Ecco come mai chi governa non capisce che le spiagge della Campania sono una risorsa ambientale autoctona di grande importanza socio-economica
Napoli- (del prof. Franco Ortolani) I mass media di ieri 28 gennaio hanno diffuso la notizia dei provvedimenti giudiziari eseguiti a carico di 38 persone (di cui 14 arrestati) per non avere impedito lo sversamento di percolato in mare e per associazione per delinquere e reati ambientali. I nomi sono già noti anche per altre inchieste relative a irregolarità commesse durante la gestione dello scandalo rifiuti in Campania come Marta Di Gennaro, ex vice di Guido Bertolaso alla Protezione Civile e il prefetto Corrado Catenacci, ex commissario straordinario all’emergenza rifiuti della Regione Campania. Tra gli interessati vi sono amministratori e alti funzionari regionali. Il 4 agosto 2010 diffusi una mia nota dall’ingenuo titolo “Come mai chi governa non capisce che le spiagge della Campania sono una risorsa ambientale autoctona di grande importanza socio-economica?” Mi pareva strano che gli amministratori della Campania (che si sono succeduti e appartenenti a diverse coalizioni partitiche) non comprendessero che la nostra regione gode di un bene ambientale di inestimabile valore: le spiagge! Ricordavo che nella moderna società un metro quadrato di spiaggia bagnata da acqua pulita può indurre un fatturato annuo variabile da circa 200 euro a circa 2000 euro. Le coste della Campania, in totale, sono lunghe 512,440 km di cui circa 170 km sono rappresentati da spiagge. Valutando che in ogni chilometro di spiaggia, mediamente, vi sono circa 20.000 metri quadrati utilizzabili, il fatturato potenziale annuo per chilometro può variare da un minimo di 4.000.000 di euro ad un massimo di circa 40.000.000 di euro. Il fatturato potenziale dei 170 km di spiagge campane, pertanto, potrebbe variare da circa 680 milioni di euro a circa 6800 milioni di euro. Valutando, per cautela, che in ogni chilometro di spiaggia vi sia una fascia ampia solo 10 metri balneabile, le cifre del fatturato potenziale dei 170 km di spiagge si riducono alla metà: da un minimo di circa 340 milioni di euro a un massimo di circa 3400 milioni di euro. Sempre per prudenza, valutando che il fatturato medio annuo per metro quadrato di spiaggia sia la metà dei valori minimi e massimi sopra descritti, le cifre del fatturato annuo potenziale per i 170 chilometri di spiaggia si riducono a circa 170 milioni di euro come minimo e a circa 1700 milioni di euro come massimo.
Con le acque marine tutte balneabili, con le spiagge adeguatamente attrezzate nel rispetto della eco sostenibilità, la Campania si può attestare su un significativo risultato da perseguire tenacemente da qui a cinque anni: assicurare un fatturato annuo di circa 2 milioni di euro per chilometro di spiaggia. Tale risultato sarebbe progressivamente migliorato ogni anno.
Rendere fruibili tutti i 170 km di spiaggia deve essere un obiettivo obbligato per tutti gli amministratori della Campania. Senza pensarci sopra due volte. Le spiagge sono un patrimonio che la Campania ha gratis, devono essere localmente restaurate, tutelate e rese fruibili assicurando che l’acqua marina non sia inquinata.
Sottolineavo che il dramma ambientale e socio-economico era connesso al fatto che circa 80 km di costa non erano e non sono attualmente balneabili per inquinamento; in particolare l’inquinamento causato da scarichi non depurati rendeva (e rende) non balneabili circa 60 km di spiagge pari a circa il 36% delle spiagge campane. Richiamavo l’attenzione sull’importante problema che la Campania non ha disponibile per inquinamento costiero un tratto di litorale pari a circa l’80% di quello dell’intera Emilia Romagna. Mi permettevo di richiamare gli amministratori eletti dai cittadini della Campania a tenere presente che essi governano il territorio che è di tutti i cittadini e che per loro è un obbligo valorizzare le risorse ambientali locali imposto anche dallo statuto regionale. Non devono chiedere il permesso a nessuno. Devono agire al più presto per favorire l’assetto socio-economico regionale, difendere l’ambiente antropizzato costiero, valorizzare e tutelare i monumenti ambientali costieri. Per pianificare e governare bene il territorio occorrono tre azioni strettamente correlate: 1- la conoscenza degli aspetti fisici, umani, economici del proprio territorio; 2- l’individuazione e la scelta di idonee forme per amministrare correttamente il patrimonio disponibile in modo che sia attuabile un armonico rapporto uomo-ambiente oggi e domani; 3- l’attuazione di idonei interventi sul territorio rispettosi delle prerogative fisiche ed ambientali locali e generali. La corretta applicazione di questi principi si deve necessariamente basare su esperti ed onesti conoscitori del territorio e su onesti funzionari pubblici. Invitavo i nuovi amministratori della Campania ad abbandonare il “perverso e dilagante” modo di governare strettamente improntato a: 1- individuazione e scelta degli “affari” immediatamente realizzabili con il denaro pubblico da parte di gruppi organizzati; 2- messa a punto dell’organizzazione che possa agevolmente consentire il “saccheggio”; 3- attuazione di interventi sicuri e blindati, grazie agli appoggi e al concorso di figure istituzionali, che devono abbandonare il ruolo di funzionari super partes diventando parte integrante del gruppo e garanti della blindatura degli affari, ed, eventualmente, di altri “controllori del territorio non istituzionali” ma molto organizzati. La crisi economica impone di valorizzare le risorse ambientali autoctone che possono avere un ruolo di strategica importanza nell’economia regionale, finora abbandonate a se stesse e in parte al degrado.
Qualche spunto tecnico-scientifico circa le spiagge deve essere delineato.
Finora sono stati attuati alcuni interventi di difesa mal concepiti in quanto basati su vetuste conoscenze geoambientali e improntati ad una sorpassata ed inefficace, nei tempi medio-lunghi, difesa ad oltranza tipo “Linea Maginot” che era già inutile quando fu realizzata. Tali interventi molto costosi e attuati senza una preventiva e seria valutazione dell’impatto ambientale, durante i lavori e ad opere realizzate, hanno provocato seri dissesti al litorale come accaduto a Capitello nel Golfo di Policastro dove è stata danneggiata anche l’unica strada costiera che collega Scario con Sapri.
Nei progetti regionali si continua a proporre un irrealizzabile ripascimento artificiale con sabbia prelevata dai fondali marini che si è rivelato inattuabile (non c’è sabbia sufficiente per tutte le spiagge in erosione) e si identifica come “un intervento di nicchia” non duraturo e molto costoso ma molto buono per spendere soldi pubblici con la scusa dell’emergenza.
I sedimenti per restaurare le spiagge potrebbero essere ricavati dal restauro ambientale delle cave abbandonate in modo da ottenere i classici due piccioni con una fava: il restauro delle cave prima che vengano riempite di immondizia (come le cave di Terzigno) e il recupero di territorio pregiato di grande valenza ambientale e socio-economica. Un idoneo e sostenibile restauro delle spiagge garantirebbe la sicurezza all’ambiente antropizzato e metterebbe a disposizione delle istituzioni pubbliche un nuovo territorio di elevato valore ambientale ed economico; gli interventi potrebbero essere realizzati con un trasparente ed originale rapporto pubblico-privato. Finora gli interventi regionali hanno puntato a potenziare la portualità turistica lasciando nel degrado gran parte delle spiagge; in tal modo si privilegiano i cittadini ricchi che possono ormeggiare le imbarcazioni con le quali raggiungere le acque non inquinate lontano dalla costa. La maggior parte dei cittadini, invece, è costretta ad andare in altri lidi non inquinati fuori regione o a rischiare problemi seri di salute facendo i bagni “fuorilegge” in aree inquinate come il litorale Domitio.
Occorre un piano strategico pluriannuale per il restauro ambientale dei litorali attualmente non balneabili per inquinamento. Per quanto riguarda il litorale domitio si deve garantire che tutti gli scarichi liquidi di tutti i tipi devono essere depurati in modo da rendere balneabile tutto il litorale, coinvolgendo anche il Molise dal momento che parte della Provincia di Isernia immette gli scarichi nel Volturno. Si tenga presente che 1 chilometro di spiaggia balneabile e adeguatamente attrezzata può garantire un fatturato annuo variabile da 2 a 4 milioni di euro. Considerando che attualmente circa 30 chilometri di litorale non sono balneabili, entro 5 anni il restauro ambientale e il disinquinamento potrebbero determinare l’incremento del fatturato della fascia costiera di almeno 60 milioni di euro annui. E’ evidente che il corretto uso di una risorsa autoctona di importanza strategica come le spiagge potrebbe garantire migliaia di nuovi posti di lavoro. L’inchiesta della Magistratura ha evidenziato che parte degli amministratori e dei funzionari che hanno amministrato fino al 2010 avevano altri interessi privati e non si preoccupavano del bene pubblico, della salute dei cittadini e dell’assetto socio-economico. Chiarito l’arcano mistero che lo scrivente ingenuamente non aveva capito, i nuovi amministratori che pensano di fare? Tirare a campare (fino ad una eventuale nuova inchiesta giudiziaria) o valorizzare le risorse naturali e ambientali strategiche per l’assetto socio-economico?
Franco Ortolani, Ordinario di Geologia Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio Università di Napoli Federico II
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