli che chiamiamo rifiuti o anche beni post-consumo, insomma ciò di cui abbiamo deciso di liberarci. I cittadini espongono, cioè mettono fuori dalla loro casa, secondo un calendario, i rifiuti così separati. E gli addetti alla gestione del servizio rifiuti passano e raccolgono tutti i sacchetti o i bidoncini esposti.

L’uovo di Colombo?

Eh sì, sembra proprio esserlo. Alte percentuali di raccolta differenziata, tanta materia che si può recuperare, necessità di impianti di smaltimento ridotta veramente al minimo, costi contenuti e posti di lavoro in più. Così descritto, sembra un sistema facile, ed in effetti lo è, e tante sono le realtà e i comuni italiani dove si pratica con successo, in tutti i generi di tipologie insediative. Certo, è molto diverso dall’attuale sistema, quello a cassonetti stradali, per intenderci. Tanti “bei cassonetti” sempre non troppo puliti, un tantino puzzolenti, di capienza in crescita continua, nei quali i cittadini possono conferire come e quando vogliono, dentro e fuori dagli stessi, qualunque tipo di rifiuto anche pericoloso, anche tossico, anche non assimilabile. In questo modo abbiamo la separazione di rifiuti praticata al minimo, consumo insostenibile di materia, necessità esponenziale di impianti di smaltimento e costi crescenti.

E allora, come mai non si diffonde a macchia d’olio la raccolta domicialirizzata “porta a porta”?

Perchè, chi, come la nostra multiutility ex azienda municipalizzata, Hera spa, gestisce discariche e inceneritori può, in questo modo, fare buoni guadagni, sostenuti dalla pratica del contributo pubblico. E quindi non solo non ha nessun interesse a praticare la raccolta porta a porta ma addirittura frena al volere degli amministratori virtuosi opponendosivi duramente. Proprio il sistema dei guadagni che si ottengono dalla gestione degli impianti di incenerimento è uno dei motivi forti che impediscono ed ostacolano la diffusione estesa di un sistema di raccolta dei rifiuti virtuoso nei nostri territori.

Cioè? Puoi spiegarti meglio?

Anche se mascherato da intenti di tutela, l’obiettivo dei gestori degli impianti di smaltimento rimane focalizzato sullo smaltire e sul bruciare. I medesimi soggetti sono spesso, nei fatti, contemporaneamente incaricati del servizio di raccolta e di smaltimento, e questo non aiuta. Gli oppositori al sistema domiciliare, frequentemente impersonati dai gestori (“pubblici”) medesimi (e spesso e volentieri anche dagli Ato), invocano il basso gradimento dei cittadini e paventano l’aumento dei costi.

Ma è vero che la raccolta porta a porta costa di più?

In merito ai costi viene da chiedersi come sia possibile che in regioni limitrofe alla nostra, tale problema non si presenti, anzi anche studi recenti confermano l’equivalenza sostanziale dei costi con prestazioni però assai difformi. Il porta a porta, specie se “spinto”, produce sempre risultati eccellenti, il sistema a cassonetto stradale arranca verso posizioni assai arretrate (massimo 50%).

Che cosa ci puoi dire invece relativamente al gradimento dei cittadini che secondo la vox populi sembrerebbero essere contrari per il disagio che questo porta nella quotidianità?

In merito al gradimento, è vero, in fase di avvio, i cittadini spesso esprimono perplessità anche rilevanti. Del resto la gestione dei rifiuti è argomento che ha a che vedere con la nostra quotidianità, con quello che avviene in casa nostra. Il sistema di raccolta ci coinvolge direttamente e ogni cambiamento si intreccia con il nostro vivere quotidiano: pensate a quando viene chiesto di spostare i cassonetti perchè troppo vicini a casa o troppo lontani o brutti alla vista, o perchè ruba spazi per i parcheggi, etc.. In realtà, chi pratica la raccolta domiciliare sa che si tratta di una modalità alla quale ci sia abitua nel giro di pochi giorni. Una modalità che ci consente di “vedere” bene quanta “roba” buttiamo via. Separando ci rendiamo consapevoli che potremmo fare a meno di tutta quella carta e quella plastica che avvolgono ciò che acquistiamo; potremmo cominciare a pensare che si potrebbe organizzare in modo diverso il sistema degli imballaggi e della distribuzione. Potremmo pure renderci conto del fatto quasi tutto ciò che buttiamo è composto da materia che si può recuperare: plastica, carta, vetro, metalli e resti verdi o organico. Potremmo vedere con i nostri occhi quanto sia modesta la quantità che non possiamo separare e che destiniamo al sacchetto dell’indifferenziato; potremmo renderci conto che tale modesta quantità è per buona parte composta da materiale plastico; così come potremmo venire a sapere che esistono realtà virtuose, in Italia, dove si recupera anche questa parte. Penso, ad esempio, al centro di riciclo di Vedelago, per visitare il quale abbiamo organizzato una gita per la cittadinanza. Allora potremmo chiederci per quale ragione si stia continuando a puntare sugli impianti di incenerimento. E per quale motivo non ci si orienti decisamente anche verso impianti di recupero. Domande scomode? Forse sì.

Manuela Ruggeri ora non fa più l’assessore ma è rimasta “nel giro”. Viaggia a disposizione dei comitati che vogliono passare al porta a porta. Se i gestori e la politica danno voce alle perplessità in merito alla comodità della pratica del porta a porta mi domando chi dia voce, chi ascolti, chi tenga in considerazione le perplessità, anche dure e decise, dei tantissimi medici per l’ambiente e dei bravissimi comitati di cittadini preoccupati, giustamente, per la salute di tutti e critici verso un modello di sviluppo orientato più all’interesse particolare piuttosto che al bene comune.

mercoledì 15 dicembre 2010

Radio Vaticana e Libero parlano del Nostro Albero del riciclo

Citta' del Vaticano, 13 dic. - (Adnkronos) - ''Ne' nel vesuviano ne' a Napoli la questione rifiuti, mentre si avvicina il natale 2010, sembra esser risolta''. E' quanto sottolinea il canale 105 della Radio vaticana che torna sul problema rifiuti con un servizio che occupa anche l'home page del sito Internet. L'emittente della Santa Sede racconta di nuovi incidenti a Terzigno fra manifestati e polizia, e spiega che a Napoli rimangono per le strade 1.100 tonnellate di rifiuti, ''una quantita' stabile da almeno quattro giorni'', mentre la quantita' di rifiuti aumenta a ridosso del Natale.
Ancora spazio viene dato alla questione smaltimento nell'area vesuviana, dove voci della Chiesa locale spiegano che il problema non e' risolto, mentre nella discarica di Cava Sari, fra Terzigno, Boscoreale e Boscotrecase, raccontano le testimonianze, vengono gettati materiali pericolosi e provenienti da altre zone. ''Mentre si avvicina il Natale 2010 - afferma la Radio Vaticana - nel vesuviano come a Napoli la questione 'monnezza' sembra senza soluzione e continua a creare disagio sociale. A Terzigno ancora scontri tra la polizia e i cittadini che chiedono la chiusura della discarica e protestano per i danni all'ambiente''. ''Nel capoluogo - si afferma ancora - nonostante gli sforzi dei militari del genio, la pulizia e' apparente''.
''A Boscotrecase - prosegue l'emittente vaticana - la parrocchia della S.S. Addolorata prepara un albero di Natale ornato con bottiglie di plastica da inviare alla Stazione di Piazza Garibaldi con un messaggio:'Natale si puo' fare di piu', recupera, ricicla e differenzia anche tu'. Piu' di un sacerdote del vesuviano aiuta le comunita' a incarnare nella difficile attualita' il messaggio di speranza della prossima festa. E qualche presepio ospita tra i pastorelli di gesso la famigerata 'monnezza'''.
13/12/2010

Rimandati in Campania i rifiuti "Utilizzati mezzi non idonei"

Da Repubblica 15/12/2010
Le 180 tonnellate di frazione organica dirette alla Italcave di Statte sono state rispedite al mittente perché i sei camion utilizzati per il trasporto non erano sigillati adeguatamente. Lunghi e accurati i controlli effettuati dall'Arpa

Rimandati al mittente i rifiuti campani. I sei tir carichi di 180 tonnellate di rifiuti prelevati nei giorni scorsi dagli Stir di Giugliano e Tufino sono arrivati stamattina nella discarica Italcave di Statte, in provincia di Taranto. Ma i controlli effettuati dai tecnici dell'Arpa hanno dato responso negativo. Non tanto sul tipo dei rifiuti ma sulle modalità di trasporto. Nel protocollo firmato tra le Regioni Campania e Puglia, infatti, erano state poste alcune condizioni considerate tassative. Una di queste riguarda il tipo di camion da utilizzare, con chiusure ermatiche per evitare dispersioni nell'ambiente. Dai rilievi, pare che i tir arrivati stamattina non assecondavano queste prescrizioni, pertanto sono stati rimandati indietro.

Un imprevisto si era già registrato ieri perché i camion erano partiti in ritardo e il loro arrivo a Statte era previsto in serata. Dalle autorità regionale pugliesi, quindi, era partito il primo alt: i camion devono arrivare a destinazione in ore mattutine per consentire controlli accurati del carico e dei mezzi alla luce del sole. Secondo gli accordi, i camion in partenza dalla Campania presto aumenteranno arrivando a 12 e poi 18 al giorno. A fine settimana sara' programmato lo svuotamento dei magazzini degli impianti Stir anche della frazione secca destinata all'impianto di termovalorizzazione di Acerra.

Ora, .......... guardate le foto e giudicate voi cosa sono costretti a sopportare gli abitanti di Terzigno, Boscoreale  e Boscotrecase a causa della  discarica di Terzigno (in pieno parco Nazionale del Vesuvio) e ........ non è la cosa peggiore.


Camion giustamente rifiutato in puglia            


















Camion tra quelli che arrivano a Terzigno e attraversano il centro abitato di Boscoreale e Terzigno