martedì 15 marzo 2011

L’apocalisse nipponica e la lezione da trarre

L’orribile cataclisma che si è abbattuto sul popolo giapponese deve indurci ad una profonda autocritica politica, filosofica ed esistenziale della nostra civiltà per constatare anzitutto la finitezza della condizione umana, riflettere sul rapporto tra la vulnerabilità dell’essere umano e la potenza smisurata della natura e prendere atto che la nostra tecnologia, per quanto avanzata possa essere, evidenzia una serie di limiti e di carenze oggettive che soccombono di fronte alla furia spaventosa degli elementi naturali.


Ma proviamo a ricostruire brevemente i fatti accaduti per ricavarne, se possibile, alcuni preziosi insegnamenti che potrebbero servire all’intera umanità, a patto che questa sappia e voglia comprendere il senso e la lezione trasmessa dai recenti avvenimenti.

Il popolo giapponese è abituato da secoli a convivere con il rischio perenne di terremoti spaventosi ed ha imparato a fronteggiare come nessun altro paese al mondo le dolorose conseguenze causate dalle forze naturali contro cui l’umanità è da sempre costretta a confrontarsi. Non a caso il Giappone è all’avanguardia nel settore delle tecnologie antisismiche e costituisce un modello da seguire per tutti i popoli che abitano la Terra.

Nei giorni scorsi il Giappone è stato colpito da una serie impressionante di eventi sismici, tra cui la scossa più violenta è durata 400 secondi ed ha sprigionato un’energia assai elevata, con una magnitudo pari a 8.9 della scala Richter. In parole semplici, l’intensità sismica è stata 20 mila volte superiore al terremoto che distrusse L’Aquila e che raggiunse una potenza di 5.8 gradi della scala Richter. Dopo quella più forte in Giappone si sono registrate numerose scosse di assestamento che hanno superato i 6 gradi Richter.

Se un terremoto simile si fosse verificato in qualsiasi altra parte del mondo, avrebbe provocato un eccidio inimmaginabile, mentre il Giappone ne è uscito praticamente illeso non avendo subito vittime, tranne un paio di decessi che pare siano dovuti ad infarto cardiaco. Purtroppo, al sisma ha fatto seguito uno tsunami di una forza inaudita che ha investito le coste nord-orientali dell’arcipelago giapponese, penetrando nell’entroterra in un raggio di oltre 5 chilometri con intere città allagate e villaggi rurali sommersi dalle acque e decine di migliaia di morti e dispersi. Dunque, lo tsunami ha arrecato il maggior numero di danni ed ha fatto strage tra le popolazioni stanziate lungo le zone costiere.

Come se ciò non bastasse, si sono verificate violente esplosioni in alcune centrali atomiche che hanno generato il pericolo di una catastrofe ambientale e sanitaria, per cui l’allarme e la protesta che si vanno diffondendo in queste ore nel mondo contro lo sfruttamento dell’energia nucleare, sono assolutamente inevitabili e più che giustificati.

Le considerazioni da fare sono molteplici, alcune “confortanti”, altre un po’ meno.

Anzitutto occorre prendere atto che la vicenda giapponese fornisce la conferma che anche l’evento sismico più devastante, per quanto imprevedibile, può essere contenuto nei suoi effetti catastrofici mettendo in sicurezza le abitazioni che non sono a norma e costruendo gli edifici pubblici e privati con criteri rigorosamente antisismici come quelli applicati da anni in Giappone, che hanno dimostrato di reggere alle prove più terribili.

Questo è il dato positivo, che ci conforta nella misura in cui attesta che è possibile salvaguardare la vita umana e l’integrità degli agglomerati urbani rispetto alle conseguenze prodotte da un sisma di quelle dimensioni, mentre una riflessione negativa si deve avviare di fronte all’incontenibile furia di uno tsunami. La constatazione di un’evidenza così innegabile deve spingerci ad ammettere i limiti e le debolezze insite nell’attuale modello di sviluppo che esalta oltremodo una tecnologia che pretende di asservire e subordinare la natura e l’uomo alla logica cinica ed affaristica del capitale.

Un discorso a parte merita la questione delle centrali atomiche e l’uso dissennato dell’energia nucleare. Infatti, mentre i terremoti e i maremoti sono disastri naturali assolutamente inevitabili, benché gli effetti siano arginabili e ridimensionabili almeno nel caso dei fenomeni tellurici, i rischi derivanti dal ricorso all’energia atomica sono evitabili in quanto si tratta di una scelta che dipende dalla volontà politica degli Stati.

Il dato più allarmante consegnatoci dai mezzi di informazione concerne l’esplosione alla centrale atomica di Fukushima n. 1, con il nocciolo del reattore che rischia la fusione, l’impianto di raffreddamento del reattore n. 2 ufficialmente fuori uso, alcune quantità di cesio radioattivo rilasciato nell’ambiente esterno, decine di persone già contaminate dalle radiazioni e non si sa cos’altro sia successo. Inoltre, una nuova esplosione si è verificata nell’impianto di Fukushima durante la notte scorsa, danneggiando il reattore 3 e destando forti timori e preoccupazioni. Lo stesso governo nipponico è stato costretto ad avvisare stampa e opinione pubblica rispetto al rischio di fusione nel reattore n. 3.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini, ospite del programma “L’Intervista” condotto da Maria Latella su Sky Tg24, a proposito delle ripercussioni “emotive” che potrebbero condizionare il rilancio del nucleare in Italia, ha dichiarato: “Il mio auspicio è che non si decida solo sull’onda dell’emozione”. Ricordo che anche in seguito al disastro di Chernobyl si disse che non bisognava decidere emotivamente e che si trattava di una centrale arretrata dal punto di vista tecnologico. Cosa che non vale nel caso degli impianti giapponesi, per cui è certo che la decisione più saggia sia quella di rinunciare all’impiego dell’energia atomica. Alla faccia della lobby di scienziati, politici e affaristi fautori del ripristino del nucleare in Italia in un momento in cui altrove si discute l’ipotesi di superare definitivamente lo sfruttamento delle fonti energetiche nucleari.

In conclusione, non è “sciacallaggio” l’atteggiamento di chi rileva i pericoli concreti legati allo sfruttamento del nucleare alla luce della drammatica esperienza giapponese, ma il cinismo e l’affarismo che alimentano la propaganda condotta negli ultimi anni per convincere l’opinione pubblica italiana ad accettare l’inganno sinistro delle centrali nucleari come soluzione, puramente illusoria, dei problemi energetici del nostro paese.

Dal Gazzettino vesuviano 15/03/2011   Lucio Garofalo

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