mercoledì 22 giugno 2011

Rifiuti, accordo per piano emergenza Conferimenti in tutte le province Appello a Napolitano: siamo al disastro

Decisa la "autonomizzazione" delle procedure di smaltimento

Lettera al Quirinale perché faccia pressing sul Governo
Si è conclusa la riunione interistituzionale sulla crisi rifiuti che si è tenuta a Palazzo Santa Lucia tra la Regione Campania, il Comune di Napoli e i rappresentanti delle Province.


L'incontro si è concluso con la definizione di un piano di azione condiviso da tutti i partecipanti, nell'ambito dell'accordo sottoscritto il 4 gennaio 2011 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che nella particolare situazione di criticità nella gestione del ciclo dei rifiuti dovrebbe, se attuato in tutte le sue parti, garantire un graduale e costante miglioramento della situazione a Napoli e in provincia.

«Abbiamo elaborato un programma condiviso utilizzando le potenzialità degli impianti delle altre Province, Stir e discariche, facendo in modo che questo sistema che ha funzionato finora e che si è fermato solo per fattori esterni possa essere potenziato e per garantire un graduale, ma costante recupero di ciò che si è accumulato nelle strade di Napoli e della provincia», ha dichiarato l'assessore all'Ambiente della Regione Campania, Giovanni Romano, al termine dell'incontro svolto nella sede della giunta regionale campana con l'assessore all'Ambiente del Comune di Napoli Tommaso Sodano e i rappresentanti delle 5 Province della regione.

«Se il sistema ha funzionato una volta, anche con un potenziamento della capacità lavorativa sono convinto che possa funzionare ancora - ha aggiunto Romano - e ci può consentire di arrivare al 15 luglio con la città e la provincia pulite».

L'accordo partirà, ha specificato Romano, «già dalle prossime ore, grazie al grande senso di responsabilità di tutte le Province campane». Il termine dei conferimenti negli impianti extraprovinciali, ha detto l'assessore regionale all'Ambiente, «è fino allo svuotamento dei rifiuti di Napoli e provincia».

Quello in atto, ha proseguito Romano, «è il tentativo di superamento della prova tecnica di un'intesa istituzionale. Quando riusciamo a trovare un'intesa è un elemento di crescita per coloro che rappresentano le istituzioni. Dobbiamo fare in modo di far capire ai cittadini che sta prevalendo il senso di responsabilità istituzionale. Non c'è niente nel piano che possa impensierire o intimorire i cittadini, stiamo continuando a fare quello che già facevamo. Il piano non prevede nuove allocazioni».

Ad Acerra e Caivano «l'ordinanza del presidente della Provincia di Napoli Cesaro dimostrerà che quello che si è realmente progammato di fare è trasferenza, e non stoccaggio temporaneo».

Il programma sarà monitorato ogni 24 ore dalle istituzioni coinvolte. L'intesa raggiunta - si legge in una nota - è un estremo tentativo limitato nel tempo che, in assenza del provvedimento del Governo ancora sollecitato, non potrà che comportare lo stato di emergenza.

E dal Consiglio Comunale di Napoli è partito in serata un appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinchè solleciti il Governo circa la gravità delle conseguenze derivanti dal rinvio del decreto legge che avrebbe consentito il trasferimento fuori regione dei rifiuti, «principalmente quelli che giacciono da giorni nelle nostre strade» che «senza alcuna esagerazione, può portare ad una vera situazione di emergenza sanitaria ed economica nella terza città della Nazione.

“La macchina della munnezza”, De Magistris non ci sta e urla al sabotaggio
“La macchina della munnezza”, De Magistris  non ci sta e urla al sabotaggio
Sabotaggio. Luigi De Magistris non usa mezzi termini per spiegare il perché Napoli sia sommersa dai rifiuti a quattro giorni dal suo proclama: “Ripuliremo la città in cinque giorni”, aveva annunciato illustrando il new-deal della città. Qualcuno ha remato contro: la “macchina della munnezza”, quella di chi in questi anni ha lucrato sull’emergenza perpetua e teme l’annunciato “voltar pagina”, ora gioca il tutto per tutto. E gioca sporco.


A cominciare dai dipendenti delle società che, in subappalto, gestiscono la raccolta in un lembo di città. Ex disoccupati, di quelli organizzati a fomentare la piazza e far crescere la protesta all’estremo. “Gente abituata a guadagnare fino a tremila euro al mese per non fare nulla” racconta chi li conosce bene: anche se cambiano le aziende, loro restano sempre al proprio posto. A fare e disfare. Come è successo l’altra notte, dove i soliti noti hanno impedito fisicamente la raccolta. Con le buone e con le cattive: indaga la Digos.

I nomi sono sempre gli stessi, i referenti politici pure: la filiera delle responsabilità è un monocolore azzurro, come il partito del Premier. Dal consigliere provinciale ex Forza Italia recentemente arrestato e sponsor di una delle cooperative attenzionate, al Presidente della Giunta Provinciale, Luigi Cesaro, che avrebbe dovuto da mesi individuare un buco dove stipare la munnezza di Napoli e non l’ha fatto. Da Nicola Cosentino fino al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che l’aveva giurata ai napoletani all’indomani della debacle elettorale.

Tutti sanno bene quanto il sistema sia fragile e come basti uno stuzzicadente per bloccare l’ingranaggio, tutti conoscono alla perfezione la parte assegnata in quel fetido copione. Ecco: per capire perché a ventiquattrore dalla scadenza dell’impegno preso dal Sindaco di Napoli la spazzatura in città cresce anziché diminuire, bisogna mettere insieme tutte le tessere di un puzzle già smontato e rimontato centinaia di volte. La città non è autonoma: una volta raccolti i rifiuti per strada, spetta alla Regione (a guida centrodestra, ndr) decidere dove sversarli e alla Provincia di Napoli gestire il resto. Il risultato è che gli oltre 200 mezzi di ASIA, la società del Comune che gestisce il servizio, sono colmi da giorni e non sanno dove andare a svuotare le loro pance. E la munnezza cresce per strada, dai bordi di periferia fino al centro. Il caldo fa il resto: in alcuni punti della città l’aria è irrespirabile, il cielo ammorbato da insetti di ogni specie che si moltiplicano insieme ai sacchetti.

L’ultimo bollettino parla di oltre 2.600 tonnellate sparse per le strade della città. Cifre drammatiche, destinate a crescere fino a quando il Governo non varerà il decreto che sbocca il trasferimento fuori regione dei rifiuti campani, unica soluzione con le discariche ormai intasate. La Lega, manco a dirlo, si oppone: dei rifiuti di Napoli accetta solo i lucrosi utili della gestione dell’inceneritore di Acerra. Lega di cassa e di Governo, che prende i soldi e scappa: dal caos, dalla puzza, dalle responsabilità di tre anni di immobilismo totale sul fronte rifiuti del Governo che sostiene anche in questa lenta e inesorabile agonia. Il risultato si vede e si annusa per le strade di Napoli, che oggi sono nelle stesse condizioni di tre anni fa. Pure peggiori, grazie soprattutto all’inerzia di tutti gli uomini del Presidente, che sapientemente avevano costruito a tavolino una nuova emergenza indotta da risolvere con il più classico dei miracoli salvifici berlusconiani. Qualcosa non è andato per il verso giusto, il sacchetto è esploso nelle mani di chi l’aveva preparato.

Da mesi il Presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro – l’uomo che porta mozzarelle ad Arcore dopo aver portato pizzini per conto di donna Rosetta Cutolo a metà degli anni ’80 – avrebbe dovuto individuare l’area per una nuova discarica da un milione di tonnellate. Un polmone fetido, per permettere davvero alla città di diventare autonoma dopo i vuoti proclami della B2, Berlusconi e Bertolaso. Un impegno preso, nero su bianco, a inizio anno a Palazzo Chigi ma mai mantenuto. Non solo: una delle tre linee di produzione dell’inceneritore di Acerra, gestito dai Lombardi di A2A, è fermo per manutenzione programmata. Proprio ora, quando era chiaro a tutti che in assenza di spazi in discarica a Napoli sarebbe scoppiato l’inferno. Una situazione buona per tutte le stagioni: se a Napoli avesse vinto Lettieri, Berlusconi avrebbe rivendicato un altro miracolo. Ora, lascia che la città sprofondi nei mali da lui stesso congegnati.

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