sabato 25 settembre 2010

Da L'Espresso - Nella discarica c'è Cosentino

di Gianluca Di Feo e Claudio Pappaianni
Gli incontri al ministero con Nucara, quello che sta facendo campagna acquisti per B. I messaggi di Martusciello, che ora sta all'Agcom. E la regia del leader campano del Pdl. Così un pentito descrive minacce e affari
(22 settembre 2010)
Nicola Cosentino Nicola CosentinoRifiuti, camorra e politica: il triangolo del potere più sporco che ha dominato la Campania per oltre un decennio. Piccoli traffici e grandi politici, che hanno manovrato gli enti sul territorio per saziare tutti gli appetiti con un'ondata di denaro pubblico in nome dell'emergenza. E quando qualcuno si mostrava insofferente verso quei patti criminali, ecco che veniva chiamato a Roma: convocato direttamente ai piani alti dei ministeri per dirgli di «stare tranquillo».

A parlarne è un pentito che ha partecipato a quegli incontri: non riferisce racconti di altri, ma descrive quello che ha visto. Piero Amodio è stato commerciante ed esponente casertano del Partito repubblicano, una sigla storica schierata oggi con il centrodestra: un colletto bianco che si è spesso sporcato le mani con la camorra. Nel suo verbale, depositato pochi giorni fa dalla Procura di Napoli, compaiono alcuni nomi chiave dell'ultima stagione politica. Si parla di Francesco Nucara, il segretario repubblicano incaricato da Silvio Berlusconi di fare campagna acquisti tra i parlamentari dell'opposizione. E viene citato Antonio Martusciello, insediato due mesi fa dal governo al vertice strategico dell'Agcom, l'autorità delle comunicazioni.

Ma il regista di tutto, stando alle dichiarazioni di Amodio, è sempre Nicola Cosentino, coordinatore campano del Pdl, sotto accusa per i rapporti con la camorra e costretto alle dimissioni da sottosegretario dopo lo scandalo della P3. E proprio Cosentino in questi giorni è stato protagonista di un'altra dura contrapposizione tra finiani e altre schegge della compagine berlusconiana, quando la Camera è stata chiamata a votare sulla possibilità di usare nei processi le sue telefonate intercettate.

Davanti al pm Marco Del Gaudio invece Amodio ha ricostruito una serie di vicende del passato recente, avvenute prima del 2005 in uno dei più importanti consorzi casertani incaricati di domare la follia dei rifiuti. Lì c'è un imprenditore che poi scenderà in politica, Nicola Ferraro, che cerca di risolvere i suoi problemi a spese della collettività: vuol far inglobare una sua società nella struttura pubblica, scaricando così debiti per un paio di miliardi di lire. Un'operazione complessa, che richiede sostegni a sinistra e a destra, con il ruolo attivo della camorra: Ferraro viene descritto come uomo degli Schiavone e dei Bidognetti, le due più feroci famiglie casalesi.

Ma secondo Amodio a qualcuno questa manovra non va giù: «All'interno del consorzio c'era Carmine Bevilacqua, responsabile regionale del Partito repubblicano, che voleva far uscire tutta questa "schifezza" ed infatti aveva minacciato più volte Nicola Cosentino che avrebbe scritto tutto all'Antimafia per far capire questa situazione. Al che un giorno Bevilacqua fu chiamato da Francesco Nucara, viceministro dell'Ambiente, e andammo direttamente a Roma. Io andai con lui perché ero del Partito repubblicano, ero amico di Bevilacqua e di Nucara. Anche Bevilacqua è stato minacciato qualche volta, gli hanno messo le mani addosso, lo volevano picchiare, ma lui non ha mai denunciato niente: lo volevano allontanare perché stava dando troppi problemi». Il summit nella capitale avrebbe avuto un unico scopo: «Al ministero di via Cristoforo Colombo, Nucara disse a Bevilacqua di stare tranquillo. A me disse di seguire bene Bevilacqua, di farlo stare tranquillo e farlo allontanare un po' da questa situazione perché aveva preso accordi con Antonio Martusciello, che all'epoca era un altro viceministro di Forza Italia, e dovevano lasciare le cose come stavano: non voleva sapere di cosa si trattava ma non doveva dare fastidio».

In questo affaire Ferraro - che poi sarebbe diventato consigliere regionale nella maggioranza di Antonio Bassolino e leader casertano dell'Udeur di Clemente Mastella - avrebbe dovuto conquistare il consenso dei sindaci di centrosinistra. Mentre a Cosentino toccava mettere d'accordo la destra: «Il presidente del consorzio Franco Cundari ha avuto pressioni tramite Nicola Cosentino e Cosentino è quello che lo ha messo lì: il consorzio, il presidente, e tutti i consiglieri messi all'interno erano stati nominati esclusivamente da Nicola Cosentino di Forza Italia». Tutto però era strettamente vigilato dalla camorra, il cui appoggio era indispensabile per concludere l'operazione: chi non era d'accordo doveva vedersela sia con i boss di partito, sia con quelli che sparano. Amodio parla di minacce fatte arrivare agli amministratori non allineati, che ricevevano visite a casa degli uomini del clan. In cambio i padrini moltiplicavano i guadagni: non la solita mazzetta del 5 per cento, imposta su tutto il territorio, ma una fetta molto più alta. Sintetizza il pentito: «Il gruppo Bidognetti e il gruppo Schiavone avrebbero convinto, anche con minacce, l'avvocato Cundari e lo Scialdone che erano sostanzialmente contrari, ricevendone in cambio un 15 per cento sull'ammontare dei compensi spettanti al Ferraro, oltre alla percentuale fissa di estorsione del 5 per cento da riconoscere ai clan delle singole zone». Alla fine anche ai politici si cercava di regalare una poltrona di consolazione, con stipendi da 120-140 mila l'euro l'anno, in modo da non lasciare pericolosi rancori.


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