mercoledì 10 novembre 2010

Anna Serrapelle -ilmegafono.org Sommersi dai rifiuti è meglio di una vita a rifiuti zero?

I recenti episodi di cronaca, con lo scoppio di una nuova guerriglia nel napoletano per impedire la realizzazione dell’ennesima discarica, accendono i riflettori su un problema che è tutt’altro che nuovo e che non interessa solo Napoli o la Campania: i rifiuti. Sono molte le regioni italiane che negli ultimi anni si sono trovate a dover fronteggiare simili emergenze ed i sintomi sono spesso sotto gli occhi o, per meglio dire, i nasi di cittadini un po’ troppo accondiscendenti. Cittadini inerti davanti ad amministrazioni che continuano a gestire l’emergenza rifiuti con metodi a dir poco anacronistici (oltre che nocivi) ma innegabilmente remunerativi (non per la comunità, si badi bene). Discariche, inceneritori dovrebbero essere il passato e lo sono in Paesi amministrati più efficientemente e, con ogni probabilità, più onestamente del nostro.
Molte città americane, canadesi e neozelandesi applicano ormai con successo la “Strategia Rifiuti Zero” ideata da Paul Connett, professore emerito di chimica ambientale all’Università St Lawrence di Canton. Una strategia che si pone come obbiettivo il raggiungimento di un sistema economico in cui la produzione dei rifiuti sia prossima allo zero, obbiettivo perseguibile attraverso l’applicazione della teoria delle quattro R: Riduzione dei rifiuti, Riutilizzo dei materiali, Ricilaggio della materia e Recupero. “È un metodo – ha spiegato l’ideatore – che ha come presupposto necessario la combinazione di tre livelli di responsabilità: quella della classe politica, che fa le leggi, quella della comunità, nella fase finale del processo, e quella industriale che invece avviene all’inizio del processo”.
Nella nostra società, infatti, esistono cose che, non potendo essere compostate, non possono essere riutilizzate o riciclate; secondo la teoria Rifiuti Zero, spetta alle industrie la responsabilità di interrompere la produzione di tali categorie di prodotti e spetta alla classe politica, tramite leggi, fare in modo che questo effettivamente avvenga. Ed è proprio questo step a rendere più complicato l’attecchimento di tale strategia in Italia. “La legge italiana che equipara il combustibile derivato dall′incenerimento all′energia pulita e rinnovabile – ha dichiarato durante un’intervista Paul Connett – è il massimo ostacolo per il minimo progresso nel problema dei rifiuti. Il governo chiede agli italiani di pagare l′elettricità ricavata dagli inceneritori tre volte tanto quello che costerebbe da qualsiasi altra fonte”.
“Non ha senso – ha continuato il professore – nel 21° secolo spendere così tanti soldi per distruggere risorse che dovremmo poter riutilizzare in futuro. Se bruci qualcosa poi devi ripartire da zero nel processo produttivo, devi sempre spendere nuovi soldi per l′estrazione delle materie prime, per la produzione e così via; se invece ricicli e riutilizzi non devi incominciare da capo e risparmi il quadruplo di energia”. Si scopre così che gli inceneritori, tanto apprezzati in Italia, oltre ad essere molto pericolosi per ambiente e salute (l’incenerimento dei rifiuti infatti produce tonnellate di polveri tossiche), sono anche decisamente antieconomici. Sono anni che associazioni ambientaliste organizzano convegni per diffondere la Strategia Rifiuti Zero in Italia. Lo stesso professore Connett presenzia spesso a tali eventi per portare la propria testimonianza, eppure questa teoria resta sconosciuta ai più e in Italia continua il bussiness degli inceneritori.
Eppure anche da noi ci sono dei piccoli barlumi di speranza, dei Comuni virtuosi a cui stranamente (?) non è fatto alcun riferimento o pubblicità. I media nazionali per esempio si guardano bene dal fare servizi sull’esperienza di Capannori, il primo comune italiano a rifiuti zero, che ha già raggiunto l’82% di raccolta differenziata e si pone come obbiettivo quello di riuscire a non produrre più rifiuti entro il 2020. Analogamente l’italiano medio non è a conoscenza che in provincia di Cosenza c’è un piccolo paese, Piane Crati, i cui cittadini hanno sviluppato un’elevatissima coscienza sociale: tutti gli abitanti fanno la raccolta differenziata e questo ha concesso al paese di raggiungere l’invidiabilissima percentuale del 92% di raccolta differenziata. L’augurio è che non restino dei casi isolati, perché è necessario che il 21° secolo arrivi in tutta Italia, che si diffonda la mentalità che la gestione dei rifiuti divenga una nuova forma di ricchezza anziché una maleodorante e nociva zavorra.



Anna Serrapelle -ilmegafono.org

Nessun commento: