mercoledì 6 luglio 2011

Tino Vardè: «Cinque cave e sette aree per i rifiuti. Ecco il mio piano per Napoli»

Parla il commissario straordinario: così sarà divisa la provincia. Una megadiscarica? Non è la via giusta

ROMA— Annunziato Vardè da Vibo Valentia, detto Tino, classe ’60, viceprefetto, una moglie, ciclista per passione («Ma da quando sono a Napoli la bicicletta non la uso più, c’è da pedalare su ben altro»), è il commissario straordinario che deve individuare e realizzare i siti dove mettere i rifiuti. Collocato in disponibilità dal ministro dell’Interno lo scorso aprile, è stato nominato con un decreto del presidente della Regione Stefano Caldoro. E, due mesi e mezzo dopo, traccia al Corriere del Mezzogiorno il bilancio della sua attività.


Tino Vardè, viceprefetto, commissario straordinario, l’uomo che deve decidere dove bisogna inviare i rifiuti. L’ha trovata questa discarica?
«Io non uso quel termine. Li chiamo siti. E sì, ne ho individuati cinque».

L’amministratore delegato di Asìa dice che invece servirebbe un’unica, grande discarica. Capace di accogliere un milione di tonnellate.
«Non è questa la direzione. Il principio, di cui ho preso atto e che ho condiviso, è che ognuno si gestisca i propri rifiuti. Abbiamo diviso la provincia in sette aree, e individuato le cave dove andranno i rifiuti».

Guardi che Daniele Fortini sostiene che i rifiuti ammassati negli Stir a oggi «non sono innocui» per l’ambiente. Come fate allora a metterli nelle cave?
«Ci andranno quando saranno biostabilizzati. Il piano per trasportare i rifiuti in altre regioni serve proprio a questo: svuotare e adeguare gli Stir e nel frattempo attivare i siti».

Le Regioni invece annunciano che accoglieranno i rifiuti di Napoli solo se voi inizierete a costruire i siti. E finché non li accolgono quegli Stir non si potranno svuotare. Cos’è, un cane che si morde la coda?
«Le Regioni hanno posto come condizione il varo di un piano per attivare le discariche. O i siti, come li chiamo io».

Che differenza c’è?
«Nessuna, per quanto mi riguarda. Le cave, per motivi di sicurezza ambientale, a seguito degli interventi programmati avranno tutte le caratteristiche delle discariche, nelle quali però sarà trasferito solo compost fuori specifica, non il rifiuto tal quale. Questo prevede il piano».

E questo piano è pronto?
«Sì, da tempo. E se n’è parlato due sere fa con i vertici della Regione. È quello che sarà fatto vedere ai governatori, quello che hanno chiesto».

Scusi, ma invece di affidarsi a trasporti e buona volontà non era meglio iniziare a svuotare Tufino e Giugliano, mandando le 22.000 tonnellate presenti lì nelle discariche della Campania che possono accogliere ancora rifiuti?
«Certo, avremmo risparmiato tempo e soldi. Ma ci sarebbe voluta la collaborazione delle altre province, sempre ammesso che in quegli impianti esista capienza. Comunque il trasferimento dei rifiuti non rientra nelle mie competenze».

Protestate se le altre Regioni non vi aiutano ma non se sono gli amministratori della Campania a dire no?
«L’ostilità nei confronti di Napoli non ha colore politico né differenze geografiche».

Partiamo dall’inizio. Quali risorse le hanno dato?
«Nessuna».

Come nessuna. E che fa allora?
«Devo avvalermi degli uffici della Regione e della Provincia, senza maggiori oneri per la finanza pubblica».

Be’, almeno una stanza...
«C’è voluta qualche settimana, poi l’ho ottenuta grazie al direttore generale della Provincia. Ecco, diciamo che il periodo iniziale è stato quello più complicato. Ho dovuto cercare un appoggio, un telefono, le cose più elementari».

Lavora da solo?
«Ho costituito una struttura operativa, e ho avuto la possibilità di avvalermi di tecnici che mi ha messo a disposizione la Sapna, la società provinciale per la gestione del ciclo dei rifiuti».

Chi sono?
«Dieci ingegneri. Tutti giovani, trentenni. E, soprattutto, molto volenterosi».

È questa la sua squadra?
«Non a tempo pieno, perché è stato formalmente puntualizzato che si debbano dedicare innanzitutto ai compiti di istituto della società dalla quale sono stati assunti. Devo dire però che mi hanno dato un grande aiuto».

La sua prima decisione?
«Ho cercato di accelerare al massimo i tempi, appoggiandomi ai tecnici di Provincia e Sapna per tentare di individuare direttamente siti idonei, dal momento che loro avevano una conoscenza del territorio superiore alla mia».

Li ha trovati?
«No, la scorciatoia è finita in un vicolo cieco. Un sito che mi era stato indicato non era adeguato: inquinato, da bonificare, oggetto di sequestro, poi dissequestrato. Così ho dovuto ricominciare da zero».

A caccia di una discarica.
«Diciamo di un sito».

È così contrario alla discarica?
«Non esattamente, in fondo il mio obiettivo è quello di realizzare discariche: solo che, da ambientalista quale sono, punto a realizzare siti assolutamente non inquinanti, consapevole peraltro che qui non ci sono aree che presentano tutte le caratteristiche previste dalle norme vigenti per essere adibite a discarica. L’unica possibilità è cercare siti tecnicamente idonei nelle cave chiuse e abbandonate, avvalendosi delle deroghe previste dalla legge».

Cave dove però non possono andare quei rifiuti ammassati negli Stir che sono «non innocui per l’ambiente». Soluzione?
«Gli Stir vanno svuotati e adeguati, affinché l’impianto di biostabilizzazione torni a funzionare. Quel che non si dice, però, è che quest’operazione può essere fatta contestualmente alle procedure di allestimento dei siti».

Cioè?
«Noi iniziamo ad attrezzare le cave, e nel frattempo si svuotano gli Stir trasferendo i rifiuti fuori regione».

Sa che la scelta ha scatenato polemiche?
«Sì, ma penso che sia una strategia che non ha alternative».

Una sarebbe quella di mandare quei rifiuti nelle discariche della Campania.
«Tesi condivisibile, ma si dimentica che ci vorrebbe la collaborazione delle altre province».

Che dicono no. E allora perché se il no poi arriva dalla Lega alzate le barricate?
«Guardi, io constato, e questa è una presa d’atto, che esiste una forte rivalità. Non solo tra il Nord e il capoluogo partenopeo, ma anche tra le altre province e quella di Napoli. E quest’ostilità nei confronti della città di Napoli è nutrita anche da altri Comuni della stessa provincia. La parola d’ordine è non voglio i rifiuti di Napoli».



Siamo condannati ad essere reietti?
«Non dico questo, ma è una situazione politico sociale di cui bisogna tener conto».

Lei l’ha fatto?
«È proprio partendo da questa considerazione che ho deciso di prendere atto della divisione della provincia di Napoli in aree omogenee, porzioni di territorio costituite da Comuni limitrofi. Ognuno, così, può crearsi i propri impianti e gestire i propri rifiuti per essere autosufficiente. Il modello è quello di Cava Sari. E io ho cercato, per ciascuna di queste aree, un sito che potesse accogliere i rifiuti di quella fetta di territorio».

Quante sono queste «aree omogenee»?
«Sette. Area metropolitana, che comprende la città di Napoli, penisola sorrentina, area nolana, area acerrana, area vesuviana, area nord e area domitio flegrea».

E ha trovato un sito per tutte e sette?
«No, i siti individuati sono cinque. Stiamo valutando problemi tecnici in penisola sorrentina, dove le cave sono tutte a picco sul mare, e nell’area acerrana, dove di cave ce ne sono solo tre e nessuna è adatta per essere allestita».

I sindaci sono d’accordo?
«Saranno sentiti tutti i Comuni interessati, lo scoglio è quello. Ogni giorno sento dire che la comunità auspica la soluzione del problema. Bene, io sto lavorando per quello, ma da parte di questa comunità occorre buona volontà e un atteggiamento scevro da pregiudizi. Si dice termovalorizzatore no, discarica no, cave no. Ma allora io come lo risolvo il problema?».

Sarà che, dopo diciassette anni di false promesse, non si fidano più.
«Io realizzerò siti non inquinanti, dove non ci finirà dentro il rifiuto tal quale, ma il compost fuori specifica, quello usato per il risanamento ambientale. E quelle cave saranno dotate di tutti gli accorgimenti previsti dalle leggi nazionali per assicurare la massima tutela ai cittadini».



Gaetano Pecorella, presidente della commissione d’inchiesta sui rifiuti, dice che le cave sono «una soluzione tampone» ... «E infatti questi siti avranno una durata di quattro, massimo cinque anni» . E dopo?
«Spero ci siano gli impianti nuovi».

Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, afferma però che quelle cave il piano del Comune non le prevede».
«Non mi sono mai occupato del piano del Comune».

Parliamo del suo allora. I tempi? Ci dia almeno una scadenza.
«Sei mesi. Sono quelli che servono per realizzare i siti e svuotare gli Stir. Dopo 180 giorni i rifiuti potranno essere nuovamente biostabilizzati: serve un mese per eliminare l’umido e i residui pericolosi, poi potranno andare nelle cave per il recupero ambientale. Sempre che tutti facciano la loro parte, s’intende».

(Post scriptum. Tino Vardè a fare il commissario c’è abituato. L’ha fatto a Tropea e a Malnate. stato subcommissario a Vibo Valentia. E il commissario straordinario l’ha fatto anche a Uboldo, provincia di Varese. Quando se n’è andato, gli hanno dato la cittadinanza onoraria. Chissà...).
Gianluca Abate 06 luglio 2011

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