giovedì 4 marzo 2010

Dal Corriere del Mezzogiorno -L'Italia condannata dalla Ue per l'emergenza rifiuti in Campania

Non ha adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento mettendo in pericolo salute e ambiente


NAPOLI - L'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. Tale situazione ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all'ambiente. Lo ha sentenziato oggi la Corte di Giustizia UE sottolineando che per questo l'Italia e' venuta meno agli obblighi previsti dalla Direttiva Rifiuti. La normativa europea in materia ha l'obiettivo di proteggere la salute umana e l'ambiente e stabilisce che gli Stati membri «hanno il compito di assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti, nonché di limitare la loro produzione promuovendo, in particolare, tecnologie pulite e prodotti riciclabili e riutilizzabili. Essi devono in tal modo creare una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che consenta all'Unione nel suo insieme e ai singoli Stati membri di garantire lo smaltimento dei rifiuti». La conseguenza immediata è il congelamento di 500 milioni di euro di Bruxelles.

NON SONO BASTATI GLI AIUTI ESTERNI - Se uno Stato membro, come nel caso di specie l'Italia, rileva la Corte, ha scelto di organizzarela copertura del suo territorio su base regionale, ogni regione deve allora assicurare il recupero e lo smaltimento dei suoi rifiuti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti sulla base del criterio di prossimità. Nella regione Campania, «i quantitativi ingenti di rifiuti ammassati nelle strade, nonostante l'assistenza di altre regioni italiane e delle autorità tedesche, dimostrano un deficit strutturale di impianti, cui non e' stato possibile rimediare. L'Italia ha peraltro ammesso che, alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, gli impianti esistenti e in funzione nella regione erano ben lontani dal soddisfare le sue esigenze reali».

L'ALIBI DELLA CAMORRA NON BASTA - Inoltre, secondo i giudici, «né l'opposizione della popolazione, né gli inadempimenti contrattuali e neppure l'esistenza di attività criminali costituiscono casi di forza maggiore che possono giustificare la violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva e la mancata realizzazione effettiva e nei tempi previsti degli impianti». Per questo la Corte conclude che l'Italia, «non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di recuperoe di smaltimento dei rifiuti nelle vicinanze del luogo di produzione e non avendo adottato tutte le misure necessarie per evitare di mettere in pericolo la salute umana e di danneggiare l'ambiente nella regione Campania, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva Rifiuti».

LE ACCUSE UE - La Commissione aveva accusato l'Italia di non aver creato una rete integrata ed adeguata di impianti per garantire l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti sulla base del «criterio della prossimità geografica». Nel corso della causa l'Italia ha affermato che la gestione dei rifiuti in Campania non ha avuto conseguenze pregiudizievoli per l'ambiente e per la salute umana . La Corte rileva che, se è vero che la direttiva fissa obiettivi di protezione dell'ambiente e di tutela della salute umana, essa non specifica il contenuto concreto delle misure che devono essere adottate e lascia agli Stati membri un certo potere discrezionale. Tale potere «ha una funzione preventiva nel senso che gli Stati membri non devono esporre la salute umana a pericolo nel corso di operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti». D'altra parte l'Italia non ha contestato la circostanza che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, 55 000 tonnellate di rifiuti riempivano le strade, che vi erano fra le 110 000 e le 120 000 tonnellate di rifiuti in attesa di trattamento presso i siti comunali di stoccaggio e che le popolazioni esasperate avevano provocato incendi nei cumuli di spazzatura. In tali circostanze i rifiuti hanno provocato inconvenienti da odori ed hanno danneggiato il paesaggio, rappresentando così un pericolo per l'ambiente. D'altra parte, l'Italia stessa ha ammesso la pericolosità della situazione per la salute umana, esposta ad un rischio certo. Dopo la sentenza della Corte, la Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie.

PROTEZIONE CIVILE - I fatti per cui l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea sono successivi alla nomina di Guido Bertolaso a sottosegretario all’emergenza rifiuti in Campania. Lo precisa il Dipartimento della Protezione civile. I fatti contestati, si fa rilevare, sono riferiti al 2007 e quindi in un periodo precedente alla nomina di Bertolaso che è avvenuta nel 2008.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

POVERI NOI

Anonimo ha detto...

complimenti alla corte europea.Speriamo che dopo il congelamento giunge l'abolizione.Cosi evitiamo altre indagini,avvisi di garanzia,arresti, ecc...