FUKUSHIMA. La Tepco, gestore della centrale, conferma l’«alta probabilità» che si sia avviato un processo fissile. Secondo un’autorevole ricerca il disastro giapponese è paragonabile a quello ucraino.
Sarebbe «alta» la probabilità che all’interno del reattore 2 della centrale di Fukushima si sia verificata una fissione nucleare. La notizia è stata diffusa ieri dalla Tepco, la società gestore dell’impianto, ed è stata accompagnata da tempestive rassicurazioni in merito al blocco del processo fissile, realizzato attraverso l’iniezione di una miscela di acqua e acido borico «a scopo precauzionale». Dall’11 marzo scorso quando terremoto e maremoto hanno danneggiato l’impianto nucleare, la società era riuscita solo recentemente a considerare il secondo reattore vicino alla messa in sicurezza, con la temperatura nella parte inferiore del suo involucro scesa ampiamente sotto i 100 gradi, e rinnovare l’obiettivo della chiusura definitiva dell’impianto per la fine dell’anno. L’allarme è scattato in seguito a nuove rilevazioni che hanno accertato la presenza di xenon 133 e xenon 135, due gas che si sprigionano nei casi di rottura del nucleo, in concentrazione notevole e costante nelle giornate di ieri e lunedì.
Provato il rischio fissione, Jun’ichi Matsumoto della Tepco ha assicurato che «si sono registrati livelli bassi, non sono state sviluppate grandi energie e non ci verificati problemi». Ciononostante, Fukushima continua a far tremare il Giappone e il suo governo, costantemente al centro delle critiche per aver sottostimato l’incidente. L’ultima ricerca sul disastro nucleare, condotta dall’Istituto norvegese di ricerche atmosferiche, dell’Istituto centrale di meteorologia e geodinamica di Vienna e grazie alla collaborazione tra l’Università di Vienna, quella della Catalogna e la Columbia University, rimarca la gravità delle conseguenze dell’incidente dell’11 marzo scorso ben oltre quanto dichiarato dalle autorità nipponiche. E controbatte anche altre evidenze scientifiche che, finora, avevano escluso che Fukushima significasse una nuova Chernobyl.
«Le emissioni radioattive della centrale di Fukushima - si legge nella sintesi del rapporto - sono iniziate prima, sono durate più a lungo e perciò sono più state più intense di quanto qualsiasi studio scientifico abbia finora accertato». La ricerca, pubblicata recentemente online da “Atmospheric Chemistry and Physics”, ha combinato circa un migliaio di dati sulle emissioni radioattive (in particolare, di xenon 133 e di cesio 137) registrate non solo in Giappone, ma anche negli Usa e in Europa, ripercorrendo a ritroso tutti i processi di diffusione atmosferica dei gas e delle polveri. Secondo quando raccontato a Nature dallo scienziato che ha guidato la ricerca per l’istituto norvegese, Andreas Stohl, si tratterebbe del maggiore sforzo mai messo in campo per valutare l’intensità delle radiazioni rilasciate dall’impianto di Fukushima. Sono state così ricostruite le mappe metereologiche al suolo e in quota dell’arco temporale corrispondente all’incidente e le conseguenze apprezzate su scala globale.
Ne è risultato, tra l’altro, che la quantità di radiazioni emessa dall’impianto di Fukushima rappresenta in realtà il doppio di quello accertato e dichiarato ufficialmente dal governo giapponese. Soprattutto il dato sul rilascio del cesio 137, l’isotopo più nocivo per la salute umana e l’ambiente, farebbe ritenere che ciò che sta accadendo a Fukushima è paragonabile a quello che ha colpito Chernobyl, anche se tempi e tipologia dell’evento restano differenti. Per questo, le minori esplosioni e la diffusione graduale di radioattività che caratterizzano il caso asiatico necessitano, secondo la ricerca, di venir monitorate nella loro incidenza a livello globale.
Fissione nel reattore 2. Livelli da Chernobyl FUKUSHIMA. La Tepco, gestore della centrale, conferma l’«alta probabilità» che si sia avviato un processo fissile. Secondo un’autorevole ricerca il disastro giapponese è paragonabile a quello ucraino. Articolo pubblicato in Home
Da Terra Dina Galano
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