venerdì 20 aprile 2012

GORI: Vittoria della Federconsumatori – annullato l'aumento delle tariffe.

Da Federconsumatori riceviamo e pubblichiamo

Il TAR Campania – Napoli ha accolto il ricorso della sottscritta associazione Federcosumatori Campania. “I giudici hanno correttamente rilevato – afferma Rosario Stornaiuolo, presidente della Federconsumatori Campania – che l'aumento tariffario era dettato dalla sola necessità di evitare ulteriori perdite alla GORI s.p.a., senza alcun controllo sull'efficienza e sulla efficacia della gestione i cui disservizi si volevano far ricadere sui cittadini. Ringraziamo i comitati civici per l'acqua pubblica e il comune di Visciano che hanno contribuito alla straordinaria vittoria giudiziale. Siamo molto soddisfatti dell'ottimo lavoro svolto dal nostro ufficio legale rappresentato da Giuseppe Grauso e Francesco Miani. Ci rendiamo disponibili e restiamo al fianco dei movimenti sulla strada che porta alla ripubblicizzazione del servizio idrico a partire dalla presenza all'assemblea del 26 aprile a Nola, al fine di denunciare i disservizi della gestione e procedere verso l'attuazione della volontà referendaria”.

Il Presidente Federconsumatori Campania
Rosario Stornaiuolo


Ecco la sentenza


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA N° 1809/2012
sul ricorso numero di registro generale 5580 del 2011, proposto da:
Associazione Federconsumatori Campania-Federazione Regionale di Consumatori e Utenti,
Comune di Visciano in Persona del Sindaco P.T., Domiziano Graziani, Giuseppe Pasquale
Caccavale, Angelo Mirante, Domenico De Falco, Ilaria Padulano, Angelo Fontana, Restituita De
Lucia, Preziosa Pierno, Francesco Casoria, Antonino Centanni, Liberato Tufano, Antonio
Caccavale, Onofrio Petillo, Ida Dello Ioio, Roberto Dei, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco
Miani, con domicilio eletto in Napoli, via Toledo, n. 116;
contro
Ente D'Ambito Sarnese-Vesuviano, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Corrado, con domicilio
eletto in Napoli, viale A. Gramsci, n. 19;
nei confronti di
Gori S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Lipani, Mario Percuoco, Carlo Mirabile,
con domicilio eletto presso il primo in Napoli, via Ponte di Tappia, n. 47;
per l'annullamento
- della delibera dell’Assemblea dell’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano n. 5 del 2 agosto 2011 nella
parte in cui ha approvato un aumento delle tariffe del S.I.I.;
- ove occorra, della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito Sarnese-
Vesuviano n. 34 del 28 dicembre 2010:
- ove occorra, della relazione a firma del dirigente della Pianificazione dell’Ente d’Ambito Sarnese-
Vesuviano del 28 dicembre 2010;
- di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ente D'Ambito Sarnese-Vesuviano e di Gori s.p.a.;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2012 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti
i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti, nella rispettiva qualità di utenti del servizio idrico integrato (hic inde S.I.I.) e di
rappresentanti dei Comitati per l’acqua pubblica, unitamente all’Associazione dei consumatori -
Federazione regionale ed al Comune di Visciano, rientrante nel piano d’ambito Sarnese-Vesuviano,
contestano gli atti di determinazione del costo per la gestione dei S.I.I. da parte della GORI e la
conseguente determinazione della tariffa da parte dell’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano relativa
all’anno 2011.
Chiedono l’annullamento degli atti epigrafati per violazione a falsa applicazione di legge (d.lgs. n.
152 del 2006, l. n. 36 del 1994, d.m. 1.8.1996), violazione della convenzione di gestione, difetto di
istruttoria e motivazione alla base della determinazione tariffaria e, nel dettaglio, contestano
l’inserimento nei costi di gestione delle spese dell’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano e dei
disavanzi evocati dalla GORI, i quali non sarebbero certificati, nonché delle voci di costo relative
alla svalutazione dei crediti ed alla remunerazione del capitale investito, non documentate.
In ogni caso censurano l’illegittima retroattività dell’imposizione tariffaria, nonché l’eccesso di
potere per ingiustizia manifesta e sviamento di potere.
Resistono in giudizio l’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano e la GORI, che eccepiscono
l'inammissibilità del ricorso e concludono per la sua infondatezza nel merito. All’udienza del 4
aprile 2012 la causa è trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. In una corretta declinazione delle questioni rilevanti ai fini del decidere, va preliminarmente
scrutinata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva in capo
all’amministrazione comunale ed alla Associazione Federconsumatori Campania.
1.1. L’eccezione non merita apprezzamento.
Nel processo amministrativo, la legittimazione ad impugnare un atto amministrativo deve essere di
norma direttamente correlata ad una situazione giuridica sostanziale che sia lesa dal provvedimento
e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto, non essendo
ammessa un'azione popolare, ossia un'azione volta ad ottenere un mero controllo oggettivo della
legittimità dell'atto amministrativo da parte del giudice, che sarebbe in contrasto con il carattere di
giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa, ed anche costituzionale, hanno attribuito al
vigente sistema di giustizia amministrativa (cfr. Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2546).
1.2. Quanto alla posizione del Comune, va rimarcato in primis che l’amministrazione comunale
ricorrente fa parte dell’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano, onde conserva un indubitabile interesse
ad impugnare gli atti di un soggetto della cui organizzazione è parte integrante, in specie
allorquando viene censurato, fra l’altro, il mancato rispetto delle regole di decisione collegiale da
parte dell’Assemblea (IV censura del ricorso), tenuto conto che l’ente ricorrente prospetta una
lesione delle proprie prerogative.
Ed invero il decreto legislativo n. 152 del 2006 (c.d. codice dell’ambiente) regola il servizio idrico
integrato, quale sistema di gestione - secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità - dei
segmenti di servizio riferiti all’adduzione, captazione, distribuzione di acqua ad usi civili, fognatura
e depurazione delle acque reflue (articolo 141).
L’organizzazione di detto servizio pubblico è rimessa alla competenza degli enti locali, che
provvedono, nelle forme di Autorità di Ambito (come oggi previsto dall’articolo 148), a svolgere le
funzioni di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza,
di affidamento del servizio e relativo controllo (articolo 142); lo strumento per la programmazione
del servizio è il Piano d’Ambito, costituito dalla ricognizione delle infrastrutture, dalla ricognizione
degli interventi, dal modello gestionale organizzativo e dal piano economico-finanziario (articolo
149).
Sulla scorta di tali precisazioni è evidente la differenza di fattispecie rispetto all’impugnazione della
tariffa per la gestione dei rifiuti indifferenziati, la quale è affidata a due soggetti con competenze
distinte e separate (Comune da un lato e Provincia dall’altro), onde non è pertinente il richiamo
l’orientamento in quella sede espresso dalla Sezione (sentenza n. 3623 del 2011) ed evocato a
sostegno dell’eccezione di rito.
Ed invero il servizio pubblico di gestione idrica, oltre a riguardare la collettività comunale di cui
l’amministrazione ricorrente è ente esponenziale, è funzione fondamentale degli enti locali (Corte
Costituzionale - sentenza 20 novembre 2009 n. 307), esercitata nella forma associata dell’Ente
d’Ambito.
Ne consegue che un interesse legittimante l’azione giurisdizionale può senz’altro ravvisarsi nel fatto
che gli atti in vertenza incidono nella organizzazione, negli obiettivi e nelle competenze dell’Ente
d’Ambito, di cui i Comuni ricorrenti sono soci, nonché nella organizzazione e nella gestione del
servizio idrico integrato che si avvale di strutture di proprietà comunale (opere idrauliche, reti di
adduzione, distribuzione e raccolta delle acque potabili e reflue) e che riguarda le collettività
comunali.
Pertanto non può escludersi la titolarità, in capo al Comune, quale ente locale e non quale ente
esponenziale della comunità di riferimento, di una posizione differenziata e qualificata nei confronti
delle determinazioni prese dall’Ente d’Ambito, onde deve intendersi titolato all'impugnazione dei
relativi provvedimenti (Consiglio Stato, sez. IV, 24 marzo 2004, n. 1559).
1.3. Quanto invece alla posizione di Federconsumatori Campania va premesso che non è contestato
in giudizio che l’associazione, ai sensi dell’articolo 3 dello Statuto, rappresenti nella Regione
Campania a tutti gli effetti l’Associazione nazionale Federconsumatori, di cui costituisce, sia pure
con caratteri di autonomia, articolazione territoriale.
A sua volta Federconsumatori è iscritta nell'elenco delle Associazioni dei consumatori e degli utenti
rappresentative a livello nazionale di cui all'art. 137 del decreto legislativo n. 206 del 2005 (Codice
del Consumo) e successive modificazioni, e per Statuto ha quale finalità quella di tutelare con ogni
mezzo legittimo, ivi compreso il ricorso allo strumento giudiziario, i diritti e gli interessi dei
consumatori ed utenti anche nei confronti dei soggetti pubblici e privati, produttori e/o erogatori di
beni e servizi.
Lo stesso Codice del Consumo, all'art. 2, elenca espressamente i diritti riconosciuti come
fondamentali ai consumatori e agli utenti, quali: "a) alla tutela della salute; b) alla sicurezza e alla
qualità dei prodotti e dei servizi; c) ad una adeguata informazione a ad una corretta pubblicità; d)
all'educazione al consumo; e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
j) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i
consumatori e gli utenti; g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di
efficienza". Quale Associazione inserita nell'elenco di cui all'art. 137 del Codice del Consumo, essa
è inoltre legittimata, nei casi previsti, "ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e
degli utenti richiedendo al Tribunale: a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei
consumatori e degli utenti; b) di adottare misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi
delle violazioni accertate...".
Ciò posto vale rilevare che l’incidenza meramente locale degli atti impugnati consente di ritenere
sussistente la legittimazione ad agire in capo alla costola campana dell’associazione
Federconsumatori.
Né vale evocare in proposito la decisione resa in adunanza plenaria dal Consiglio di Stato (n. 2 del
2007), la quale ha escluso la legittimazione di una articolazione locale della associazione nazionale
Federconsumatori, la quale soltanto risulta iscritta all'albo, poiché in quel caso veniva in rilievo
l’impugnazione di un atto avente portata generale sull’intero territorio nazionale.
Non merita parimenti apprezzamento il rilievo relativo al potenziale conflitto di interessi per gli
utenti, basato sulla circostanza che la delibera impugnata se da un lato aumento le tariffe, dall’altro
introduce una fascia di esenzione più ampia (fissata in precedenza alla soglia di 6.000 euro e
aumentata alla nuova e più favorevole soglia di 7.000 euro).
In disparte la circostanza che il vantaggio appare del tutto marginale in relazione al complessivo
riordino della tariffazione idrica, vale appena osservare che tale specifica misura di favore non è
oggetto di censura nel presente ricorso, onde non è rinvenibile il denunziato conflitto di posizioni,
all’interno della medesima impugnazione, idoneo a sorreggere la eccezione di inammissibilità per
conflitto di interessi.
1.4. Analoghe e ancora più stringenti considerazioni valgono per i Comitati, che rappresentano e
tutelano gli utenti del servizio pubblico idrico e che perseguono quale scopo statutario quello di
tutelare i diritti e gli interessi degli associati e dei cittadini nei confronti delle Pubbliche
Amministrazioni che gestiscono servizi pubblici, e comunque, osserva il Collegio, la questione
della legittimazione delle Associazioni ricorrenti non appare dirimente per l'esame della
controversia nel merito, considerata la indubitabile legittimazione dei privati che agiscono quali
singoli utenti, in forza delle utenze indicate, del servizio idrico limitato dalle ordinanze impugnate.
2. Accertata l'ammissibilità del ricorso e delle sue censure e domande e la legittimazione attiva dei
suoi diversi attori, il Collegio deve procedere all'esame del merito delle complesse questioni dedotte
ordinandole, per chiarezza di esame ed esposizione, in ordine logico secondo le diverse domande
proposte.
2.1. Al fine di meglio illustrare il contesto normativo in cui si inserisce la delibera impugnata, vale
ribadire che, in materia, la disciplina è contenuta nel citato decreto legislativo n. 152 del 2006
(codice dell’ambiente), il cui articolo 142, comma 3, nel ripartire, in via generale, le competenze fra
Stato, Regioni ed Enti locali in materia di difesa del suolo, tutela delle acque e gestione delle risorse
idriche, stabilisce che "gli enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui all'art. 148, comma 1,
svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di
gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e
relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto".
L'art. 149, comma 1, ribadisce che "l'Autorità d'ambito provvede alla predisposizione e/o
aggiornamento del piano d'ambito" essendo ricompresa in tale funzione "la previsione annuale dei
proventi della tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento".
Ne scaturisce la chiara attribuzione, in via esclusiva, all'Autorità d'ambito dell'organizzazione del
servizio idrico integrato, ivi compresa la determinazione della tariffa che costituisce, a un tempo,
onere per l'utenza e provento per il gestore del servizio, fatta salva la competenza dello Stato per
l'individuazione del cd. metodo normalizzato di cui al d.m. 1 agosto 1996.
2.2. Per quanto concerne in particolare il potere tariffario, la Corte costituzionale (vedi ad esempio
la sentenza n. 246 del 2009) ha più volte chiarito che la disciplina della tariffa del servizio idrico
integrato contenuta nell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 è ascrivibile, «in prevalenza, alla tutela
dell’ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello
Stato».
Attraverso la determinazione della tariffa nell’ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha
fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell’ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di
garantire la tutela e l’uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la
vivibilità dell’ambiente e «le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro
patrimonio ambientale» e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e
uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico) dello stesso
decreto legislativo.
La finalità della tutela dell’ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle
tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare, perché tra tali costi sono espressamente
inclusi quelli ambientali, da recuperare «anche secondo il principio "chi inquina paga"» (art. 154,
comma 2).
I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo, perché, nella determinazione della
tariffa, si persegue anche il fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di
assicurare all’utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e); fine
che è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154,
comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (punto
17.4. del Considerato in diritto della richiamata sentenza).
Per contro, come risulta dalla lettura dell'art. 161 del codice dell'ambiente, la Commissione
nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (hic inde CONVIRI) è titolare, attraverso la
possibilità di esprimere osservazioni, rilievi e prescrizioni, di un potere d'impulso e di indirizzo. In
particolare, la competenza di tale organo in materia tariffaria viene dalla legge limitata alla
determinazione del metodo tariffario dovendo, peraltro, le deliberazioni assunte in proposito essere
sottoposte alla decisione del Ministro e trasfuse in un decreto ministeriale, adottato previa
consultazione della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome.
Per completezza vale ancora evidenziare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 335 del
2008 ha dichiarato l'illegittimità degli articoli 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994 e 155,
comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte in cui prevedono che la quota di tariffa
del servizio idrico integrato riferita al servizio di depurazione sia dovuta dagli utenti anche nel caso
di mancanza o temporanea inattività dei relativi impianti.
Il presupposto della pronuncia è rappresentato dalla configurazione della tariffa del servizio idrico
integrato, in tutte le sue componenti, alla stregua del corrispettivo di una prestazione commerciale
complessa avente la sua fonte nel contratto individuale di utenza (cfr. Tar Toscana, sent. n. 4892 del
2010): nell'ottica del giudice delle leggi l'imposizione, quanto al servizio di depurazione, di un
obbligo di pagamento anche in mancanza della relativa prestazione, contrasta con la chiara natura
sinallagmatica del rapporto fra gestore del servizio ed utente come delineato dal sistema della legge
n. 36 del 1994 ed, ora, del decreto legislativo n. 152 del 2006, incorrendo nel vizio di
irragionevolezza. Nella medesima prospettiva, la Corte ha altresì escluso che il rapporto di
corrispettività fra la quota ed il servizio di depurazione sia comunque recuperabile attraverso la
disposizione che prevede la destinazione delle somme versate dagli utenti non serviti da depuratori
in un fondo vincolato all'attuazione del piano d'ambito, quest'ultima non potendo essere qualificata,
in senso tecnico, come controprestazione contrattuale del pagamento della quota di tariffa riferita al
servizio di depurazione.
2.3. Così delineata la cornice normativa e giurisprudenziale di riferimento, nello specifico territorio
gestito dall’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano, la pianificazione tariffaria si basa sul Piano
d’Ambito, approvato dall’Assemblea dei Sindaci n. 5 del 31 luglio 2000, e dalla correlata
convenzione con la società GORI s.p.a. del 30 settembre 2002.
Con deliberazione n. 9 del 19 luglio 2009, al fine di ripianare gli scostamenti delle previsioni del
piano finanziario e gestionale dai dati inseriti nella programmazione, l’Assemblea dell’Ente
d’Ambito Sarnese-Vesuviano ha disposto l’avvio delle procedure per la revisione straordinaria del
Piano d’Ambito, con contestuale riduzione dei bacini di utenza ed approvazione di un nuovo
regolamento per le agevolazione delle utenze deboli.
Nonostante la mancata conclusione del procedimento di revisione, nel frattempo, sulla scorta delle
indicazioni provenienti da tale delibera, l’Assemblea, con successiva delibera n. 8 del 21 luglio
2010, ha aggiornato la tariffa idrica, adeguandola al tasso di inflazione per l’anno 2010.
Su sollecitazione della GORI, l’organo assembleare dell’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano ha poi
proceduto ad una rideterminazione dell’articolazione tariffaria valevole per l’anno 2011, al fine di
assicurare l’equilibrio economico-finanziario della gestione già programmata, mediante la delibera
n. 5 del 2011, in questa sede impugnata, la quale ha previsto una tariffa base media pari ad euro
1,2237 (euro 1,3210 per il bacino A ed euro 1,1719 per il bacino B), salvo conguaglio all’esito
dell’approvazione del nuovo piano d’ambito.
3. Ciò premesso, vale in primo luogo scrutinare la censura concernente la forma di approvazione
delle delibera assembleare di aumento della tariffa, licenziata con il voto della maggioranza
semplice dei componenti l’organo collegiale presenti alla votazione, pari al 46,62% delle quote
dell’organo.
I ricorrenti invocano, a sostegno della doglianza, l’articolo 11 dello Statuto dell’Ente d’Ambito
Sarnese-Vesuviano, il quale, fra l’altro, prevede una maggioranza qualificata (i 2/3 in prima
convocazione e la maggioranza assoluta in seconda convocazione) per le deliberazioni di cui alla
lettera i) dell’articolo 9), vale a dire la “determinazione della tariffa del servizio idrico integrato,
tenuto conto di quanto stabilito dall’art. 13 della legge 36/94”.
Secondo la difesa dell’Ente d’Ambito la prescrizione si attaglierebbe esclusivamente alla fissazione
dalla tariffa in sede di piano d’ambito ovvero a seguito della sua rideterminazione per effetto della
revisione del detto piano.
In sostanza la tesi difensiva asserisce che la determinazione della Tariffa reale media (Trm), definita
dagli articoli 1 e 4 del d.M. LL.PP. 1 agosto 1996 (secondo il cd. metodo normalizzato), essendo
imprescindibilmente collegata al piano economico-finanziario del Piano d’ambito, va fissata con la
maggioranza qualificata.
Invece lo sviluppo tariffario di piano e la conseguente determinazione della tariffa base (Tb), da
applicare all’utenza in relazione a ciascun esercizio finanziario e tenendo conto dei volumi venduti,
dovrebbero seguire la regola generale e residuale della maggioranza semplice.
Pur condividendosi le premesse da cui si sviluppa il ragionamento esposto, il Collegio ritiene che la
chiara differenziazione fra Tariffa reale media e Tariffa base non abbia riflessi in ordine alla verifica
della maggioranza necessaria per l’approvazione degli atti dell’Assemblea dell’Ente d’ambito.
Ed invero il citato articolo 13 della legge n. 36 del 1994, peraltro sostituito dall’articolo 154 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 senza sostanziali modifiche sul punto, disciplina la
determinazione della tariffa per il S.I.I., ricomprendendo sia la determinazione della tariffa di
riferimento, sia la modulazione e l’articolazione delle tariffe da applicare all’utenza.
Pertanto, ribadito che la determinazione tariffaria (tanto in sede di pianificazione, quanto in sede di
sviluppo annuale) costituisce una funzione fondamentale dell’Ente d’ambito ai sensi dell’articolo
142, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, la previsione statutaria (articolo 11, comma
5) che impone la maggioranza qualificata in relazione alle deliberazioni principali deve trovare
piana applicazione anche nell’ipotesi di determinazione dell’adeguamento tariffario annuale.
Corrobora tale conclusione il rilievo secondo cui l’approvazione del piano economico-finanziario
del Piano d’Ambito ed il suo aggiornamento (attraverso cui è fissata la Tariffa reale media) sono
autonomamente menzionati dall’articolo 9 fra le funzioni dell’Assemblea e ricomprese, dal
successivo articolo 11, lett. e) ed h), fra gli atti soggetti a maggioranza qualificata.
Ridurre la diversa ed autonoma previsione di cui alla lettera i) dell’articolo 11 (“determinazione
della tariffa del servizio idrico integrato”) all’ipotesi della fissazione della tariffa reale media ne
svuoterebbe irragionevolmente il contenuto precettivo.
Pertanto, tenuto conto che la delibera gravata è stata approvata, in seconda convocazione, da 26
Comuni che rappresentano il 46,62% dell’Assemblea, la censura si palesa fondata e comporta
l’accoglimento del ricorso, con assorbimento delle restanti censure.
4. Tuttavia ritiene il Collegio che l’importanza della materia e la delicatezza delle questioni
suggeriscano, ai fini di orientamento della successiva azione amministrativa, le seguenti ed ulteriori
considerazioni.
4.1. La delibera n. 5 del 2011 gravata è stata approvata nella seduta del 2 agosto 2011 ed ha
determinato l’adeguamento tariffario per l’anno 2011, già in corso.
Nell'ambito dell'azione amministrativa vige la regola generale dell'irretroattività, espressione del
principio di legalità e dell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, la quale impedisce
all'amministrazione di incidere unilateralmente e con effetto ex ante sulle situazioni soggettive del
privato ed, a maggior ragione, opera in presenza di provvedimenti con valenza regolamentare, quali
sono gli atti di determinazione delle tariffe dovute per i servizi locali (cfr. Tar Toscana, n. 4892 del
2010).
Il principio di irretroattività discende, infatti, in linea generale dall'art. 11 delle preleggi, ed è
derogabile unicamente per effetto di una disposizione di legge pari ordinata, ma non anche in sede
di esercizio del potere regolamentare che è fonte normativa gerarchicamente subordinata, con la
conseguenza che solo in presenza di una norma di legge che a ciò abiliti gli atti e regolamenti
amministrativi possono avere efficacia retroattiva (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 settembre
2008, n. 4301, e, sulla natura regolamentare dei provvedimenti di determinazione delle tariffe,
anche id., 6 aprile 2010, n. 1918).
Più in dettaglio, il divieto di irretroattività delle tariffe dei servizi pubblici locali è espressamente
sancito dall’articolo 54, comma 1 bis, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, introdotto
dall'articolo 54, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Tuttavia nel caso di specie l’imposizione in corso di esercizio finanziario è consentita da una
speciale previsione normativa (articolo 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006), la quale,
riprendendo una previsione introdotta dall’articolo 53 del Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446, allinea il termine ultimo utile alla data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio
di previsione. Ed invero ove le deliberazioni concernenti le determinazione tariffarie sono approvate
successivamente all'inizio dell'esercizio ma entro il termine innanzi indicato, “hanno effetto dal 1º
gennaio dell'anno di riferimento”.
Alle Autorità d'ambito devono ritenersi applicabili le norme comuni in materia d'ordinamento degli
enti locali, ex d. lgs. 267/00, incluso quanto stabilito dall'art. 151, I comma, per cui essi deliberano
entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo. Termine che, secondo la stessa
disposizione può essere differito con decreto ministeriale: e, in effetti, per il 2011 tale termine è
stato posposto al 31 agosto (d.m. 30 giugno 2011), con conseguente tempestività della fissazione
degli aumenti tariffari per l’anno 2011.
4.2. In ordine alle restanti censure, pur senza indugiare sulle singole doglianze specifiche sulla
strutturazione tariffaria, è utile ricordare che la giurisprudenza ha reiteratamente affermato la
necessità di motivare adeguatamente la deliberazione relativa alle tariffe, mediante la puntuale
indicazione delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe nonché dei dati e le circostanze che hanno
determinato l'aumento per la copertura minima di copertura del costo, non risultando sufficiente il
mero richiamo ad "equilibri di bilancio", non corroborato dalla individuazione delle ragioni che
hanno rispettivamente determinato un aumento del costo del servizio (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I,
17 dicembre 2009, n. 2017). Viceversa, la determinazione dell'aumento generalizzato della tariffa è
adeguatamente motivata dall'esigenza di perseguire la copertura del servizio in questione (cfr. Tar
Napoli, I, 16 dicembre 2010 n. 27520 e C.d.S., sez. V, 21/11/2003, n. 7515).
Nel caso di specie l’Ente d’Ambito, pur a fronte della necessità di assicurare la copertura totale
della spesa, non ha indicato le ragioni contabili per cui, sia pure in assenza di dati certi in ordine alla
spesa e alle entrate, ha ritenuto di poter stabilire in una determinata entità l’importo dell’aumento.
Ed invero la relazione allegata alla proposta di aumento formulata dal Consiglio di
Amministrazione (poi recepita dall’Assemblea con la gravata delibera n. 5 del 2011) riconosce la
mancata produzione da parte del gestore (GORI s.p.a.) della documentazione a supporto del
disavanzo del bilancio (ricavi di esercizio e costi di gestione) e della rendicontazione analitica delle
quote di capitale investito.
L’aumento viene dunque giustificato da un lato sulla scorta della proiezione dei disavanzi della
annualità pregresse (al precipuo fine di evitare l’accumulo dei mancati ricavi necessari all’equilibrio
di bilancio) e, dall’altro, come misura provvisoria di graduale allineamento rispetto ai nuovi valori
previsti nell’ambito del procedimento (tutt’ora in corso) di revisione straordinaria del Piano
d’ambito.
È pertanto evidente che, al di là della dubbia legittimità dell’inserimento di singole voci (quale il
costo di gestione della struttura e la remunerazione del capitale investito), il quadro motivazionale a
supporto dell’adeguamento tariffario, costituendo il frutto di una istruttoria sommaria e
incongruente, non appare soddisfacente, anche in prospettiva di un eventuale riesercizio del potere
di determinazione tariffaria.
5. In virtù delle considerazioni esposte, il ricorso va accolto nei sensi esposti. Il Collegio stima equo
disporre l'integrale compensazione delle spese di giudizio, attesa la novità e delicatezza della
questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti
impugnati. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2012 con l'intervento dei
magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Michele Buonauro, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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