sabato 2 aprile 2011

TUTELA DEL PATRIMONIO E TURISMO IN CAMPANIA. L’ISOLA CHE C’È… E NON C’È

Il turismo è sempre più una risorsa decisiva nel bilancio economico. Ma le possibilità di sfruttare il potenziale di questo settore sono legate alla presenza di un’offerta innovativa e variegata e alla tutela del proprio patrimonio.


Nel gennaio del 2011 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha ordinato la vendita all’asta della “Reale tenuta” di Carditello, complesso borbonico con una splendida reggia a metà strada tra Napoli e Caserta. La struttura dà vita ad un’incredibile colpo d’occhio, ma avvicinandosi ci si rende conto presto dello stato di totale abbandono in cui versa la tenuta: decenni di razzie e incuria l’hanno lasciata in condizioni pietose, decrepita e circondata da spazzatura, ai margini non solo dei flussi turistici (che pure meriterebbe) ma di ogni proposta di recupero.

In queste settimane di celebrazione per i 150 anni del nostro Paese e manifestazioni in nome della Costituzione, vale la pena ricordare il dettato dell’articolo 9: “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio artistico e storico della nazione”. Paesaggio e patrimonio non hanno senso solo in virtù dei flussi turistici che attivano, ma rappresentano lo specchio del rispetto che una comunità ha verso la propria storia. Il territorio non è mai neutro, la sua tutela parla del modo in cui un popolo vive il proprio passato e vi si riconosce. Inglesi, americani, tedeschi, sono famosi per valorizzare ogni pietra, spesso anche oltre il dovuto.
Le bellezze artistiche abbandonate, disseminate su tutto il territorio nazionale, altrove attiverebbero un giro di turismo, soldi e cultura con l’impegno degli enti pubblici e l’iniziativa dei privati. Da noi lo Stato, come testimonia il caso esemplare di Carditello, preferisce liberarsi del patrimonio comune che non è in grado di “recuperare” (dopo decenni di mancata tutela). E in assenza di un’opinione pubblica attenta alla sorte dei beni culturali, diventa impossibile ogni iniziativa seria di riqualificazione. Pertanto risorse come la tenuta vanno all’asta, con il dubbio che esista qualcuno con i soldi, le intenzioni e la serietà per impegnarsi nel recupero e nella creazione di valore aggiunto.
Un quadro del genere è preoccupante perché il turismo da sempre è uno dei motori dell’economia italiana, in particolare in Campania. E i dati degli ultimi dieci anni non sono esaltanti: il trend di lungo periodo è di un calo costante delle presenze, sebbene negli ultimi anni si stia assistendo ad una lenta ripresa dei flussi verso la regione.
La crisi del turismo è soprattutto una crisi strutturale. Le presenze straniere sono in calo marcato da oltre un decennio e le prospettive non sono positive: nuovi competitori internazionali stanno entrando sul mercato, con la possibilità di offrire bellezze naturali e culturali a prezzi più accessibili e con un supporto di infrastrutture per il turista più adeguato. Il settore in Italia paga la mancanza di innovazione, coordinamento e diversificazione.
In un mondo dove la maggior parte delle transazioni verranno eseguite via internet, le imprese italiane non sono ancora completamente orientate al mercato (e alla pubblicità) attraverso la rete; inoltre, c’è ancora una bassa diffusione sul territorio di strutture ricettive capaci di intercettare una domanda medio-bassa (ostelli, bed&breakfast) che sta diventando sempre più incisiva nei flussi turistici. E rimane irrisolto il nodo dei collegamenti: le nostre risorse sembrano funzionare per atomi isolati, sia per la carenza di infrastrutture fisiche sia per la mancanza di progetti volti a creare e a pubblicizzare percorsi turistici integrati (che mettano insieme, cioè, le differenti attrazioni).
In questo quadro pieno d’ombre, rimane “solo” lo straordinario patrimonio artistico e naturale del Paese. Ma in presenza di fenomeni di disinteresse e abbandono come quello di Carditello (e tanti altri se ne potrebbero fare), quel patrimonio assume sempre più la forma di un’eredità immobile che non riusciamo a conservare e, soprattutto, a trasformare in un valore aggiunto per noi e per gli altri.
La Campania presenta, ampliate, tutte le peculiarità nazionali. Forse più di ogni altra regione italiana, ha la possibilità di attrarre tutte le forme di turismo: le coste, le città d’arte, i luoghi di culto, i parchi naturali, i centri per congressi, il turismo termale, rappresentano un bacino di risorse straordinario.
Invece le potenzialità del settore sono circoscritte sia nello spazio sia nel tempo: la quasi totalità degli arrivi si concentra nelle province di Napoli e Salerno e nel periodo estivo, denotando la mancanza di un’offerta diversificata in grado di proporre al turista soluzioni diverse in tema di svago e tempo libero, oltre alle difficoltà strutturali della bassa accessibilità di molti “tesori nascosti” della Regione. Per il turista – soprattutto straniero – la Campania rimane, essenzialmente, il mare di Sorrento, della costiera amalfitana e delle isole, accompagnati da un paio di giorni dedicati ad un rapido giro di Napoli. Si tratta di un modello di turismo elementare che difficilmente può risultare decisivo per lo sviluppo regionale e competitivo alla scala globale con realtà che diventano sempre più attrezzate.
Mancano un marketing incisivo per la regione nel suo complesso, l’innovazione nell’offerta, le strutture adeguate, l’integrazione tra i vari centri d’interesse. E le criticità degli ultimi anni legate all’emergenza rifiuti e alla criminalità penalizzano ulteriormente l’immagine della Regione, percepita come insicura e allo sbando. “Napoli è la città più bella del mondo, se non guardi le strade e procedi a passo spedito”, ha ironizzato un turista olandese. Da anni i telegiornali stranieri parlano della Campania solo per la questione ambientale, un bombardamento mediatico che ha stravolto – si spera in modo non irreparabile – la percezione della regione all’estero.
La necessità di tutelare il proprio patrimonio si inserisce in un quadro già critico per il turismo regionale. La tenuta reale di Carditello – con le sue forme armoniose circondate dalla spazzatura e con gli interni impoveriti da decenni di furti – è un simbolo sinistro che unisce pessima gestione delle risorse, bassa qualità ambientale e mancanza di legalità: un trittico fatale per la nostra cultura e per la possibilità di farne un motore per l’economia.
LA RUBRICA
Autore: Mario Cimmino

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