mercoledì 29 febbraio 2012

In Germania le auto avviano i motori col gas prodotto con gli scarti dei mercati ortofrutticoli

È partito in Germania un progetto davvero interessante con cui, grazie ai rifiuti alimentari raccolti nei mercati ortofrutticoli all'ingrosso, si produce metano che viene poi utilizzato per alimentare veicoli a gas.

L'impianto pilota è stato sviluppato dal Fraunhofer Institute per l'Ingegneria e la Biotecnologia che si trova a Stoccarda vicino (neanche a farlo apposta...) ad mercato ortofrutticolo all'ingrosso e alla sede della Mercedes.

Si tratta di un avanzatissimo impianto che riesce a produrre metano in modo molto rapido, questo poiché i rifiuti sono contenuti in serbatoi che dispongono di un sofisticato sistema di gestione in grado di monitorare numerosi parametri, tra cui il livello di pH.

Il software calcola, poi, quanti litri di rifiuti devono essere mescolati tra loro per nutrire i microrganismi ottimizzando così l'intero processo.

L'impianto produce circa due terzi di metano e un terzo di anidride carbonica e niente viene sprecato: l'acqua che contiene azoto e fosforo viene filtrata e riutilizzata, così come l'anidride carbonica che serve per coltivare le alghe di un altro progetto di ricerca, mentre il fango lasciato dal processo di fermentazione viene inviato ad altri istituti che sono in grado di produrne altro metano.

Il progetto pilota è stato finanziato dal Ministero Tedesco dell'Istruzione e della Ricerca e vede come partner la società energetica Energie Baden-Württemberg e, ovviamente, la Daimler che sta fornendo i veicoli alimentati a gas naturale veicoli.

Rutigliano (Bari): in tre mesi raggiunge il 78% di raccolta differenziata. Visita al centro comunale di raccolta|

In quattro mesi Rutigliano passa dal 14 al 78% di raccolta differenziata. In calo anche la produzione dei rifiuti, ridotta del 33%. Eco dalle Città ha approfondito le cause di riduzione (turismo dei rifiuti, rifiuti speciali, mini-discariche cittadine) e i problemi circa i controlli con il titolare dell'azienda addetta alla raccolta e al ritiro dei materiali differenziati, Carmine Esposito

di Giuseppe Miccoli
sabato 25 febbraio 2012 20:24

Rutigliano (Bari): in tre mesi raggiunge il 78% di raccolta differenziata. Visita al centro comunale di raccolta|Foto
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Il comune di Rutigliano (18.000 abitanti), si candida a diventare, con le sue percentuali di raccolta differenziata, uno dei comuni Ricicloni di Legambiente. Potrebbe addirittura entrare nella Top ten Assoluta della Puglia, scalzando così dal suo primato Monteparano (che invece conta 3.000 abitanti). Cosa pensa di questo?
Beh, che non sarà facile. E’ statisticamente accertato che più i comuni sono piccoli, più è facile raggiungere alte percentuali di raccolta differenziata. Per questo motivo Legambiente ha creato diverse categorie. Sicuramente però potremmo ambire alla Top Ten dei Comuni di media dimensione, cioè quelli tra i 5.001 e i 20.000 abitanti (ndr), arrivando anche tra i primi posti.

Secondo i dati forniti dal sito rifiuti e bonifiche, i dati della raccolta differenziata di Rutigliano dimostrano un start-up formidabile. Si è passati dal 14,91% di ottobre 2011 , al 55,66% di novembre. Poi abbiamo il 74% di dicembre , e infine il 78% di gennaio 2012. Complimenti!
A dire il vero abbiamo raggiunto il 78% di raccolta differenziata anche a dicembre, il sito della Regione Puglia, non so per quale motivo, ha abbassato di un 4% la nostra percentuale. Lo stiamo appurando insieme al tenente dei vigili urbani che immette i dati della raccolta direttamente nella piattaforma informatica.

Forse dipende dal fatto che alcune tipologie di rifiuti non vengono incluse, dal software della Regione Puglia, nella percentuale di raccolta differenziata. A questo proposito, il vostro computo considera anche tutti i materiali conferiti presso il centro comunale di raccolta (CCR)?
Non tutti. Consideriamo però ad esempio gli inerti che derivano da utenze domestiche, quelli che si scartano quando si effettuano dei lavori a casa, per intenderci. I cittadini trovano comodo venire qui nel nostro CCR e per questo credo che sia giusto considerarle nella percentuale di raccolta differenziata. Parliamo di modeste quantità, un secchio, al massimo due. Al contrario è scomodo per i grandi movimenti (vale a dire un camion-dayli da una tonnellata e mezza, ndr). Per questi casi, c’è una ditta in questa stessa zona che recupera tali materiali a prezzi abbastanza contenuti.

PUNTI DI FORZA ,CRITICITA', MONITORAGGIO
Cosa, secondo lei, ha fatto la differenza qui a Rutigliano?
Aver tolto dalla strada tutti i cassonetti. Rutigliano ha esteso la raccolta differenziata domiciliare a tutto il territorio comunale, sia alle utenze domestiche che a quelle non domestiche. E’ un’azione assolutamente imprescindibile. I cassonetti danno agio di disfarsi di ciò che si vuole senza farsi troppi problemi. Inoltre penso che la raccolta differenziata stradale non è in grado di portare buoni risultati. Anche perché danno luogo al fenomeno di abbandono dei rifiuti.
Quali, invece le criticità e i problemi che state riscontrando?
Quando il servizio di raccolta è partito abbiamo riscontrato il problema dell’abbandono dei rifiuti vicino alle campane del vetro, sia nel centro che nelle periferie di Rutigliano, oltre che nelle campagne. Abbiamo perciò istituito una squadra deputata, almeno una volta a settimana, proprio alla raccolta di quei rifiuti. Ancora oggi, a distanza di quattro mesi, ci sono degli “irriducibili”, ma il fenomeno si sta ridimensionando.
Avete adottato misure di controllo e/o di sanzione?
Sono in corso le indagini da parte della polizia municipale, la quale, grazie alle nostre segnalazioni, è riuscita in diversi casi a risalire ai responsabili delle infrazioni. Quando recuperiamo sacchetti abbandonati in luoghi impropri , li apriamo, in presenza dei vigili urbani (che documentano con fotografie). In alcuni casi, infatti è stata la corrispondenza a rivelarci nome e cognome dell’utente responsabile. Inoltre il sindaco ha chiesto alla polizia provinciale, in virtù di un apposito accordo di programma, di prevedere degli appostamenti ad hoc nelle periferie e in alcuni momenti della giornata. Sono stati colti in flagrante, oltre ad alcuni cittadini, degli albanesi, i quali, non essendo censiti e non avendo la residenza, non hanno diritto a ricevere il kit dei bidoncini, e dunque lasciano i rifiuti per strada.
Quindi parliamo di persone straniere che, non residenti, non possono partecipare alla raccolta differenziata?
Questo è un problema che dovremo affrontare. Molti, non avendo un lavoro regolare non possono richiedere la residenza.


IL CALO DELLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI: LE PROBABILI CAUSE
Come commenta il dato relativo alla riduzione dei rifiuti a Rutigliano? Nel maggio 2011, ad esempio, si sono prodotte 794,5 tonnellate di rifiuti urbani; con l’avvio della raccolta differenziata a dicembre 2011, si è scesi a 532,7. A cosa è dovuta principalmente questa riduzione mensile del 33% (261,8 tonnellate)?
Questo calo, per un 20-25%, è imputabile alla mancanza di quegli inerti che prima finivano nei cassonetti dell’indifferenziato. Molte volte mi è capitato di trovare, sotto al cumulo di sacchetti, pezzi di tufo o pezzi di cemento indurito derivanti dalle attività di manovali o carpentieri. Questi materiali dovrebbero, per legge, essere conferiti come rifiuti speciali, ma così non accadeva, vuoi per risparmiare quei dieci o quindici euro di conferimento presso le ditte specializzate, vuoi per il fatto che questi lavoratori spesso lavoravano in nero, dunque non possono firmare il formulario dei rifiuti. Perciò hanno sempre conferito nei cassonetti dell’indifferenziato, causando, tra l’altro, anche dei danni agli automezzi! Un altro esempio sono i meccanici. Da poco siamo riusciti a far loro comprendere che i flaconi dell’olio minerale, i filtri di carburanti o dell’olio, o gli stracci imbevuti di oli, non possono essere considerati alla stregua dei rifiuti solidi urbani e dunque non vanno nei bidoncini dell’indifferenziato. Devono essere smaltiti come rifiuti speciali, a propria cura e spese e da ditte specializzate, magari mediante convenzioni aperte dalle stesse associazioni di categoria. L’assenza dei cassonetti ha fatto emergere l’esistenza di tutti questi rifiuti, del cui smaltimento prima il comune si faceva carico.
Può essere, secondo lei, la riduzione dei rifiuti, legata anche al cosiddetto “turismo dei rifiuti”, cioè al fatto che gli utenti non collaborativi conferiscono in maniera indifferenziata in un altro paese?
Si. Ogni mattina alcuni cittadini (che io chiamo “resistenti”, e ne conosco tre o quattro) si recano a conferire i rifiuti nel comune in cui magari lavorano. Ritengo che questo fenomeno finirà nel momento in cui anche gli altri paesi inizieranno a eliminare i cassonetti dalla strada. Sicuramente, poi, il cambio di mentalità influirà, nel tempo, positivamente. Un'altra percentuale che pesava sulla produzione totale dei rifiuti era la quota derivante dallo spazzamento delle strade. Quando ancora era in vigore il vecchio sistema di raccolta, infatti, si formavano, intorno ai cassonetti e con frequenza quasi giornaliera, delle mini discariche abusive.
Dunque la terza causa, deriva dalla assenza di mini discariche abusive cittadine che prima si formavano dietro ai cassonetti, da aggiungere al mancato conferimento di rifiuti speciali (prodotti da meccanici, macellai, artigiani vari, etc.), il “turismo dei rifiuti”.
Esatto. Si trovava di tutto: dagli ingombranti all’amianto ai contenitori dei fitofarmaci provenienti dall’attività agricola, materiale che pesava sulla produzione totale dei rifiuti. Inoltre il doppio incarico di servizio dato a due ditte diverse (uno per la raccolta degli RSU e lo spazzamento delle strade, l’altro per la raccolta del differenziato) aveva determinato dei problemi. Tutto ciò che finiva fuori dai bidoni, in particolare le buste con plastica e metalli, con vetro, e infine carta), perché la frequenza di svuotamento di campane e cassonetti della differenziata era troppo bassa, o perché alla gente seccava di inserire una per volta le bottiglie di plastica o di vetro, veniva raccolto come spazzatura, vanificando lo sforzo di quanti avevano effettuato la separazione.
Possiamo concludere dicendo che la raccolta domiciliare mette in evidenza la “reale” produzione dei rifiuti urbani di un comune o di una città?
Certamente. Emerge in tutta evidenza la produzione “reale” di rifiuti, sia delle utenze domestiche che delle utenze non domestiche.

Sito web - Rutigliano raccolta differenziata


martedì 28 febbraio 2012

Confronto a Brussels tra la Rete dei Comitati vesuviani e la Regione Campania

Questa la nota ANSA da Brussels sull'audizione alla Commissione EU sulla situazione delle discariche vesuviane e il Piano regionale rifiuti in Campania.
 «La Commissione europea stasera ha confermato il suo giudizio positivo al Piano». Lo ha detto l'assessore all'Ambiente della Regione Campania, Giovanni Romano. Rispetto alla petizione presentata alla Ue dalla Rete dei Comitati vesuviani sul Piano regionale dei rifiuti , ha poi commentato: «Rispetto le posizioni di tutti e, in particolare, dellaRete dei Comitati vesuviani. Ma non si può più inseguire improbabili modelli di 'rifiuti zerò che vorrebbero eliminare il ricorso agli impianti di smaltimento anche perchè non esistono in nessuna parte del mondo. La nostra Regione deve definitivamente affrontare un problema che attende soluzioni da oltre quindici anni e siamo impegnati, responsabilmente, per fare questo».

Alla Commissione petizioni, spiega l'assessore, «i nostri dirigenti hanno illustrato le procedure di coinvolgimento, corretta informazione e di evidenza pubblica seguite per arrivare all'approvazione di questo importante strumento di programmazione con la massima partecipazione possibile, nel pieno rispetto delle normative vigenti. Da parte loro abbiamo registrato soddisfazione e apprezzamenti». «Va poi detto - ha dichiarato l'assessore entrando nel merito - che il Piano regionale fissa al 65% e non al 50%, come erroneamente affermato, l'obiettivo della raccolta differenziata in Campania».

Ora, che l'Assessore Romano, col quale non riesco proprio ad arrabbiarmi, (forse perché in tempi non sospetti è stato il primo a partecipare a Boscotrecase a un incontro, in qualità di Sindaco virtuoso di Mercato S Severino sulla Raccolta Differenziata, proprio  quando Prodi apriva la Discarica per la FOS nel Parco nazionale del Vesuvio), affermi che la Commissione EU abbia apprezzato il PRGRU approvato a gennaio è tutto da dimostrare, non fosse'altro per il filmato dell'audizione (appena dispoonibile lo streaming lo pubblichiamo)  che dimostra chiaramente come i suoi rappresentanti, e ancor più quelli delle cinque amministrazioni provinciali sono riusciti a farsi criticare persino da esponenti greci e bulgari, in quanto ad apprezzamenti ed alle stesse dichiarazioni successive della Presidente Mazzoni (Quanto alla paventata possibilita’ di uno sblocco parziale dei fondi messi sotto sequestro ormai da anni il rappresentante della Commissione sembra aver negato questa possibilita’ per il futuro).
Nel merito delle nostre contestazioni hanno esposto per sommi capi, fatto salvo per la Provincia di Salerno che ha illustrato un percorso migliore delle altre provincie, dimenticando, guarda un pò, che il biodigestore di Salerno è opera di De Luca senza l’utilizzo di fondi comunitari e che la media della differenziata della Provincia risente del 70% che da sola Salerno raggiunge. Anche Benevento e Avellino hanno prodotto con dovizia di particolari una soddisfacente risposta.
La Provincia di Napoli non ha saputo rispondere sulla discarica di  Chiaiano (è in via di esaurimento), su quella di Terzigno (ancora due, forse tre mesi) su quante tonnellate di rifiuti e su quanto tempo Napoli conferirà in Olanda (silenzio) e sulle preoccupazioni dei commissari circa l’interferenza della mafia nel sistema rifiuti campano (silenzio assoluto).
I Commissari si sono poi lamentati della mancanza di comunicazioni scritte per poterle visionare prima della seduta e che si rende necessario un supplemento di approfondimento della questione.
E non solo.
Il rappresentante greco e l’olandese Merkeis hanno “bacchettato” le autorità provinciali e regionali campane che a tutt’oggi, tranne che intenzioni sulla carta, quasi nulla e stato posto in essere per un ciclo dei rifiuti che rispetti la normativa europea nonostante l’enorme flusso di denaro versato dai contribuenti comunitari per la sola Campania senza che fossero utilizzati per premiare i comuni e le provincie virtuose che pure in Campania ci sono.
E…udite, udite…oggi se qualcosa si muove nella giusta direzione, almeno a parole, è grazie alle petizioni dei cittadini campani e all’infrazione comunitaria della Corte di Giustizia.
Queste le dichiarazioni in commissione. Poi ognuno può sentirsi soddisfatto. Noi lo siamo. Romano credo che non ne abbia grandi motivi. Mah. Contento lui….
Comunque confermo il totale disaccordo con le sue dichiarazioni nel merito.
Il PRGRU prevede per il 2012 la RD al 50% ( invece del 65% prevista dalla normativa in materia di rifiuti) e soprattutto non indica soluzioni nella fase intermedia, se non con un’azione commissariale e non ordinaria per la scelta di cave per la FOS che in Campania, fatto salvo lo stir di Tufino, non si produce,  fino a quando, se mai vi riusciranno, nel 2015-20116 entreranno in funzioni gli inceneritori di rifiuti con recupero di energia previsti dal piano.
E a tutt’oggi, neppure un impianto di compostaggio (aerobico o anaerobico) è stato ancora realizzato, costringendo a spedire fuori l’umido con costi non più sostenibili per le comunità locali.
Per questo nella relazione che ha integrato la nostra petizione abbiamo rimarcato la sollecitazione alla commissione di svincolare i 180 milioni di euri bloccati dalla procedura d’infrazione comunitaria alla gerarchia del ciclo che prevede Riduzione, Riuso, Riciclo, Raccolta Differenziata e impianti di compostaggio.
E non per l’impiantistica degli inceneritori a cui Romano vuole invece affidarsi.
A proposito, sarebbe il caso che l’Assessore si preoccupasse di come vengono utilizzati i milioni di euri dati alle provincie (quasi il 35% a quella di Napoli) per le politiche di riduzione, riuso, raccolta differenziata e sensibilizzazione ai cittadini.
Sarebbe già un primo passo.
La mia impressione e che la Comunità EU quei fondi non li sbloccherà se non nella direzione da noi auspicata, cosa questa confermata dalle dichiarazioni della Presidente Mazzoni.
E sarebbe davvero una bella vittoria. Nel merito.
Sempre dopo che il Parco nazionale del Vesuvio sia liberato e bonificato dall’incapacità di politici ” tal quale”.
di Franco M

Rifiuti, procedura Ue contro l'Italia
"102 discariche non conformi a leggi"

Nel mirino della Commissione strutture non conformi alla direttiva europea presenti in 14 regioni che avrebbero dovuto essere chiuse entro il 2009. Ora rischiamo una condanna della Corte di giustizia europea

BRUXELLES - Bruxelles apre nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione per "almeno 102 discariche, di cui tre di rifiuti pericolosi, non conformi alla direttiva Ue del 1999", in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Umbria. 
 
La decisione della Commissione europea di inviare all'Italia una prima lettera di costituzione in mora è conseguenza del mancato rispetto di parte della direttiva europea del 1999 sulle discariche di rifiuti. L'Italia, in particolare, è finita nel mirino per non essersi conformata all'articolo 14 di quella norma, secondo cui gli stati membri avrebbero preso delle misure per assicurare che discariche "esistenti" (discariche a cui è stato concesso un permesso o che erano già operative al momento della trasposizione della direttiva del 1999), non avrebbero continuato ad operare dopo il 16 luglio 2009, qualora non fossero ancora conformi con la direttiva europea. "Ci sono - ha commentato il ministro dell'Ambiente Corrado Clini - troppe discariche in Italia, che non sono da anni identificate come una soluzione per la gestione dei rifiuti. L'infrazione è quindi uno stimolo ad aumentare e rafforzare la raccolta differenziata e anche ad aumentare la quota di recupero energetico dai rifiuti. Bisogna lavorare in questa direzione".
Dal 15 luglio 1999 Bruxelles ha chiesto informazioni all'Italia dimostrando nella sua risposta - precisa 
Bruxelles 
- che il Paese non era in linea con le disposizioni relative alle discariche "esistenti". Un anno dopo la Commissione Ue, in una nuova comunicazione a Roma, osservava che dal settembre 2009 almeno 187 discariche esistenti al momento della trasposizione nell'ordinamento della direttiva del 1999, erano presenti in Italia: discariche, o che non erano state chiuse, o che non erano ancora conformi alla direttiva europea.

La situazione è stata chiarita dall'Italia il 16 maggio 2011 e, precisa la Commissione Ue, sulla base di quelle informazioni, a cui si sono aggiunte altre relative alla regione Piemonte, è emerso che, ancora in 14 Regioni sono presenti almeno 102 discariche "esistenti" dalla trasposizione della direttiva Ue - tre delle quali di rifiuti pericolosi - o che non sono state chiuse o che non sono conformi alla direttiva Ue.

L'invio di una lettera di costituzione in mora rappresenta la prima tappa della procedura di infrazione al Trattato Ue. La seconda è il "parere motivato" e, se il Paese non si conforma ancora, c'è il ricorso alla Corte di giustizia europea.

Quest'ultina nel 2010, a conclusione di una procedura d'infrazione avviata nel 2008, ha già condannato 1l'Italia per il disastro rifiuti in Campania. In quell'occasione il nostro paese, secondo i giudici di Lussemburgo, non aveva "adottato tutte le misure necessarie" ad evitare la crisi mettendo "in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all'ambiente". Le motivazioni negavano esplicitamente la possibilità di nascondersi dietro alibi di alcun tipo in quanto "né l'opposizione della popolazione né gli inadempimenti contrattuali e neppure l'esistenza di attività criminali costituiscono casi di forza maggiore che possono giustificare la violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva e la mancata realizzazione effettiva e nei tempi previsti degli impianti".


lunedì 27 febbraio 2012

L'inceneritore di Acerra

“Rifiuti meglio in Olanda che ad Acerra”
‘Medici per l’Ambiente’ contro l’inceneritore
Secondo il sodalizio partenopeo quello dell'impianto inaugurato nel 2009 da Berlusconi "è uno smaltimento altamente tossico e costoso, che in venti anni costerà circa 262 milioni di euro per circa 5239 anni di vita persi dai cittadini acerrani e napoletani"
L'inceneritore di Acerra
“I rifiuti di Napoli? Meglio in Olanda che nell’inceneritore di Acerra“. Lo scrive in un documento il direttivo napoletano dell’associazione indipendente Medici per l’Ambiente, che da anni studia (e critica) le politiche di smaltimento dei rifiuti campani e denuncia lo scempio ambientale in atto, con il conseguente, drammatico, picco delle patologie tumorali sui territori del napoletano e del casertano. “Quello di Acerra – sostiene il sodalizio – è uno smaltimento altamente tossico e costosissimo, che in venti anni costerà circa 262 milioni di euro per circa 5239 anni di vita persi dai cittadini acerrani e napoletani: cioè circa 35mila euro al giorno e circa 7 mesi di vita persi ogni giorno dai cittadini di Acerra e Napoli. Le navi della spazzatura verso l’Olanda sono un’iniziativa incongrua, ma ci auguriamo che servano a far trionfare la verità sulle bugie”. La presa di posizione degli esperti di un’associazione schierata al fianco dei comitati antidiscariche e ‘rifiuti zero’ arriva a poche ore dall’attracco a Napoli dellaNordstern, la prima nave dei rifiuti, voluta fortissimamente dal sindaco Luigi de Magistris e dall’assessore all’Ambiente Tommaso Sodano. Nei prossimi giorni la Nordstern verrà caricata con circa 3000 tonnellate di ‘secco’ e prenderà il largo verso i Paesi Bassi. L’obiettivo è quello di far parte una nave ogni fine settimana.

L’analisi dei dottori Comella, Marfella, Esposito e Ciannella prende spunto da alcuni studi indipendenti, e in particolare da quello ‘Externe’ della Comunità Europea. Secondo i quali l’inceneritore di Acerra è da considerarsi “impianto insalubre di classe I”, cioè il massimo della tossicità industriale. Da qui deriverebbero i dati sopracitati. Danni che secondo i Medici per l’Ambiente colpiscono solo i cittadini della provincia napoletana. L’associazione, infatti, ricorda come nel maxi inceneritore di Acerra “che pone da solo la Campania al terzo posto in Italia come potenza di incenerimento, si smaltiva e si smaltiscono i rifiuti solidi urbani (rsu) della intera Regione Campania e non della sola Napoli. Quindi era ed è una bugia che Napoli con la sua inciviltà pretendeva di smaltire i propri rifiuti presso le altre Province campane laddove, in modo ordinario, oltre i due terzi delle 1650 tonnellate al giorno incenerite ad Acerra/Napoli provengono da tutte le altre Province della Regione Campania”.

Il gruppo di medici allarga le sue riflessioni anche al versante dei costi, promuovendo l’operazione olandese. “Per smaltire una tonnellata di rsu in Olanda il costo massimo è di circa 80 euro a tonnellata (ma secondo altri addetti ai lavori è di circa 140 euro a tonnellata, ndr) che è invece, in Campania, soltanto l’incentivo minimo con il quale lo Stato finanzia la ditta lombarda A2A e cioè i Comuni proprietari della A2A, (al 60 per cento) Milano, Brescia, Bergamo e Varese”. Città “che da sempre hanno negato solidarietà a Napoli e alla Campania per smaltire tale tipologia di rifiuti, preferendo, per i propri impianti in Lombardia, smaltire oltre 500mila tonnellate l’anno di rifiuti speciali e industriali, ma non rsu campani”.

La conclusione è condita da una polemica. “Smaltire i rsu in Olanda, a nostro parere, è una iniziativa incongrua, ma sollevando per circa un anno le amministrazioni del Comune e dellaProvincia di Napoli dalle necessità quotidiane di fronteggiare con efficacia il pluridecennale scorretto sistema di smaltimento dei rsu a Napoli e in Campania” può servire a tutti, in particolare al Comune di Napoli e alla Regione Campania “per intervenire in modo rapido sulla volontà di perpetuare sistemi di smaltimento tossici e costosissimi come i maxi inceneritori, finanziati con il sistema dei CIP6 per favorire ben individuati gruppi di potere lobbistico del nord. E indirizzare non solo il Comune di Napoli ma la intera Regione Campania verso la realizzazione dei necessari impianti, che non sono i maxi inceneritori (contro i quali si sono schierati anche de Magistris e Sodano, che hanno fatto stralciare l’inceneritore di Napoli est dal piano del governo Monti, ndr), ma ad esempio gli impianti di compostaggio”.

INCENERITORI: Ravenna, diossina nel latte materno

Ravenna, diossina nel latte materno. Asl, risposta choc: “Normale in questa zona”
Il Movimento 5 Stelle aveva promosso test su donne e animali registrando valori ampiamente oltre la norma. Principale imputato l'inceneritore Hera sulla Romea. Ma per la direzione dell'Azienda sanitaria in un'area industrializzata le sostanza tossiche nel sangue le hanno tutti. Favia: "Sono come quelli che dicono che con la mafia bisogna convivere"
A Ravenna è allarme diossina. I valori del cancerogeno agente tossico nel sangue di duedonne incinta e di alcuni polli ruspantiviaggiano ampiamente oltre la norma. Impossibile non stupirsi di fronte ai dati che il Movimento 5 Stelle, Legambiente, Associazione Naturista, Articolo 32 e Ravenna Viva hanno portato alla luce già nel dicembre 2011. Ma è ancor più difficile non rimanere sorpresi di fronte alle parole del direttore dell’Asl di Ravenna, alla richiesta di una commissione regionale di monitoraggio dell’aria: “La presenza di diossine negli organismi umani è una conseguenza inevitabile per chiunque vive in aree industrializzate”.

La vicenda nasce circa un anno fa, ancora prima delle elezioni amministrative, quando il futuro consigliere M5S, Pietro Vandini, rende pubblici alcuni test svolti su due volontarie a Savarna e Porto Corsini. Due donne che hanno alcuni requisiti specifici come risiedere in quelle zone da almeno cinque anni, mangiare cibo proveniente da filiera corta e non fumatrici. I risultati sono critici e non vengono usati in modo “strumentale” perché vanno approfonditi, proprio come spiega al fattoquotidiano.it Vandini: “I livelli di diossina erano fino a quattro volte oltre il limite consentito per il latte vaccino. Poi io una volta eletto e divenuto presidente di una commissione consiliare ad hoc ho fatto richiesta ad Arpa Emilia Romagna ed Asl di Ravenna per iniziare entro i primi di marzo 2012 una campagna di indagine seria, completa e articolata sul tema come avviene negli altri stati dell’Unione Europea”.

Passaggio non obbligato che però ha perfino spinto il sindaco Matteucci a richiedere formalmente di inserire Ravenna in un progetto regionale sulla qualità dell’aria e nel monitoraggio dei contaminanti. Ma al danno si aggiunge la beffa perché il direttore dell’Asl ravennate, Paolo Ghinassi, dichiara ai giornali: “Nelle aree industrializzate è così. Non servono accertamenti”, e aggiunge, “Però se ci sarà la disponibilità di Hera e Arpa anche l’Ausl sarà disponibile per sedersi a un tavolo che partendo dalle conoscenze a disposizione elabori un monitoraggio alla ricerca di nuovi inquinanti, prodotti dalla produzione industriale, che potrebbero avere conseguenze sulla salute dell’uomo.

“Questa affermazione ci fa ribrezzo”, dice il consigliere regionale M5S Giovanni Favia, “E ricorda tanto quella in cui si diceva che con la Mafia dobbiamo convivere. Nel latte materno sono stati rilevati 19,6 picogrammi per grammo di grasso, quando la soglia oltre la quale un prodotto viene ritirato è 5”.

Come se non bastasse pochi giorni fa sono giunti i risultati su un pollo ruspante allevato aSavarna e con un limite di 1,2 picogrammi per grammo di grasso, il volatile ha registrato un pesante 1,9: “Le nostri analisi, pagate privatamente con i soldi dei cittadini e delle associazioni hanno dato il 100% della contaminazione (3 casi su 3). Mentre i 25 campioni dell’Asl non registrano nemmeno un contaminato”, continua Vandini, “Crediamo che non compiano le analisi corrette, analizzando i mangimi  naturali  non del luogo”.

Al centro dell’emissione di sostanze cancerogene l’area tra Sant’Alberto, Savarna, Mezzana e Porto Corsini: un cerchio urbanizzato attorno al famigerato inceneritore Hera, situato sulla statale Romea che produrrebbe diossine provenienti dalla combustione in presenza di cloro. Anche se Arpa non ha mai rilevato particolari criticità e la multiutility ha bollato le analisi dei grillini come “prive di scientificità”.

La richiesta del M5S e delle associazioni ambientaliste e sanitarie sorte attorno all’esperimento che si sta facendo via via più concreto è quella dell’attuazione di un biomonitoraggio del latte materno per mappare le zone più inquinate nonché la ratifica della convenzione di Stoccolmasottoscritta nel 2001 ed entrata in vigore nel 2004 che prevedeva il divieto di produzione e d’immissione nell’ambiente di inquinanti tossici e persistenti come le diossine. Anche se attualmente sono 151 gli Stati che l’hanno sottoscritta e ratificata, ma l’Italia è l’unico tra i paesi europei ad averla sottoscritta nel 2001 ma a non averla ancora ratificata, ovvero tradotta in legge.

“Sono pessimista rispetto all’evoluzione in senso pratico del problema perché conosco chi amministra da 40 anni Ravenna. E non dimentichiamoci che è altamente probabile che ci sarannoproblemi respiratori, tumori e patologie cancerogene per le generazioni future”, chiosa Vandini, “visto che abbiamo registrato valori vicinissimi a quelli dell’Ilva di Taranto”.

Sprechi: Ponte sullo Stretto, ora basta

di Cesare De Seta  Solo di progetti, burocrazia e trivellazioni è già costato 300 milioni di euro. E ormai è evidente che non si farà più, anche perché la Ue l'ha tolto dai suoi programmi. Eppure esiste ancora una società pubblica che paga stipendi e butta via risorse: chiudiamola, subito
(27 febbraio 2012)
Caro presidente Monti,

la questione del Ponte sullo Stretto di Messina si è trasformata, in quarant'anni, in una trista saga gotica. In soli tre anni un Paese povero come il Portogallo ha costruito il ponte sul Tago lungo 17,2 chilometri, il più lungo d'Europa.

Il ponte sullo Stretto, con Berlusconi e i colpevoli cedimenti della sinistra, è divenuto un simbolo araldico delle prospere sorti e progressive del Paese di Cuccagna. Gli argomenti di chi è contrario a questa impresa faraonica sono di natura tecnica, ambientale ed economica. Un gruppo di lavoro di 30 esperti e docenti universitari delle più diverse discipline ha scritto un rapporto di 245 pagine di osservazioni al progetto definitivo, che le è stato inviato lo scorso 27 novembre. Sostenuto da tutte le associazioni ambientaliste. L'Unione europea, intanto, ha cancellato il ponte dall'elenco delle opere da finanziare entro il 2030.

La Società Stretto di Messina ha ingoiato come un'idrovora, non acqua, ma oltre 200 milioni di euro secondo la Corte dei conti dal 1986 al 2008. Negli anni trascorsi da allora, seguendo accurate valutazioni, si arriva a una cifra che rasenta i 300 milioni: lo documenta l'inchiesta su "La Repubblica" di Giuseppe Baldessaro e Attilio Bolzoni. Con questo fiume di soldi si sono elaborati progetti in permanente aggiornamento, si sono fatte trivellazioni, si è creata una struttura di gestione (tecnici e burocrazia annessa) che fa impallidire il Pentagono. Daniele Ialacqua di Legambiente questa storia "tragicomica" l'ha raccontata in un libro con acribia.

L'area dello Stretto è, per plurisecolare esperienza, quella a più alto rischio, sotto il profilo sismico e geologico, del Mediterraneo. Si dice che il ponte sarebbe contributo essenziale al rilancio economico del Mezzogiorno: a mio avviso l'unica grande opera da intraprendere, non solo nel Mezzogiorno ma nell'intero Paese, è porre mano allo stato di endemico sfacelo delle montagne e delle colline, dei fiumi e delle coste, del degrado urbano ed edilizio che, con drammatica periodicità, arreca danni incalcolabili e semina vittime. 
Il Paese ha bisogno di una sistematica politica del suolo e di una minuziosa protezione delle aree a rischio. Che non è solo tutela del paesaggio, ma difesa delle popolazioni che vivono in aree il cui assetto geomorfologico fa tremare appena piove o nevica. Queste opere in soccorso dell'ambiente necessitano di un programma organico: per finanziarlo si richiedono risorse ingenti, con investimenti pluriennali che riparino lentamente lo stato di decomposizione del Belpaese.

A che cosa serve citare i vilipesi articoli della Costituzione? Con vantaggi per l'occupazione incomparabilmente più convenienti e necessari confronto a qualunque investimento in grandi opere infrastrutturali. Chiamare a progettare i servizi un archistar come Daniel Libeskind è la classica manovra diversiva.

Al governo, caro Monti, non si chiede solo di bloccare l'insensata ambizione di costruire il ponte, si chiede che si avviino le necessarie procedure per sciogliere la Società Ponte di Messina a totale capitale pubblico (consociata Eurolink, con capofila Impregilo): vero vaso di Pandora, immobile e vorace, dal cui coperchio - una volta sollevato - non è prevedibile cosa potrà uscire.
"E' incredibile come questa idrovora di Stato continui a ingoiare soldi dei contribuenti mentre non si trovino fondi per il riassetto geologico del Mezzogiorno, che ne avrebbe ben più urgente bisogno"

sabato 25 febbraio 2012

24 febbraio 2012
Presidio all'inceneritore di Trieste per dire no ai rifiuti dalla Campania
 Presidio davanti all’inceneritore di Trieste per protestare contro lo «smaltimento incontrollato» dei rifiuti della Campania nell’ambito dell’operazione ‘solidarietà’ attuata dal Ministero dell’Ambiente Italiano.

Fanno sapere gli organizzatori che «come per l’iniziativa tarantina, anche per Trieste, tale opposizione è l’occasione per ribadire che piu’ in generale la gestione dei rifiuti non puo’ e non deve passare attraverso l’incenerimento e il conferimento in discarica. Del resto, la legislazione comunitaria pone al centro della gestione dei rifiuti la protezione della salute umana e la tutela dell’ambiente mediante la riduzione della produzione dei rifiuti e il loro riciclaggio spinto».

L’iniziativa, che è la prima di una serie di azioni congiunte tra gli ambientalisti di Taranto, di Trieste e della Slovenia, viene organizzata da Greenaction Transnational, Alpe Adria Green, Legamjonici. Hanno già dato l’adesione il MoVimento 5 Stelle di Trieste, il movimento Trieste Libera e cittadini.



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DIARI
23 febbraio 2012
Comunicato stampa della Rete sulle compensazioni ambientali
Comunicato stampa
La Rete dei Comitati vesuviani, nel rimarcare l’assoluta urgenza della convocazione del Consiglio provinciale di Napoli per la chiusura per esaurimento della discarica Sari, apprende con moderata soddisfazione lo stanziamento di 70 milioni di euro trasferiti, con notevole ritardo e a fronte dei 280 milioni previsti, dal Ministero dell’Ambiente alla Regione Campania quale primo lotto, necessario a far partire la fase del piano per le compensazioni ambientali delle aree sedi di discariche, compresa quella vesuviana di Terzigno.
Soldi che devono  essere indirizzati alla messa in sicurezza dei siti vecchi e nuovi.
In primis la realizzazione di impianti per lacaptazione e  l’utilizzazione completa del biogas, oggi causa principale dei miasmi che ammorbano l’aria dei comuni contigui alla discarica e la sua completa trasformazione in energia elettrica, per soddisfare i bisogni energetici di parte del territorio e garantire, così, in uno con la corretta captazione del percolato, il monitoraggio “post mortem” della discarica.
Inoltre provvedere da subito alla bonifica dell’area di cava Ranieri, a diretto contatto con l’abitato di Terzigno, la cui devastazione ambientale è la principale causa delle numerose patologie, anche gravi, registrate nelle aree perimetrali alla stessa.
Da qui, la richiesta immediata alla SOGESID presso l’Assessorato all’Ambiente della Regione Campania, di finalizzare, in breve tempo, le risorse destinate all’area vesuviana per opere mirate alla salvaguardia della salute dei cittadini e al risanamento ambientale.
Nell’ambito delle disponibilità economiche di parte dei 70 milioni destinati all’area vesuviana di Terzigno previsti dall’Accordo di Programma tra Ministero dell’Ambiente, Protezione civile e Regione Campania, si sottolinea la necessaria trasparenza e partecipazione alle scelte progettuali finalizzate, e si sottolinea, finalizzate, alla messa in sicurezza e alla bonifica del territorio, quale parziale compensazione del grave disastro ambientale patito dalle popolazioni vesuviane dalla storica presenza di discariche tal quale e nocive mai bonificate e dall’esaurimento dell’attuale cava Sari che, in circa tre anni di attività, ha ingoiato oltre un milione di tonnellate di rifiuti, in buona parte tal quale e tossici, e per un lungo periodo dell’intera provincia di Napoli e non solo.
Si auspica pertanto una pronta convocazione a Roma da parte del Comitato di Indirizzo e di Controllo per l’attuazione dell’Accordo di Programma per le compensazioni ambientali al fine di comprendere modi, tempi e qualità degli interventi.
 La Rete inoltre si impegna alla istituzione di un’Osservatorio costante di monitoraggio ambientale, onde evitare che tali finanziamenti “per distrazione”, possano essere utilizzati dalle Amministrazioni locali, per scopi diversi da quelli di bonifica ambientale e messa in sicurezza dei siti, garantendo alla cittadinanza gli interventi previsti dall’Accordo di programma.
 
Rete dei Comitati vesuviani



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DIARI
23 febbraio 2012
Finalmente una buona notizia!

Mercoledì, 22 Febbraio 2012

«Il ministero dell’Ambiente ha trasferito alla Regione Campania i 70 milioni
di euro necessari a far partire la fase del piano per le compensazioni
ambientali". Ne da’ notizia l’assessore all’Ambiente della Regione Campania,
Giovanni Romano.

«Si tratta - dice Romano - della metà delle risorse complessive che il
Governo accredita alla Campania per avviare la realizzazione dei primi
interventi del programma regionale siglato nel 2008. In particolare, gli
stanziamenti sono stati accordati ai progetti esecutivi dei Comuni nel
settore delle bonifiche ambientali, dei rifiuti e del ciclo integrato delle
acque comprese le opere fognarie. Alla Regione e’ stato affidato il compito
di coordinare l’attivita’ su tutto il territorio e, in particolare, le
relazioni con le comunita’ e le amministrazioni locali. A tal proposito e’
imminente l’attivazione di una struttura operativa della Sogesid presso l’
assessorato all’Ambiente, per rendere piu’ efficiente l’azione nel suo
complesso e ridurre le incombenze a carico degli enti locali».

«L’accredito dei fondi, ottenuto anche grazie alla pressante azione del
presidente Stefano Caldoro - aggiunge l’assessore - ci da’ modo di avviare i
primi interventi inclusi nel programma regionale. Imprimeremo all’ attivita’
la necessaria velocizzazione, in considerazione del tempo trascorso dalla
stipula dell’ Accordo di Programma e delle legittime aspettative delle
comunita’ locali, la cui pazienza e’ stata messa a dura prova dai ritardi
accumulati».

Sulla questione delle compensazioni ambientali si e’ gia’ riunito, a Roma,
il Comitato di Indirizzo e di Controllo per l’attuazione dell’Accordo di
Programma per le compensazioni ambientali siglato nel 2008 dal ministero
dell’Ambiente, la Regione Campania e la Protezione Civile. All’ ordine del
giorno, oltre all’avvio delle procedure per l’ utilizzo dei 70 milioni di
euro accreditati alla Regione anche l’ esame delle criticita’ relative ad
alcuni rilevanti interventi. L’intero programma, infatti, prevede opere
compensative per 282 milioni di euro a vantaggio dei comuni che negli scorsi
anni, e attualmente, ospitano impianti di trattamento e smaltimento dei
rifiuti urbani. I soggetti attuatori degli interventi, sono, per legge, la
Sogesid e il Provveditorato alle Opere Pubbliche, in base ad apposite
convenzioni. La prima parte del programma, del valore di 141 milioni di euro
e’ in capo al ministero dell’Ambiente e le procedure amministrative sono gia’
partite con l’esame dei progetti presentati dai Comuni. Il Comitato ha
affrontato l’esame delle criticita’ di alcuni grandi interventi come quello
della discarica Sogeri di Castelvolturno, di Santa Maria La Fossa, di
Giugliano, di Acerra, di Pozzuoli, di S. Tammaro, di Terzigno, di Napoli, di
Villaricca, di Paduli, di Sant’ Arcangelo Trimonte e di Buonalbergo.
Mercoledì, 22 Febbraio 2012



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POLITICA
22 febbraio 2012
Parchi regionali, scelti i presidenti
LE AREE PROTETTE DELLA CAMPANIA. GLI AMBIENTALISTI: «GESTIONE CLIENTELARE»
Parchi regionali, scelti i presidenti
Legambiente: dubbi sui loro requisiti
Tra i nominati un produttore di latticini, un sindaco
e un ex sovrintendente. Individuati dalla Regione
Un produttore di latticini, un ex sovrintendente ed un sindaco: ecco alcuni tra i nuovi presidenti dei parchi regionali campani. Il provvedimento di nomina è stato pubblicato oggi, 21 febbraio, sul bollettino ufficiale della Regione Campania. I prescelti, che percepiranno uno stipendio annuo di 33.000 euro lordi, sono stati proposti dagli assessori all’Ambiente, Giovanni Romano, ed all’Urbanistica, Marcello Taglialatela. Neppure il tempo di ufficializzare le nomine, però, che sono piovute critiche e si preannunciano ricorsi al Tar.
MONTI LATTARI - Cominciamo, però, dai nomi. L’imprenditore del settore caseario assurge alla guida della riserva dei Monti Lattari. Territorio delicatissimo, di straordinaria bellezza, che sovrasta la Penisola Sorrentina ed è assediato dagli appetiti degli speculatori e dei cementificatori. Il nuovo presidente del Parco èGiuseppe Guida, ha 44 anni e vive a Vico Equense. Politicamente schierato col Pdl, nel curriculum indica i suoi trascorsi amministrativi in seno alla comunità montana e le attività lavorative svolte nel settore caseario e della ristorazione.
PARTENIO E PICENTINI - Alla presidenza del Parco Regionale del Partenio ecco Giuseppe Zampino, che molti ricorderanno ancora per gli anni trascorsi alla guida della Sovrintendenza. Per la riserva dei Monti Picentini la Regione ha scelto Gregorio Romano. È sindaco a Laurino ed è stato vice direttore del Parco Nazionale del Cilento durante la gestione di Amilcare Troiano.
TABURNO-CAMPO SAURO - Vito Busillo, che dirigerà l’area naturale Taburno – Campo Sauro, vanta solidi rapporti col presidente della giunta provinciale salernitana, Edmondo Cirielli, ed è stato candidato col Pdl in quel di Eboli. E’ stato inoltre presidente del consorzio Sele. Giovanni Corporente, un avvocato che in passato ha anche collaborato col Wwf, si colloca al timone del parco regionale Roccamonfina–Foce Garigliano.
FALCIANO - Alessio Usai, un naturalista che ha lavorato pure col centro studi Gaiola, l’associazione che collabora con la sovrintendenza alla gestione del sito archeologico posillipino, è stato designato al vertice della riserva naturale lago Falciano – Foce Volturno – Costa di Licola. Completano la squadra dei nuovi presidenti: Umberto De Nicola(Matese), Celeste Taranto (Campi Flegrei), Antonio Caruso(Foce Sarno), Maria Gabriella Alfano(Monti Eremita – Foce Sele - Tanagro), Giustino Parisi(Colline Metropolitane di Napoli). La squadra è stata nominata nell’ambito di un albo degli idonei.
IL CONCORSO PER I DIRETTORI - Resta aperta la partita per i direttori, che sono il vero centro nevralgico dove si assumono le decisioni essenziali per i parchi – in particolare la gestione del budget annuale di 100.000 euro e dei fondi europei - e guadagnano circa 90.00 euro lordi all’anno. Nel 2007 fa era partito un concorso, che non si è per selezionare i direttori, ma non si è mai concluso. Sulla prova aveva acceso i fari anche la Procura della Repubblica, nell’ambito dell’inchiesta che coinvolse i vertici campani dell’Udeur. Fino ad oggi, dunque, le funzioni di direttori sono state svolte da dirigenti regionali. Esaurita la pratica dei presidenti, è plausibile che la Regione coprirà quanto prima anche questa casella vuota. Lo farà attingendo allo stesso albo degli idonei alla presidenza, che era stato istituito nel 2009 ed è stato poi intergrato nel 2010 con altri papabili.
LA SOSPENSIONE DECISA DA CALDORO - Con le nomine dei nuovi presidenti, si diceva, sono arrivate anche le polemiche. Gli esautorati, quelli che erano stati a loro volta designati nell’inverno 2010 dalla giunta Bassolino e sarebbero dovuti rimanere in carica tre anni – già preannunciano ricorso al Tar. “Davvero non si capisce il motivo per cui la giunta Caldoro decise due anni fa di sospendere in autotutela la nostra nomina”, dice uno degli esclusi, che chiede di non comparire, “né si comprende per quale motivo si provveda a designare nuovi presidenti se noi siamo formalmente ancora in carica”.
LEGAMBIENTE: «GESTIONE CLIENTELARE» - Legambiente, come già in passato, denuncia a sua volta la gestione clientelare delle aree protette da parte della Regione. “La legge istitutiva dei Parchi”, dice Pasquale Raia, che per l’associazione si occupa appunto delle riserve naturali, “enuncia il principio per cui la valutazione dei curricula avrebbe dovuto privilegiare specifici requisiti. Dei quali, invece, non vedo traccia in molte delle biografie dei nuovi presidenti”. Sottolinea, inoltre:”Anche la scelta di pescare i nuovi direttori dall’albo è censurabile. Quello è un ruolo che va coperto per concorso”. Legambiente chiede dunque un cambio di passo, affinché le aree protette regionali possano effettivamente svolgere il proprio ruolo: preservare il territorio, garantire la biodiversità, promuovere un turismo che si basi sull’osservazione della fauna, sulle tipicità enogastronomiche e culturali. La replica dell’assessore Romano: "Tutti i profili dei prescelti sono coerenti con i requisiti che richiedeva il bando. Se Legambiente ha notizia di dichiarazioni mendaci, si rivolga alla Procura. Se invece le perplessità riguardano i requisiti indicati nella selezione, sarebbe stato meglio avanzarle all’epoca in cui è stata varata la selezione stessa, non ora”.
Fabrizio Geremicca