LEGGE COMUNITARIA 2009: DELEGA AL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA SUI REATI AMBIENTALI
Il disegno di legge comunitaria 2009 (A.C. 2449) recava disposizioni volte ad assicurare l'osservanza degli obblighi derivanti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, nonché a recepire ed attuare nell'ordinamento nazionale la normativa adottata a livello comunitario. Approvato in prima lettura dalla Camera il 22 settembre 2009 e dal Senato il 28 gennaio 2010, nuovamente approvato il successivo 21 aprile 2010, con modificazioni, in terza lettura dalla Camera e varato in via definitiva dal Senato nella seduta del 12 maggio 2010, interviene sul decreto legislativo 231/2001 attraverso l’approvazione di diversi provvedimenti di rango sovranazionale. In particolare, con l’approvazione dell’art. 19 si prevede l’introduzione nel panorama normativo nazionale della responsabilità in sede penale di enti, società, cooperative, etc. per i delitti ambientali (direttiva 2008/99/CE) e per quelli relativi all’inquinamento provocato dalle navi (direttiva 2009/123/CE).
Il Governo viene pertanto delegato all’adeguamento dell’ordinamento nazionale mediante l’adozione di decreti legislativi, modificando direttamente la legislazione vigente per assicurarne la conformità all’ordinamento comunitario.
La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente dovrà essere attuata dagli Stati membri entro il 26 dicembre 2010 (in realtà la Legge Comunitaria 2009 delega il Governo al recepimento entro 9 mesi dalla sua entrata in vigore).
Essa si propone l’obiettivo di ottenere che gli Stati membri introducano, nel proprio diritto penale interno, sanzioni penali che possano garantire una più efficace tutela dell’ambiente (cfr. “considerando n. 3” e art.1 della direttiva), con un grado di deterrenza maggiore rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori del diritto civile.
La direttiva rappresenta, pertanto, un importante cambiamento nel sistema delle fonti normative del diritto penale ambientale, in quanto istituisce un livello minimo di armonizzazione in relazione alle attività contro l’ambiente che devono essere considerate reati e un sistema di responsabilità penale analogo per tutte le persone giuridiche in grado di garantire una più efficace tutela dell’ambiente stesso.
La direttiva recepisce i principi ribaditi in due sentenze della Corte di giustizia europea[71] secondo cui la competenza della Comunità europea ad attuare le politiche e le azioni comuni di cui agli artt.2 e 3 del Trattato CE comprende anche il potere di richiedere agli Stati membri l’applicazione di adeguate sanzioni penali.
Sul piano applicativo, la direttiva è destinata, infatti, ad avere effetti sulle normative penali dei singoli Stati membri, in quanto prevede che vengano sanzionate una serie di condotte imputabili a persone giuridiche idonee a provocare danni alla salute delle persone o un significativo deterioramento dell’ambiente. L’articolo 3 riporta un elenco di nove tipi di attività illecite che dovranno essere considerate reati da parte degli Stati membri, quando poste in essere intenzionalmente o con grave negligenza e qualora provochino danni alla salute delle persone (decesso o lesioni gravi), ovvero un danno rilevante alle componenti naturali dell’ambiente (un significativo deterioramento della qualità dell’aria, del suolo, delle acque, della fauna o della flora): tra queste, ad esempio, lo scarico, emissione o immissione illeciti nell’aria, nel suolo o nelle acque, di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti ela raccolta, trasporto, recupero o smaltimento di rifiuti, illeciti (cfr. allegato 1).
Allo stesso modo, è previsto che siano qualificate come reati le condotte di favoreggiamento e di istigazione a commettere intenzionalmente talune delle suddette attività (articolo 4).
L’articolo 5 dispone, quindi, che gli Stati membri dovranno adottare, secondo una formula ricorrente a livello comunitario, misure necessarie per assicurare che i reati previsti agli articolo 3 e 4 vengano puniti con sanzioni penali “efficaci, proporzionate e dissuasive”, ferma restando la facoltà di stabilire disposizioni penali più stringenti (“considerando n. 12”).
La direttiva introduce, all’articolo 6, una responsabilità penale in capo alle persone giuridiche per i reati indicati agli articoli 3 e 4, qualora siano commessi, a loro vantaggio, da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla stessa persona giuridica (comma 1).
Lo stesso articolo introduce anche una responsabilità da reato dell’ente «per carenza di sorveglianza o controllo» da parte di uno dei soggetti aventi la posizione preminente sopracitata, che abbia reso possibile la perpetrazione dei suddetti reati a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità (comma 2). Il comma 3 precisa, infine, come la responsabilità dell’ente non escluda l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, incitatori o complici dei reati di cui agli articoli 3 e 4.
La direttiva possiede inoltre due allegati, in cui viene elencata la normativa comunitaria la cui violazione sostituisce un comportamento “illecito” ai sensi dell’articolo 2 della stessa direttiva (69 direttive per l’All. A e 3 direttive per l’All. B).
La previsione del coinvolgimento delle persone giuridiche nella materia ambientale rappresenta quindi un profondo cambiamento nel sistema delle fonti normative del diritto penale ambientale in quanto, assai spesso, sono gli enti economici a svolgere attività industriale nel cui interesse vengono colposamente o dolosamente compiuti gravi danni all’ambiente, ed essi sono, generalmente, costituiti come persone giuridiche.
Per quanto concerne, infine, gli effetti delle disposizioni della direttiva 2008/99/CE sulla disciplina nazionale relativa alla responsabilità da reato degli enti, ai sensi del D.lgs. 231/2001, viene esteso l'ambito applicativo di quest’ultimo ai reati ambientali.
Al momento infatti, il decreto 231/2001, con cui è stata introdotta nel sistema giuridico italiano la responsabilità da reato delle persone giuridiche, non prevede la responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reati ambientali. La delega contenuta nell’art.11, comma 1, lett. d), della legge 29 settembre 2000, n. 300, che includeva nell’elenco dei reati - presupposto della responsabilità dell’ente - anche quelli in materia di tutela dell’ambiente e del territorio, non è stata, infatti, ancora esercitata dal Governo.
Attualmente, l'unica norma in materia ambientale che rinvia alla responsabilità della persona giuridica - e alle previsioni del citato decreto legislativo n. 231/2001 - è contenuta nell’art.192, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice ambientale) sull’abbandono dei rifiuti.
Il disposto così recita: “Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni”.
Tale disposizione, tuttavia, oltre a limitare il riferimento agli amministratori o rappresentanti delle persone giuridiche, sembrerebbe far espresso riferimento unicamente alla previsione del comma 3 dell’art. 192 citato (abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo e immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee). Si tratta, pertanto, di un rinvio generico che, alla luce di una interpretazione della norma e dei principi di tassatività e tipicità cui è ispirato il diritto penale, non può che condurre ad escludere l'applicabilità della responsabilità ex decreto 231 agli illeciti ambientali.
In conclusione, il legislatore nazionale dovrà prevedere l’estensione della responsabilità penale delle persone giuridiche anche ai reati ambientali colposi che saranno introdotti nel sistema giuridico nazionale, in quanto la direttiva impone l’attuazione di un sistema sanzionatorio di natura esclusivamente penale. Viene, invece, lasciata ampia discrezionalità in merito alla tipologia di sanzioni, pecuniarie e/o interdittive (revoca delle autorizzazioni, interdizioni dall’esercizio dell’attività, esclusione da finanziamenti, divieto di contrattazione con la P.A., etc.), applicabili alle persone giuridiche responsabili di reati ambientali.
A cura di: ABRATE dott. Marco
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento