lunedì 15 novembre 2010

DA COORDINAMENTO REGIONALE DEI RIFIUTI - RECUPEROE RICICLO TOTALE DELLA MATERIA – COMBUSTIONE ZERO RECUPERO DELLA FRAZIONE UMIDA DAI RIFIUTI: NIENTE ALIBI, È QUESTA LA VERA EMERGENZA. LE PROPOSTE DEL CO.RE.RI.

I provvedimenti della magistratura a carico di 34 sindaci della provincia di Napoli, dell’ex
presidente della Regione Campania on. Bassolino e dell’ex Commissario di governo per
l’emergenza rifiuti dr. Pansa perché non avrebbero adottato misure urgenti per tutelare la salute dei
propri concittadini di fronte a uno scempio dei rifiuti tra l’autunno 2007 e gennaio 2008 dà ragione,
senza ormai alcuna attenuante per quanti avevano e hanno responsabilità circa le azioni da adottare
in materia di igiene urbana e di ciclo del recupero dei materiali, a chi ha sempre sostenuto che la
questione emergenziale ha sempre ruotato e ruota attorno alla frazione umida dei rifiuti urbani.
Da anni scienziati, ambientalisti, tecnici del settore, esperti hanno posto ai vari decisori politici,
amministrativi e commissari vari che hanno gestito la vicenda rifiuti in Campania, l’urgenza, la
necessità e la convenienza di separare la frazione umida dalla frazione secca.
Recuperare e allontanare la parte putrescibile dal resto dei rifiuti urbani prodotti avrebbe potuto
significare l’arresto di ogni possibile esposizione della popolazione a rischio sanitario; evitare
l’invasione di insetti dannosi, topi, ratti, uccelli e ogni altra cosa con la quale si è stati costretti a
convivere in questi 15 anni di cosiddetta emergenza, di fatto procurata.
Per favorire la costruzione di discariche, pur vietate dalla normativa comunitaria, e giustificare la
loro allocazione anche in aree parco, pur in contrasto con le leggi nazionali ed europee, si è usata la
frazione umida come arma impropria per costringere l’opinione pubblica ad accettare qualunque
soluzione, compreso un inceneritore inutile quanto dannoso, pur di allontanare dalla propria
quotidianità una montagna di materiale che è diventato rifiuto, nemico e portatore di malattie e di
ogni preoccupazione e allarme.
E’ bene ricordare e non dimenticare che la frazione umida dei rifiuti urbani costituisce circa il 35%
in peso dell’intera produzione di rifiuti campana (oltre 930.000 t/anno). Essa rappresenta la frazione
più rilevante, prima ancora della carta e cartone, della componente indifferenziata e di plastica,
vetro, metalli, legno, tessili e ingombranti messi assieme.
Se tale frazione fosse stata recuperata, tramite corrette politiche di separazione alla fonte, evitando
trattamenti biologici e separazioni secco umido, che lasciano notevoli perplessità circa la qualità
dell’organico, e fosse oggi recuperata ed utilizzata in una filiera di arricchimento dei terreni,
avrebbe fornito e fornirebbe all’agricoltura importanti fertilizzanti e/o ammendanti sia per restituire
o innalzare la fertilità dei suoli agricoli sia per bonificare e ripristinare aree degradate o come
materiale di ricopertura “pulita” giornaliera delle discariche; tutto ciò in ottemperanza a quanto
stabilito dalla normativa vigente. In ultimo, ma non ultimo in ordine ad importanza, la separazione
alla fonte dell’umido e corrette filiere di gestione dell’organico sono determinanti per prevenire e
allontanare ogni pericolo e allarme sanitario.
Sono stati stanziati e in parte spesi per la realizzazione di 9 impianti di compostaggio (circa 170.000
t/anno di materiale organico) almeno 42 milioni di euro.
Nella regione Campania gli impianti per smaltire l’intera frazione organica prodotta esistevano già:
una dotazione di impianti di selezione dei Rifiuti urbani residui (RUR) a valle della raccolta
differenziata (i 7 cosiddetti impianti ex CDR ora STIR) di capacità complessiva eccedente (siamo
oltre il 120%) l’intera produzione annua di rifiuti (cioè senza che si sia attuata alcuna raccolta
differenziata); tali impianti, dotati di una linea di stabilizzazione della frazione organica residua
successiva alle operazioni di vagliatura dei rifiuti, hanno rivelato i limiti della tecnologia scelta,
tanto che nessuna significativa stabilizzazione della sostanza organica è mai avvenuta da quando gli
stessi sono entrati in funzione, all’inizio degli anni 2000. Il cosiddetto trattamento meccanico
biologico, che separa il secco dall’umido successivamente alla raccolta differenziata, non può
garantire il controllo del materiale raccolto, né compensare i difetti di qualità del prodotto ottenuto
nel processo. Nella situazione campana la filiera ha addirittura degenerato, in totale incapacità di
gestire l’impiantistica. Il tutto ha evidenziato la volontà delle amministrazioni che, impostando il
ciclo secondo un modello integrato di raccolta differenziata e combustione, hanno finito con il
giustificare la combustione e cedere a logiche di speculazione e, addirittura, di distorsione illecita
del percorso. Le ecoballe, il CDR, sono il risultato di una scelta deresponsabilizzante.
La spiegazione, ormai di tutta evidenza, è consistita nel massimizzare la quantità di cosiddetto
C.d.R. correlato al lucroso CIP 6 (ora certificati verdi relativi alla assimilazione del rifiuto organico
con le biomasse). Un sistema capace di fare miracoli e moltiplicare i rifiuti (in assenza di controllo
dei flussi), tanto che si assiste a quantitativi in uscita superiori a quelli in entrata – v. apposito cap.
“Ecoballe” del CTU Rabitti. Immanente prova dell’illecito che si inserisce nelle “fessure”, più o
meno grandi, che il sistema lascia fuori controllo.
Sicché la frazione organica è stata in parte inglobata nelle “ecoballe” (che per questo motivo
superano i limiti percentuali di umidità richiesti dalla norma per essere qualificate come CDR ed
essere bruciate negli inceneritori) e in parte smaltite in discariche fuori norma, con tutti gli evidenti
problemi di inquinamento da percolato e di odori molesti e con le ovvie ripercussioni sull’ordine
pubblico dovute alle legittime proteste della popolazione.
Nella regione Campania il compostaggio è all’anno zero. Non c’è pianificazione di filiera e non
esiste un circuito di destinazione agricola certificato.
Per non aver realizzato gli impianti di compostaggio o non aver utilizzato correttamente quelli
esistenti, i cittadini campani hanno sborsato negli ultimi 5 anni oltre un miliardo di euro per lo
smaltimento della frazione umida in altre regioni. Tale spesa si sarebbe ridotta almeno di due terzi
se la frazione umida fosse stata lavorata presso gli impianti esistenti (CDR) o conferita in quelli
programmati, progettati, in parte realizzati e mai completati. Il danno erariale appare del tutto
evidente. Per realizzare l’inceneritore di Acerra che funziona per meno di un terzo del suo
potenziale, sono stati spesi oltre 350 milioni di euro!
OCCORRE RICONSIDERARE TUTTA LA QUESTIONE DELLA COSIDDETTA
EMERGENZA E AFFRONTARE IL NODO PRINCIPALE
Le amministrazioni devono necessariamente implementare i Piani territoriali e i Comuni devono
provvedere all’organizzazione di corrette raccolte differenziate porta a porta, con controllo di
qualità. Ovviamente richiamiamo gli obblighi già vigenti a livello locale e nazionale, circa le
percentuali di separazione alla fonte richiesti dall’ordinamento, ma soprattutto rimarchiamo che un
modello di gestione della materia, che valorizzi i rifiuti quale materia seconda, e sappia inserire la
Campania tra i fornitori di materia seconda commercializzabile, deve puntare ad alte percentuali di
separazione alla fonte con un'ottima qualità della materia, cioè corretta separazione delle frazioni e
corretta organizzazione delle filiere di destinazione, per questo le piattaforme locali, strettamente
connesse ai territori e al riciclo in loco, diventano nuova occasione di lavoro e di innovazione e
ricerca. Una nuova prospettiva per il futuro.
Qui il fulcro della nostra proposta: organizziamo l’economia della materia, non quella dell’energia
finanziata dallo Stato. Tuteliamo ed incrementiamo le aziende agricole, creiamo nuova impresa,
riprendiamo il controllo del territorio e valorizziamo le sue ricchezze naturali, culturali e artistiche,
scegliamo il lavoro utile e la dignità dell’intervento dell’uomo nei processi. Una “filiera delle
responsabilità”, contro impianti inquinanti e deresponsabilizzanti che umiliano il cittadino ed il
lavoratore, impoveriscono e deturpano l’ambiente, minano la salute umana.
In quest’ottica la gestione ordinaria dei rifiuti deve necessariamente intercettare la gestione della
materia e creare una nuova economia.
Soprattutto la filiera dell’umido/organico deve essere il più possibile separata da quella del secco,
prevedendo solo casi limitati di separazione a valle e solo per frazioni piccolissime della raccolta. In
quest’ottica i compostatori devono essere distribuiti sul territorio evitando le grandi dimensioni
(filiera breve distribuita) e devono intercettare circuiti di destinazione agricola, si deve evitare il
ricorso alla digestione anaerobica in presenza di frazioni organiche “sporche”. Tutto ciò per evitare
totalmente la produzione di CDR e ricorrendo, laddove necessario, a soluzioni comunque rispettose
della necessità di ricostruzione del ciclo naturale.
Il sistema discariche/combustione non ha funzionato, non può funzionare e le proteste legittime di
Terzigno e Giugliano a breve si potrebbero spostare a Caserta, ad Avellino e Benevento.
Si tenga conto, infine, che la raccolta differenziata porta a porta con controllo di qualità del
materiale è, invece, il caposaldo del sistema.
Il controllo dei conferimenti dovrà corrispondere ad un sistema di impianti di separazione e
destinazione a riciclo che metta in discussione e sappia superare i limiti del “sistema CONAI”,
laddove il CONAI manda a recupero energetico frazioni crescenti della raccolta differenziata
ritirata dai Comuni.
LE PROPOSTE DEL CORERI
FASE TRANSITORIA. DURATA PREVISTA 5 MESI
1) Considerato che esistono diversi impianti di compostaggio in costruzione e da ristrutturare, che
insieme, potrebbero soddisfare oltre il 50% delle esigenze dell’intera regione, il Co.Re.Ri. propone
che le risorse pubbliche siano dirottate verso il recupero e il completamento immediato degli
impianti di compostaggio esistenti e per la costruzione di almeno altri 15 impianti legati al circuito
agricolo, così da soddisfare in toto le esigenze di impiantistica regionale nel settore;
2) Chiusura programmata (uno per volta) degli ex impianti CDR, oggi detti STIR, per la loro
trasformazione in impianti meccanico-manuali (con assorbimento di una parte dei lavoratori oggi
presenti nei consorzi unici di bacino). Durata: 12 -18 mesi;
3) Per tutte le città che superano gli 80 mila abitanti e che non hanno raggiunto il 20% di R.D. si
dovrà provvedere e disporre con precisa ordinanza che la raccolta dei rifiuti urbani andrà effettuata,
con effetto immediato, utilizzando solamente due sacchetti, separando il secco dall’umido. La
frazione umida dovrà essere raccolta giornalmente e smaltita presso gli impianti esistenti fuori
regione (come si sta già facendo per oltre 300 comuni della Campania) fino a quando non saranno
messi in funzione gli impianti di compostaggio programmati;
4) L’indifferenziato secco residuo si potrà depositare in sicurezza per l'ambiente e la salute pubblica
fino alla reingnerizzazione degli ex impianti CDR;
5) La frazione secca da raccolta differenziata, invece, dovrà essere conferita agli impianti di
materiale differenziati che già esistono. Il controllo dei conferimenti dovrà corrispondere
progressivamente ad un sistema di impianti di recupero della materia, che metta in discussione e
sappia superare i limiti del “sistema CONAI”, laddove il CONAI manda a recupero energetico
frazioni crescenti della raccolta differenziata ritirata dai Comuni.
Nel frattempo la Regione provvederà, previa verifica dell’attuale dotazione di impianti, macchinari
e attrezzature, a finanziare la realizzazione di:
a) Un reticolo di piattaforme di separazione e gestione della frazione secca;
b) almeno 25 impianti per il trattamento degli inerti (circa 4 milioni di t/anno).
Coordinamento Regionale rifiuti della Campania (CO.RE.Ri)
http://www.rifiuticampania.org - contatti@rifiuticampania.org - 3346224313

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