La zona è sotto sequestro ma continuano gli sversamenti
Tra la lava delle eruzioni del Vesuvio una discarica di rifiuti pericolosi Copertoni, carcasse d'auto, amianto tra le colate del 1906 Legambiente: «Questa è l'altra faccia del vulcano»
Rifiuti speciali e pericolosi tra le lave delle eruzionivesuviane – anche quelle di oltre due secoli fa – trale ginestre e i conigli selvatici. Una passeggiata in località Ciaramella, nel Comune di Boscotrecase,racconta in mezz’ora il dramma di un territorio aggredito. Quella zona potrebbe essere un ecomuseo, una meta dove condurre ragazzi, turisti, amanti della natura, dove raccontare le meraviglie e le paure legate allo Sterminator Vesevo, dove scrutare il cielo inseguendo il volo delle poiane. Invece, è una immonda pattumiera. Copertoni, bidoni di varie dimensioni e colori, che non si capisce cosa abbiano contenuto o cosa contengano ancora, una carcassa di auto, plastica. Amianto, tantissimo e pericoloso, perché respirarne anche solo una fibra provoca il mesotelioma, una forma micidiale di tumore all’apparato respiratorio. «Vedi», dice Pasquale Raia,il responsabile delle aree protette di Legambiente, «questa è lava dell’eruzione del 1794. Quell’altro
cupolone data 1906».
Lo ascolti, getti lo sguardo alla piana delle ginestre, in prossimità della sommità del vulcano, poi volgi gli occhi a terra ed ecco ancora immondizia, plastica, altri copertoni, elettrodomestici, ancora amianto. Un nastro bianco e rosso strappato, un capo del quale è attorcigliato al tronco di un albero, e un cartello informano che l’area è stata sottoposta a sequestro giudiziario, alcuni mesi fa. Sequestrata, certo, ma non bonificata e tantomeno sorvegliata, perchè lì si continua sversare impunemente ogni tipo di materiale. Controlli evidentemente nulli. Sorveglianza inesistente. Eppure, per arrivare fin laggiù le strade di accesso sono poche, tre o quattro in tutto. Strette, ben identificabili. La passeggiata termina con l’amaro in bocca e un vago senso di impotenza. Lungo la via del ritorno tappa in un vigneto i cui titolari esportano e vincono premi al di là dei confini italiani. Falanghina, Piedirosso, Per e Palummo. Alberi di albicocche, di fichi, di arance. Gelsi bianchi e neri, dolci come chi vive in una metropoli non ne ha gustati mai. Un grande noce. L’orgoglio e la cultura materiale di uomini che amano la terra, ne conoscono le asprezze e le difficoltà, sanno trarne il meglio.
Lo spirito antico di un posto dove, ogni anno, si fermano qualche giorno giovani e meno giovani che provengono da ogni parte del mondo. «Vedi, questa è l’altra faccia del Vesuvio, quella che bisogna conoscere per difenderlo con più passione», dice Raia. Solo a qualche chilometro da questo paradiso Bertolaso decise tre anni fa di realizzare una discarica, infierendo su una cava già devastata da un altro sversatoio, gestito dai titolari al di fuori di qualunque regola. «Mi chiedo - dice l’esponente di Legambiente - cosa abbia visto l’ex sottosegretario, quando ha sorvolato questa zona in elicottero. Mi domando se abbia capito quale patrimonio di cultura, di economia, di biodiversità celino terre come il vigneto dove siamo ora». Va via con gli altri volontari e con una promessa: «Non daremo tregua fino a che non sarà bonificata località Ciaramella e fino a quando non sarà chiusa la discarica di Terzigno».
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