giovedì 12 gennaio 2012

Discarica SARI: punire i responsabili del disastro ambientale doloso

 10 Gennaio 2011 A che punto siamo 


In queste sere per le strade di Boscoreale intorno a piazza Pace e per il quartiere di Casavitelli a Boscotrecase l’aria è tornata irrespirabile per i miasmi della discarica.
Oramai non basta più la terra di copertura, gli accorgimenti odoriferi e i bruciatori per il biogas perennemente accesi.
Segno che nessun accorgimento possa più funzionare perchè la quantità di materiale conferito nella cava Sari ha superato ogni limite legislativo, autorizzativo e di buon senso.
Ora davvero basta.
Ci eravamo impegnati, noi della Rete dei Comitati vesuviani a trovare uno sbocco al ciclo dei rifiuti per l’area vesuviana e fin dal marzo scorso avevamo proposto una soluzione per uscire dalla spirale viziosa provinciale e provare a fare da soli, a mettere in campo un ciclo virtuoso che in otto-nove mesi si concretizzasse con l’inizio dei lavori per l’impiantistica necessaria (digestori, compostaggio e Tmb/Tmm) e consentisse di chiudere la discarica e di ridurre il materiale per l’incenerimento.
E i Sindaci dei 19 comuni dopo mesi di “querelle” organizzativa erano riusciti a concordare una strategia e con Provincia e Regione a mettere in piedi il primo accordo di programma in ambito provinciale che ponesse concretamente le basi per eliminare definitivamente dal territorio il rischio di probabili aperture di nuove cave destinate a discarica e già individuate allo scopo dal commissario Vardè.
L'accordo,  nonostante la forte connotazione campanilistica di alcuni Sindaci circa la progettazione e la gestione dei previsti impianti, è e rimane,  un documento irrinunciabile e da perseguire, se veramente la forte protesta sociale di questi mesi và oltre al pur significativo e importante risultato:  di aver costretto un governo ad annullare una sua Legge in vigore (quella dei 3 milioni e mezzo di “monnezza” a cava Vitiello).
Purtroppo, a tutt’oggi, sul piano della trasparenza non ci è dato sapere a che punto sono i progetti per l’impiantistica e le necessarie autorizzazioni regionali e provinciali previste dall’accordo.
Nonostante le reiterate richieste di incontri pubblici e la costituzione della Commissione di controllo provinciale più volte sollecitata, e ad oggi non ancora formalizzata.
Ma noi non ci arrendiamo e insisteremo nel pretendere il rispetto degli impegni che i Sindaci hanno sottoscritto incalzando le amministrazioni dell’area vesuviana a incentivare la R.D. (non solo in quantità ma anche in qualità), a promuovere politiche di riuso e riciclo e sopratutto ad aderire al protocollo verso Rifiuti zero che permette ai cittadini di buona volontà, attraverso l’Osservatorio comunale, di proporre strategie e soluzioni per incentivare e migliorare il Servizio di raccolta differenziata e tendere al più presto a trasformare la Tarsu in Tia.
Senza comunque dimenticare che allo stato i 19 comuni della “zona rossa” vesuviana viaggiano su percentuali di R.D. media attorno al 45% - 48%, fatta eccezione per Torre Annunziata che non supera il 32 -33% e Pompei che negli ultimi mesi ha abbassato di molto la sua percentuale.
Le due criticità sversando, purtroppo, in questi mesi, ancora tal quale in cava Sari, sono i primi responsabili della presenza stanziale di gabbiani e cornacchie e dell’aumento della produzione di percolato ( al netto di paventati sversamenti illegali di cui non siamo in grado di escludere del tutto ).
Già questo basterebbe  per dire che il tempo è scaduto. Ma non è tutto.
Non si può più continuare a sversare in cava Sari oltre ogni limite di legge, attentando alla sicurezza delle popolazioni, il limite è stato abbondantemente sopravanzato.
E questo sopratutto alla luce di diversi fatti nuovi accaduti poche settimane or sono.
L’ultimo in ordine di tempo è la nomina al vertice dell’ASIA di Napoli di Raffaele del Giudice, battagliero direttore regionale di Legambiente (incarico lasciato) ma sopratutto protagonista competente contro le illegalità e i soprusi di Stato connessi all’affaire “munnezza” e da sempre presente nelle azioni significative che tra Giugliano e il Vesuvio hanno visto migliaia di cittadini difendere strenuamente il proprio territorio da connivenze mafioso-camorristiche di cui una parte significativa dello Stato ha utilizzato nell’ambito della cosi detta “emergenza rifiuti napoletana”.
Questo precedente  è importante.
L’ASIA gestisce con l’Ecodeco, (responsabile del progetto e della messa in opera) la discarica ex Sari.
Del Giudice ha sempre sostenuto che tale obbrobrio in un’area con tali caratteristiche ambientali “non s’aveva mai da fare” e che per giunta tale gestione approssimata non garantiva un’adeguata messa in sicurezza del territorio e delle sue fragilità (biodiversità e falde acquifere nello specifico). Del Giudice è stato tra i tecnici di fiducia della Rete dei Comitati, con  Orilio e Cirillo, a ispezionare la discarica fin dall’ottobre 2010.
Oggi ASIA e S.A.P.NA, che gestisce i flussi ,sono responsabili in primis delle criticità e dei danni che la discarica produce.
Ecco perchè come Rete abbiamo chiesto un’incontro urgente con il Consiglio di Amministrazione di ASIA e appena Del Giudice assumerà i poteri della Presidenza lo solleciteremo, in nome della riconosciuta coerenza, ad attivarsi da subito per l’immediata chiusura e la messa in sicurezza della SARI.
L’altro fatto significativo è la nomina del nuovo Direttore dell’Ente Parco nazionale del Vesuvio nella persona del dr. Rino Esposito, storico ambientalista nazionale della Lipu.
Con lui abbiamo concordato su una serie di iniziative tutte tese al controllo del territorio e a contrapporsi e combattere senza se e senza, con i poteri che la legge conferisce all’Ente Parco, per la salvaguardia dell’ecosistema e per dare seguito all’ordinanza del Presidente del Parco n. 01/R/10 del 23/12/2010, che intima l’immediato ripristino dei luoghi devastati dell’area Pozzelle e la messa in sicurezza della Sari e delle altre discariche abbandonate all’interno dell’area Parco.
Infine il terzo e ultimo fatto davvero molto inquietante e che merita un articolato approfondimento per le ovvie conseguenze giudiziarie.
In data 5 dicembre siamo venuti in possesso di un documento datato 13 ottobre 2011 , che abbiamo pubblicato on line la sera stessa e l’abbiamo portato a conoscenza della stampa.
Il documento a firma della Commissione regionale tecnica-istruttoria su indicazione della S.A.P.NA rilevava che alla data del 12 ottobre 2011 appunto, il volume dei conferimenti allogati in cava Sari aveva raggiunto i 972 mila t. e pertanto chiedeva l’autorizzazione a conferire ancora 34mila t. di rifiuti e 12 mila t. di copertura per completare l’opera di sversamento constatato che agli attuali ritmi di conferimento e di manutenzione il cumulo dei rifiuti, per la compressione e la conseguente aspirazione del percolato, si compatta di circa mezzo metro al mese.
Autorizzazione ( definita Ottimizzazione gestionale) che la Commissione di cui sopra concede arbitrariamente sopravanzando l’Autorizzazione Integrata Ambientale ritenuta non necessaria e intimando che alla fine di tali conferimenti si provveda a coprire la discarica e ad attuarne un monitoraggio costante.
Per la verità a giugno quando avevamo visionato le tabelle dei flussi di conferimento avevamo compreso che entro ottobre la discarica avrebbe raggiunto quanto stabilito dal DL 90/08, ma il documento del 13 ottobre attesta che i conferimenti hanno superato di oltre un terzo il limite autorizzato dalla Legge e  da tutte le valutazioni tecniche, geologiche e ambientali ad essa allegate e di cui qualunque ipotesi di variazione è sottoposta all’obbligo della Conferenza dei servizi per l’AIA.
Da quanto riportato dal documento da noi reso pubblico si evince macroscopicamente il pateracchio messo in essere dai gestori e da coloro che dovevano essere i controllori della discarica SARI.
Prima di esplicitare le ovvie conclusioni a tale arbitrio gestionale, corre d’uopo rimarcare un  dubbio : che chi era in possesso del documento si è ben guardato dal renderlo pubblico, come le normative italiane ed europee prescrivono, affinché i cittadini siano informati e consapevoli degli interventi che vengono effettuati sull’ambiente.
Oltre alla mancanza di una corretta informazione, si ha l’impressione che si vuole sempre che siano altri a farsi carico delle azioni ed ad assumersi la responsabilità degli atti.
Inoltre, dal 13 ottobre sono scaduti i 60 gg. per opporsi al Tar, a meno che uno degli Enti in indirizzo, come ad es.il Comune di Terzigno, vedi dichiarazioni alla stampa, dimostri che quanto dichiarato dal Settore Provinciale Ambiente della Giunta regionale della Campania risulti non veritiero e pertanto proceda per via legale ipotizzando il Falso in atto pubblico.
Le ovvie conclusioni a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza non possono che essere quelle di denunciare alle varie Procure competenti territorialmente il Disastro ambientale doloso, in quanto una legge dello Stato prevedeva un massimo di conferimento che alla data di cui sopra  era illegalmente superato del 30% .
Da ciò riteniamo che le maggiori responsabilità siano da ascrivere all’omesso controllo, all’Arpa Campania che per sua funzione è istituzionalmente incaricata di sovraintendere alla protezione e ai controlli   ambientali.
Non solo era presente in discarica un giorno sì e l’altro pure, non solo non ha provveduto a denunciare l’illecito conferimento di quantitativi di monnezza oltre quello stabilito per legge ma ha anche sottoscritto di proprio pugno l’ulteriore “autorizzazione “ a conferire rifiuti tal quale in cava Sari oltre ogni norma legislativa.
E poiché “il personale ARPA che ricopre le funzioni di polizia giudiziaria ambientale o quelle di pubblico ufficiale, ai sensi dell'art.40 comma II del C.P. , qualora non denuncia un reato di cui viene a conoscenza o non ne impedisce la sua prosecuzione concorre con gli autori primari del reato stesso” chiederemo al magistrato di fare piena luce sull’omessa protezione da parte dell’ArpaC nel caso specifico.
E non solo.
In riferimento al protocollo di tutela concordato ad ottobre 2010 per il monitoraggio dei danni alle matrici ambientali prodotti dalla discarica attuale e precedenti e seppur “pianificati con l’ArpaC a tutt’oggi non risultano essere stati per nulla realizzati”, come chiaramente riportato dalla Relazione tecnica del dott. Moscariello Michele del 10/11/11.
Su tale ipotesi come sempre abbiamo attivato le Associazioni ambientaliste storiche ed in particolare Legambiente con i propri uffici legali e chiediamo con forza il sostegno dell’Ente Parco nazionale del Vesuvio il cui compito primario è quello di tutelare e proteggere la biodiversità del Parco minacciata da tante, troppe oramai violazioni di leggi e norme, tali da mettere volontariamente in serio pericolo il delicato ecosistema dell’area vesuviana e la salute dei suoi abitanti presenti e futuri.
Pubblicato da: Vesuvionline.ilCannocchiale.it
 Rete dei Comitati vesuviani

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