sabato 9 aprile 2011

LA RISCOSSA DELLA ZONA ROSSA

Dopo i recenti incontri con la provincia e la paventata istituzione di nuovi impianti di stoccaggio, abbiamo ascoltato sull’argomento il Presidente della Comunità dei Comuni del Parco nazionale del Vesuvio, il Sindaco di San Sebastiano Giuseppe Capasso.

È un periodo particolare per il Vesuviano, proprio nel momento in cui sembrava aver toccato, con l’incancrenirsi della cosiddetta crisi dei rifiuti, il punto più basso mai raggiunto, si muovono i primi passi di una cittadinanza attiva che impone la sua presenza e trasmette la sua visione entusiastica e consapevole anche al mondo della politica, notoriamente attendista. Sentiamo il punto della situazione nella Zona Rossa da Giuseppe Capasso (foto).

Ci sono stati ultimamente degli incontri tra i sindaci dei 18 comuni della Zona Rossa di cosa avete parlato?
«La cosa è andata così: la provincia ci ha convocato e ci ha sottoposto un accordo di programma, che è poi quello proposto anche all’area nolana; in cui ci dicono questo è l’elenco delle cave dismesse, fateci sapere dove volete stoccare la frazione organica stabilizzata».

Un solo sito per comune o uno per tutti?
«No! Per ogni comune no. Sostanzialmente: mettetevi d’accordo e trovate una discarica! Poi si fa un bel dire di questa FOS, che per legge sarebbe addirittura riutilizzabile per la ricomposizione ambientale ma siccome dagli STIR esce solo monnezza, tutti lo sanno ma nessuno lo dice, questo sarebbe un rimedio peggiore del male».
Sono state evidenziate queste cave? E fra queste c’è anche l’Ammendola/Formisano?
«Sì ma dei tre siti ercolanesi non c’è l’Amendola/Formisano. Ma tornando al discorso, cosa abbiamo fatto? Ci siamo riuniti come sindaci, di centrosinistra e di centrodestra, com’è normale e giusto che sia e abbiamo respinto quest’accordo di programma della provincia perché si basa su una visione obsoleta del problema rifiuti: c’abbiamo la monneza e dobbiamo vedere dove metterla! Parte dal principio della provincializzazione, sul quale la regione ha già dato forfait, perché sanno, come io da tempo predicavo, che è impossibile fare un’altra discarica nella provincia di Napoli. Né a mio avviso si possono utilizzare le cave …».

… a maggior ragione se in zona protetta!
«Certo. Abbiamo quindi respinto quell’impianto accettando quell’idea di dare vita a un modello alternativo, anche al piano regionale, quello ideato dal professor Arena e in esame a Bruxelles e che prevede a Napoli tre impianti di incenerimento. Oltre a quello di Acerra, ci dovrebbe essere (mi auguro di no) quello di San Giovanni e poi quello dedicato alle ecoballe di Giugliano. Allora abbiamo detto: noi vogliamo diventare un ambito virtuoso, perché, ci siamo uniti per necessità come Zona Rossa quando ci ha riuniti Berlusconi e lì con molto senso di responsabilità, centrodestra e centrosinistra abbiamo fatto, a mio avviso, l’interesse delle comunità amministrate accettando quell’accordo impedendo l’apertura di cava Vitiello, nella quale sarebbero finite come s’è visto, la prossima e le prossime emergenze e limitando la cava SARI ai soli 18 comuni della Zona Rossa.

Nel frattempo però ci siamo accorti che in questi quattro mesi i conferimenti in cava SARI sono progressivamente diminuiti. Marzo su novembre sono diminuiti del 20-30%. Lo stare assieme a comuni che fanno il 60-70% di raccolta differenziata come San Sebastiano e Portici, c’è stata questa contaminazione positiva, anche gli altri comuni si sono dati da fare, in particolare San Giorgio, Ercolano e Boscoreale. Questa è la dimostrazione lampante di una virtù finalmente acquisita o in corso di acquisizione. Partendo quindi da questa esperienza, stiamo intorno al 40% come 18 comuni dell’area vesuviana, perché non rilanciare e far sì che questo sia l’ambito di riferimento della raccolta differenziata? Ma c’è un dato nel piano regionale che non ci convince assolutamente, è un piano, io dico, che sembra scritto da Nerone! Serve combustibile da incenerire, avendo previsto tre inceneritori e si pone un limite alla raccolta differenziata».

E in questo il CIP6 c’entra qualcosa!
«E come non rientra! Gli inceneritori funzionano grazie al CIP6! C’è un interesse economico evidente. Ma la leva economica, di per sé, non è un male, dipende come la applichi, in questo caso andava incoraggiata di più la differenziata con un programma di premialità. Invece regione e provincia assieme ti dicono che più del 50% non puoi fare! Per legge! Perché ci serve la monezza da bruciare ed è questo il messaggio che passa».

In che senso?
«Nel il piano regionale dei rifiuti c’è una parte dove è detto con chiarezza che il target per la raccolta differenziata è il 50% entro il 2016! Noi stiamo riscrivendo quest’accordo di programma per dire che noi ci sentiamo pronti per fare di più. Ovviamente lo possiamo fare solo rendendo il sistema efficiente oltre che efficace, se non si abbassa la TARSU ai cittadini e quindi i costi di conferimento, la raccolta differenziata fallisce, per la ragione uguale e contraria per cui si vuole incenerire, nel senso che troverai la contrarietà degli stessi contribuenti che diranno: un momento ma io voglio rispettare l’ambiente ma non voglio spendere il doppio. Per evitare che questo accada ci siamo proposti per la realizzazione di alcuni impianti intermedi. In particolare impianti di compostaggio …».

Dove?
«In tutti e diciotto i comuni, esclusi quelli come Portici dove di spazio proprio non ce n’è!».

E a San Sebastiano?
«A San Sebastiano noi ci siamo proposti per un impianto di trattamento delle lampade e degli oli esausti. L’idea è quella di fare noi un ambito con la realizzazione degli impianti in project financing, dove un privato realizza gli impianti e tu gli dai una quota degli introiti. Facendo questo puoi anche dimezzare quello che paghiamo attualmente».

A San Sebastiano dove sarà creato questo nuovo sito?
«Nell’isola ecologica».

C’è quindi la volontà di creare un circuito virtuoso in ambito vesuviano …
«Siamo a buon punto sulla realizzazione di questo accordo di programma e ovviamente ci aspettiamo da provincia e regione almeno un’assistenza burocratica con gli effetti positivi della riduzione della tassa e il conseguimento del consenso sociale».

In che modo?
«Con la realizzazione dell’impianto totalmente a carico dei privati il costo della frazione organica scende …».

Ci sarà dunque una sorta di consorzio tra i vari comuni interessati?
«Una società di scopo che se ne occuperà, se ne sta parlando ma adesso quello che interessa a noi è che si passi dalle parole ai fatti con quei comuni che hanno dato la disponibilità, l’impegno è di stare insieme e di conferire i nostri rifiuti presso i nuovi impianti che verranno realizzati in area vesuviana, perché questo non era ancora scontato».

Questi sono gli impegni dei 18 comuni ma la regione?
«Noi non possiamo dire alla regione cosa fare, possiamo chiedere di essere autorizzati a svolgere quest’esperimento virtuoso in quest’ambito. È chiaro che, come è avvenuta la contaminazione positiva tra i comuni, questo meccanismo può avvenire anche tra gli altri ambiti, se lo si può fare sul Vesuvio, area protetta, non si capisce perché non lo si possa fare anche nel Nolano. Se tutti e sette gli ambiti previsti dalla provincia raggiungono lo stesso livello di raccolta differenziata tu non hai più bisogno del secondo termovalorizzatore, perché il primo, quello di Acerra, basta e avanza, così anche con Napoli».

Lei non pensa che l’ennesima crisi napoletana sia, se non creata, sfruttata ad arte e ancora una volta per le imminenti elezioni?
«La colpa dei rifiuti a Napoli non è solo della Jervolino, perché l’ASIA è efficiente quando si tratta di rimuovere i rifiuti se ha il terminale dove conferirli, si può discutere che si sarebbe potuto fare di più per la raccolta differenziata, questo è vero ma Napoli va in crisi nel momento che si chiudono gli impianti ma non credo che si possa speculare su questo perché le leve sui rifiuti sono provincia, regione e stato, il comune era addirittura cancellato al primo gennaio del 2011 da queste competenze, con una proroga fino al 2012 ma poi non se ne occuperà più».

Sì però sempre sotto Natale e Pasqua la crisi si acuisce e nel periodo di maggior produzione di rifiuti.
«Caldoro del resto l’ha detto, per risolvere il problema dei rifiuti ci vogliono tre anni, solo che, quando lo diceva Bassolino sembrava una bestemmia. Oggi invece chi ha tutti i poteri, anche straordinari dice candidamente che Napoli starà in emergenza per tre anni».
Fonte Il Mediano Autore: Ciro Teodonno

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