sabato 13 novembre 2010

Da Vincenzo Amato

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Terzigno - I“vesuviani” li hanno prima ingannati con le parole, poi avvelenati col cadmio, lo zinco, il boro. La loro è terra è malata, l’aria che respirano è infetta, l’acqua che li disseta è veleno. Del futuro delle donne, degli uomini, dei vecchi e dei bambini che vivono alle falde del vulcano, i politici, gli esperti, i responsabili della salute pubblica, i protettori civili, tutti se ne sono fottuti. Quella gente doveva vivere in un parco nazionale, una sorta di paradiso in terra, li hanno riempiti di monnezza. E su quella discarica, la Sari, tra Boscoreale e Terzigno, l’enorme buco da centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti, in tanti hanno fatto affari d’oro, tantissimi ci hanno messo le mani, pochi hanno fatto il loro dovere. Controllare, in nome e per conto del diritto alla salute dei cittadini. “Appare grave ed incomprensibile che non siano state adottate dall’Asia (l’azienda che gestisce i rifiuti napoletani, ndr) e dagli organi preposti al controllo tutte le procedure”.
La relazione è impietosa
Tonnellate di spazzatura incombevano come un pericolo più forte e terribile del Vesuvio, c’era bisogno di controlli, indirizzi politici. E invece nessuno si è mosso. Nessuno ha preso quelle decisioni minime a tutela della vita delle persone che erano necessarie fin dal 2009, “in un’area in cui lo stato ambientale risultava già fortemente compromesso erano auspicabili solo interventi volti al suo risanamento. Sono state adottate, invece, scelte in deroga alle norme, volte a compromettere in maniera irreversibile tutta un’area protetta”. Sono le frasi conclusive della relazione tecnica del professor Michele Moscariello, che su incarico dei Comuni di Terzigno e Boscoreale, ha analizzato i pozzi e l’area attorno alla discarica Sari. Appena la gente che da mesi si batte sulla rotonda Panoramica contro la discarica, ha saputo dei risultati dell’indagine, è esplosa: “Da stanotte (dicevano ieri, ndr) riprendono i blocchi. Non passerà neppure un camion auto compattatore. Mai più rifiuti alla Sari”. I sindaci di Boscoreale e Terzigno, entrambi del Popolo delle libertà, sono stati contestati per l’accordo firmato, in pompa magna, con Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso poche settimane fa. Accordo che “congelava” l’apertura del secondo sversatoio, quello di Cava Vitiello, ma consentiva l’utilizzo del vecchio sito. Le analisi degli esperti ora sono nelle mani dei magistrati della procura di Nola, saranno loro a valutare se la Sari può ancora funzionare o deve essere chiusa per sempre.
Le voragini della vergogna
Nei pozzi a valle della discarica, si legge nella relazione, “si registra una anomala presenza di zinco, nichel, alluminio e boro. Nel pozzo numero tre la concentrazione di zinco è elevatissima, mentre in quello ubicato a monte è ampiamente ridotta”. Quali veleni sono entrati nelle falde acquifere di queste terre, cosa c’è nei pozzi che i contadini usano per irrigare i campi e le coltivazioni pregiate di queste aree? Nei giorni passati qualcuno di loro ha mostrato limoni deformi, nelle settimane di battaglia dura contro l’apertura della discarica, le “mamme vulcaniche” regalavano mele e pere mangiate da qualche strano morbo. “Nel pozzo 3 si rilevano incrementi della concentrazione di zinco pari a 20-30 volte la concentrazione nel pozzo 1”. Nessuno ha controllato a dovere, le analisi degli anni passati sono state fatte in modo frettoloso e superficiale. “Per l’alluminio e il boro – si legge nella perizia Moscariello – non è stato possibile fare un confronto con le analisi precedenti, in quanto né l’Arpa (l’agenzia regionale per il controllo ambientale, ndr), né l’Asia hanno mai effettuato la ricerca di tali elementi”. Per capire come la discarica ha cambiato terra, acqua e aria, come e se ha avvelenato la vita di questa gente, “sarebbe stato opportuno effettuare una campagna di misure piuttosto che un solo monitoraggio, e ciò per tener conto delle possibili fluttuazioni che possono aversi nell’acquifero sottostante”. Il linguaggio è tecnico, difficile, pesante, ma si comprende: qualcuno, enti regionali, soprattutto, doveva avere gli occhi aperti giorno e notte sulla realtà intorno alla discarica. E invece gli occhi li hanno tenuti sbarrati. E così per anni nel terreno sono penetrate “sostanze altamente cancerogene”, i dati raccolti oggi “evidenziano una contaminazione della falda acquifera profonda”. C’è stata una colpevole assenza di controlli, “necessari e dovuti”, si legge nella relazione, “circa lo stato di qualità preesistente della falda acquifera prima dell’apertura della discarica”, che oggi non consente “di formulare ipotesi sulla fonte della sua contaminazione”.
Il professor Giovambattista De Medici, geologo dell’Università di Napoli e consulente dei Comuni di Boscoreale e Terzigno, però, è perplesso: “Forse l’inquinamento delle falde era precedente, sono necessarie altre analisi dei terreni a più diretto contatto con la discarica”. Dubbi a parte, il professore lancia un altro allarme: “Il terreno argilloso usato per impermeabilizzare la discarica non è perfettamente tale, e anche la ghiaia usata, molto spigolosa, potrebbe causare dei fori nella guaine che proteggono il fondo”. Li hanno trattati così i “vesuviani”, senza tanti riguardi per la loro vita e quella dei loro figli. E in queste ore scendono in piazza di nuovo per difendersi dalla monnezza e dalle scelte criminali della politica.

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