Monnezza in strada e nei “palazzi”
Il commissario Ue all’ambiente Potocnik avrà pensato che in Italia si è smarrito il senso della decenza, mentre imperversa quello dell’umorismo (tragico). Il presidente della Campania Caldoro, a Bruxelles per presentare il piano rifiuti regionale, ha infatti prospettato al commissario la possibilità che l’emergenza ‘monnezza’ sia superata in vent’anni. Vent’anni, si, esattamente quattro lustri per tentare di restaurare un minimo stato di democrazia e di legalità. Probabile che Potocnik sia rimasto allibito, commentando tra sé e sé quanto sia bizzarro questo nostro paese, considerato fra i più belli del vecchio continente, ma anche sospettato di essere una democrazia poco moderna e molto schizofrenica. Vent’anni sono un’enormità perché un’enormità è la condizione drammatica vissuta dalla Campania: lo sa bene l’Europa, meno forse il governo italiano.
L’emergenza rifiuti non è mai stata superata nonostante la politica dell’annuncio e la riduzione del fenomeno a questione di ordine pubblico (entrambe opera dell’esecutivo). Sostenere che i rifiuti sono stati rimossi, oppure inviare l’esercito per militarizzare le aree dove sorgono le discariche e gli inceneritori contestati (giustamente) dalla popolazione, non ha prodotto alcun risultato, come dimostrano le immagini e le cronache recenti. A niente è valsa la politica della bacchetta magica e ingannevole di Berlusconi e dell’ex commissario Bertolaso, che hanno tentato una mission impossible: nascondere le 14mila tonnellate di rifiuti accumulati. Così come a niente è valsa la presunta “rassicurazione” di Caldoro: l’Ue non cede e non sblocca, infatti, la sospensione di 500 milioni di euro congelati a causa delle ripetute inadempienze italiche. L’Europa insiste nel sostenere la gravità della situazione, ribadendo il pericolo che minaccia la salute pubblica, e non può accettare tempi biblici di risoluzione. L’Europa ha già dimostrato troppa pazienza, come troppa pazienza hanno dimostrato i campani.
Dal 2007 è stata aperta una procedura di infrazione per la mancata creazione di una “rete integrata e adeguata di impianti” che garantisse “un autosufficiente smaltimento”, mentre quest’anno la Corte di giustizia europea ha dato ragione all’esecutivo comunitario chiedendo all’Italia di mettersi in regola, pena il pagamento di sanzioni. Ma l’emergenza conviene a molti e perché finisca c’è bisogno di una rivoluzione etico-politica, oltre che ambientale. L’emergenza drena fondi dall’Ue e consente la deroga alle norme in materia di appalti: la camorra, che tiene per il colletto parte della politica e dell’amministrazione affamate di voti, condiziona le commesse e se le aggiudica, attraverso l’ambiguo ruolo delle società miste pubblico-private in cui posiziona i suoi referenti. Incenerimento, trasporto, raccolta: appalti affidati a realtà societarie ed imprese direttamente o indirettamente gestite dal crimine organizzato. Cosentino, Consorzio Eco4, casalesi: qualche nome per una circostanza che rende bene l’idea dell’intrigo criminale che gravita intorno al business dei rifiuti. Per non parlare del controllo camorristico della raccolta e dello smaltimento illecito.
In Campania siamo di fronte ad un fallimento, anche morale, che chiama in causa la classe dirigente nazionale e locale, soprattutto quel centrosinistra che ha governato per anni. Incapace inoltre di sostenere fino in fondo l’unica via virtuosa: la raccolta differenziata, da anni al palo salvo rare eccezioni. Una legge dello Stato prescrive che essa debba attestarsi su tutto il territorio nazionale al 40%, per arrivare al 65% nel 2012. Numeri da miraggio a cui certo non si può far fronte costruendo, come annunciato in pompa magna da questo governo, una serie di termovalorizzatori o di discariche-sversatoio. Opere che hanno il solo vantaggio di far guadagnare società come la Impregilo, che incassano incentivi per l’incenerimento, arricchendosi a danno della salute pubblica. Già, la salute pubblica, minacciata da questi mostri falsamente tecnologici e quasi mitici. Perché di termovalorizzatori il governo ne ha promessi diversi (quattordici, poi tre, poi cinque…) e l’unico inaugurato, con grandi sorrisi di Berlusconi e Bertolaso, è stato quello di Acerra. Mai realmente partito, pur essendo costato non poco alle tasche dei cittadini e pur essendo stato pianificato in modo non consono alle norme, l’impianto di Acerra è una bomba minacciosa per la salute della popolazione: non casualmente, la società che lo gestisce occulta i dati relativi al suo inquinamento, come denunciato dal procuratore di Nola Mancuso alla commissione bicamerale sui rifiuti. Mentre a Terzigno si vorrebbe imporre – in pieno parco del Vesuvio- una seconda discarica per sversare 3 tonnellate di spazzatura sotto il naso degli abitanti, ma con grande soddisfazione dei clan. Tanto bello quanto bizzarro questo nostro Paese, dove la “monnezza” non invade solo le strade ma anche qualche palazzo del potere.
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